Giulia Mietta – Il manifesto
26 settembre ’18
Genova
ci aveva creduto davvero. Perché quando il presidente del Consiglio e i suoi
vicepremier, lunedì, avevano dato la parola d’onore – il decreto urgenze
sarebbe arrivato l’indomani sulla scrivania di Mattarella e il giorno dopo
sarebbe stato pubblicato in Gazzetta ufficiale – il presidente della Regione
Liguria Toti, il sindaco Bucci, ma in fondo anche molti cittadini, dagli
sfollati ai titolari di imprese a chi semplicemente vuole capire come farà la
città a risollevarsi, hanno pensato: «No, questa volta non possono rischiare di
essere smentiti dai fatti».
Invece.
Per tutta la giornata di ieri la notizia, goffamente smentita da fonti del Mef,
è stata che il decreto Genova, approvato in Consiglio dei ministri il 13
settembre scorso, era bloccato negli uffici della ragioneria generale dello
Stato a causa di più di una lacuna in tema di coperture finanziarie. «Non è
vero che lo stiamo bloccando, lo stiamo sbloccando», hanno comunicato da via XX
Settembre nel tardo pomeriggio, come se questo non confermasse l’esistenza di
incongruenze sull’impalcatura economica dell’operazione. Poi in serata è stata
la stessa presidenza del Consiglio a rassicurare: «Il decreto c’è, le coperture
anche, il testo sta per essere inviato al Quirinale». Sta per. Tempi al futuro,
anche se prossimo, che a Genova ormai puzzano di presa in giro. Tanto che
Giovanni Toti, commissario per l’emergenza, dopo ore di nervosismo trattenuto è
sbottato, invocando una soluzione estrema: «Dopo tanto parlare, tante
polemiche, ritardi e voci, mi chiedo se non sia più opportuno il ritiro del
decreto per ricominciare da capo su basi più solide, condivise e realistiche».
In particolare, le voci che preoccupano Toti, sono quelle che vedono la
cancellazione dei fondi relativi al terzo valico, uniti al blocco del Mit dei
fondi già stanziati, le incertezze sui finanziamenti per il porto e poi
modalità e tempi della ricostruzione. «A tutto questo, è direttamente connesso
il nodo dei risarcimenti alle persone danneggiate. Di fronte a questa
confusione – ha concluso il governatore – forse sarebbe opportuno abbandonare
percorsi velleitari e avventurosi per ritornare sulla via maestra, prevista
dalla normativa vigente e più volte suggerita dalle istituzioni locali». Vale a
dire, lasciare in carico alla struttura commissariale tutte le partite aperte e
continuare a considerare Autostrade un interlocutore a tutti gli effetti, anche
per la realizzazione del nuovo viadotto.
Autostrade,
che una volta pubblicato il decreto – forse oggi, forse domani – potrebbe
ricorrere contro di esso arrivando fino alla Corte Costituzionale, ma che in
queste ore è stata impegnata a ribattere punto per punto alla relazione tecnica
della commissione ispettiva nominata dal ministero dei Trasporti costituita
dopo i fatti del 14 agosto. La relazione è stata annunciata da un tweet del
ministro Toninelli – in cui sprona i suoi follower, «giudicate voi» – e
pubblicata sul sito del Mit. Il pool di periti, di cui facevano parte
inizialmente anche i docenti Antonio Brencich e Roberto Ferrazza, poi indagati
nell’inchiesta sul crollo, ha evidenziato alcuni punti che, da una parte vanno
in controtendenza rispetto alle prime rilevazioni dei pm e dall’altra
sottolineano con maggiore veemenza le presunte responsabilità di Aspi. Si
legge, ad esempio, che a cedere potrebbero non essere stati gli stralli, sui
quali Autostrade aveva previsto di iniziare alcuni lavori di rafforzamento, ma
gli impalcati «a cassone». La commissione accusa il concessionario di aver
adottato misure «inappropriate considerata la gravità del degrado del
viadotto», e di non aver «fatto nulla per limitare la viabilità». Una nota
della società controbatte: «Non c’erano rischi che giustificassero lo stop al
traffico e i periti non hanno tenuto conto dei chiarimenti già forniti nel
corso delle audizioni di fronte agli stessi tecnici».
Più
che schermaglie. E intanto i tempi si allungano, soprattuto se l’incidente
probatorio avrà bisogno di circa due mesi per essere completato. Pensare che un
mese fa Toti annunciava che entro la fine di settembre sarebbe iniziata la
demolizione di ponte Morandi. Quei monconi non sono mai stati così saldi.
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