Giovanni Masini – Gli
occhi sulla guerra
01 Ottobre 2018
Degli ottocento abitanti che a metà degli anni
Novanta componevano la popolazione di Doel, solo in venti sono rimasti qui.
Dietro la scomparsa di un’intera comunità c’è
l’annunciata espansione porto di Anversa, il secondo d’Europa per volume di
merci movimentate. Sul terreno dove sorge Doel è stata progettata la
costruzione di un nuovo enorme molo, che consenta alle enormi navi
portacontainer di scaricare merci a getto continuo. La Maatschappij
LinkerScheldeoever, che gestisce i terreni del porto sulla riva sinistra del
fiume, ha acquistato tutti gli edifici del villaggio ad eccezione di una
minuscola casa ad un solo piano di proprietà di un insegnante. Chi era meno
incline a vendere è stato convinto a suon di offerte milionarie: Cécile
racconta che a una giovane coppia sono stati pagati 450mila euro per
un’abitazione che ne valeva appena 50mila.
Fra i pochissimi rimasti c’è la madre Emilienne,
ottantaquattrenne. Nel salotto di una casa invasa di orsi di peluche, accoglie
i rari visitatori con lo sguardo velato da una vecchiaia che non riesce a
nasconderne l’antica bellezza. “Io sono l’ultima doelenaar, nata e cresciuta in
questo villaggio – racconta fumando una sigaretta dietro l’altra – Quando ero
bambina c’erano 24 bistrot, dove venivano a bere i marinai delle navi di
passaggio.
Poi all’improvviso, all’inizio degli anni Duemila,
tutti hanno iniziato ad andarsene.” Nelle sere d’estate a Doel sciamano bande
di balordi che entrano nelle case abbandonate e distruggono ogni cosa. Qualche
volta hanno bussato alla porta di Emilienne, svegliandola nel cuore della
notte. Lei ha scelto di restare, perché “in qualsiasi altro posto morirebbe”.
“Chi non voleva vendere la casa è stato convinto a
suon di milioni”
Al momento la costruzione del nuovo molo è
bloccata da una sentenza del Consiglio di Stato, ma Cécile ed Emilienne temono
che da un giorno all’altro quel parere possa essere rovesciato e all’entrata
del villaggio si presentino le ruspe. Quello che non le preoccupa, invece, è la
presenza di un’enorme centrale nucleare a poche centinaia di metri dal paese,
costruita nel 1975. Un impianto che non dovrebbe dare problemi ma che da tempo
è finito nell’attenzione della comunità scientifica per alcune crepe al
recipiente del reattore 3 che sarebbero in espansione.
Molti degli attivisti che si battono per la
chiusura della centrale si oppongono anche all’espansione del porto e più d’uno
sottolinea la pericolosità di circondare un impianto nucleare con industrie
chimiche e petrolifere fra le più grandi d’Europa. In attesa che i poteri forti
di economia e politica si risolvano a decidere il destino di Doel, gli ultimi
abitanti continuano a vivere la vita di sempre, che scorre lenta come le
peniches che risalgono il corso della Schelda.
“La distruzione di Doel è bloccata da una sentenza
del Consiglio di Stato, ma le cose potrebbero cambiare”
Cécile e Sasha accolgono i turisti che di tanto in
tanto suonano il campanello, ansiosi di raccogliere informazioni sul villaggio
fantasma. L’amministrazione comunale, che è stata accorpata con il villaggio
vicino, invia ancora i giardinieri a curare le aiuole che decorano gli angoli
delle vie deserte.
Uno spazzino ramazza le foglie secche davanti al
cimitero, dove il cancello è rotto e le lapidi spezzate.
Ma all’ombra del campanile della chiesa dove fanno
il loro nido i corvi, sono le anime dei morti a salutare i vivi che se ne
vanno.
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