Giovanni Masini – Gli
occhi sulla guerra
01 Ottobre 2018
“Non fronda verde, ma di color fosco; non rami
schietti, ma nodosi e ‘nvolti; non pomi v’eran, ma stecchi con tosco”. Così
Dante Alighieri, nel XIII canto dell’Inferno, introduce la pena dei violenti
contro se stessi: i suicidi. Chi in vita peccò contro il corpo e la salute, per
la legge del contrappasso, nell’Ade è destinato a una selva di alberi dove
nulla sopravvive.
I versi danteschi ben descriverebbero il lago di
ceneri di Tuzla, nella terza città della Bosnia. A pochi chilometri dalla più
grande centrale a carbone del Paese sorge un allucinante deposito di rifiuti a
cielo aperto, dove per decenni si sono accumulate le scorie derivanti dalla
combustione della lignite: decine di ettari di terreno dove galleggiano acqua e
ceneri, ricche di metalli pesanti letali per l’uomo e per l’ambiente.
Non vi nuotano pesci, gli arbusti seccano e gli
alberi sbianchiscono. La mistura di acqua e ceneri, convogliata dalla centrale
attraverso una tubatura quadrupla, viene scaricata nel terreno senza protezione
per il suolo né per la falda.
UNA CENTRALE FUORI CONTROLLO
La prima pietra del grande impianto termoelettrico
fu posata nel 1959 ma in quasi sessant’anni poco o nulla è stato fatto per
combattere l’inquinamento che ne fuoriesce. Le autorità protestano che si
tratta di un’infrastruttura strategica: la Bosnia ha ancora un’elevata
dipendenza dal carbone e la centrale di Tuzla, gestita dall’azienda pubblica
Elektroprivreda, assicura energia a tutta la regione.
Il prezzo di questo servizio, però, è drammatico.
Nell’aria è presente una concentrazione di polveri sottili fuori da ogni norma
mentre le ceneri vengono disperse nel lago, contaminando le colture e la fauna
locale. Secondo il “Centro per l’ecologia e l’energia” le acque del lago hanno
un ph di 11, prossimo a quello dell’ammoniaca: “Qualsiasi forma di vita vi è
impossibile – spiega il coordinatore del programma per l’energia e il
cambiamento climatico, Denis Žiško – Come non bastasse nel vecchio sito di
stoccaggio delle ceneri sono anche stati sotterrati 3mila metri cubi di amianto
derivanti dalla demolizione di una torre di raffreddamento.“ A poca distanza
dal lago, infatti, sorge un lago prosciugato da cui nei giorni ventosi si alza
una polvere velenosa che ricopre i villaggi più vicini.
I METALLI PESANTI PRESENTI NELL’AMBIENTE
Nell’indifferenza quasi totale delle istituzioni,
alcune associazioni ambientaliste hanno dato vita ad un’intensa campagna per
sensibilizzare l’opinione pubblica, avviando, pur a fatica, i primi studi
scientifici sull’inquinamento della regione.
Il professor Abdel Đozić, docente di ingegneria
ambientale all’università di Tuzla, convive ogni giorno con l’ostilità di
colleghi ed istituzioni proprio per la sua attività di ricerca e di denuncia.
In collaborazione con il Cee ha raccolto i dati sull’incidenza di tumori e
patologie cardiorespiratorie fra la popolazione. Uno studio del 2018 ha
rilevato la presenza di arsenico e cadmio – connessi all’insorgere di diverse
forme di tumori – nel terreno, nel particolato, nelle colture e nei pesci. Nei
capelli degli abitanti della zona sono state trovate tracce di metilmercurio,
un elemento estremamente tossico, oltre che di molti altri metalli pesanti.
LE CONSEGUENZE SULLA SALUTE PUBBLICA
I dati sullo stato di salute della popolazione
sono se possibile ancora più eloquenti: se a Solina, località della regione
dove il livello di inquinamento è particolarmente basso, solo il 7% degli
abitanti è colpito da una patologia cardiovascolare, nei villaggi più vicini
alla centrale questa percentuale sfiora il 70%.
A Solina nel 15% delle famiglie si conta almeno un
morto di tumore: nei quattro villaggi più vicini alla centrale la percentuale è
quasi tripla. Le patologie più frequenti sono il carcinoma ai polmoni e quelle
cardiovascolari.
“La
percentuale di incidenza per mortalità e malattie dovute a una lunga
esposizione a metalli pesanti contenuti nelle ceneri, nella polvere e nell’aria
è in media del 34% fra chi vive vicino alla centrale. Fra gli abitanti di
Solina è del 2% – conclude Đozić – Le autorità della centrale non commentano il
nostro studio, dicono che io e gli attivisti lavoriamo per gli stranieri. Ma è
una menzogna”.
LA RABBIA DEI RESIDENTI
Nel villaggio di Bukinje gli annunci funebri
riportano molti nomi di persone non ancora giunte ai sessant’anni. A Divkovici,
che si va spopolando, la maggior parte dei bambini soffre di disturbi
respiratori. Fra loro anche i figli di Goran Stojak, rappresentante della
comunità locale. “Quest’acqua è veleno puro – dice camminando sulle sponde del
lago, dove la cenere si è ormai solidificata – Ho provato a chiedere
all’ispettorato che dovrebbe proteggere i cittadini ma non fanno niente e non
vogliono fare niente. Ci ridicolizzano, ci prendono in giro: li sento dire che
di notte vedono la luce verde (delle radiazioni, ndr) che viene dalla nostra
zona.”
LE AUTORITÀ TACCIONO
Contattata da Gli Occhi della Guerra, la direzione
della centrale non ha risposto; le autorità municipali di Tuzla non hanno
invece nemmeno voluto ricevere i cronisti. A complicare ulteriormente la
situazione è la corruzione e la cronica lottizzazione degli incarichi nella
dirigenza della centrale, che rende difficile a questa o a quella forza
politica denunciare la situazione.
L’unico a rispondere alle nostre domande è stato
il viceministro federale dell’ambiente, Mehmed Cero. Nel suo ufficio di
Sarajevo, però, il viceministro si è trincerato dietro l’incompetenza del
proprio ufficio, che pure in linea gerarchica dovrebbe essere il più potente.
Candido, spiega che le leggi esistenti sono sufficienti ma che il vero problema
è la loro applicazione: tuttavia aggiunge che non è compito del governo farle
applicare. Infine non esita a scaricare la responsabilità dei mancati controlli
sulle autorità municipali e cantonali di Tuzla, oltre che sull’ispettorato
federale e sull’istituto idrometeorologico di Bosnia. Insomma, tutti colpevoli
meno il governo di cui è rappresentante.
L’evasione dalle responsabilità delle autorità
locali è particolarmente sconfortante se si considera che nel 2017
l’Organizzazione mondiale della sanità ha inserito Tuzla fra le tre città europee
con la peggiore qualità dell’aria. Un vero e proprio suicidio, come già Dante
aveva capito con profetica lungimiranza.
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