giovedì 27 settembre 2018

ITALIA/ECONOMIA&LAVORO Nel decreto Genova buio pesto sugli ammortizzatori sociali

Giulia Mietta  – Il manifesto
28 settembre ’18


Il provvedimento, dopo due settimane di attesa dalla sua prima approvazione da parte del consiglio dei ministri, è arrivato al Quirinale dopo il via libera della ragioneria di Stato sulle coperture e, salvo altri imprevisti, potrebbe essere pubblicato entro il fine settimana in Gazzetta ufficiale. Ma negli articoli, 11 su 47 quelli che riguardano Genova, non si parla mai di ammortizzatori sociali per chi ha perso tutto, fatturato, commesse, sedi, a causa del crollo di ponte Morandi e che non potrà fare ricorso, per vari motivi, alla cassa integrazione ordinaria.
«IL GOVERNO SI È DIMENTICATO dei lavoratori – attacca il segretario genovese della Fiom Bruno Manganaro – non è previsto alcun fondo per sostenere la perdita di salario dei lavoratori della zona rossa, nessuna deroga a utilizzare ammortizzatori per chi li avesse esauriti, inoltre non si tiene conto che molte attività, per sopravvivere, dovranno trasferirsi fuori regione visto che gli spazi, qui, non ci sono».
Si rischiano migliaia di licenziamenti, «mentre Toninelli pensa ad assumere 100 funzionari al ministero». Il riferimento è all’articolo dello stesso decreto in cui si dà l’ok all’istituzione dell’agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali, per cui si prevedono 122 unità a tempo indeterminato.
«POTREBBERO ASSUMERE i genovesi che perderanno il posto», attacca il sindacato metalmeccanico. Il mondo del lavoro rischia di essere ulteriormente penalizzato dal decreto Genova. Rispetto alle bozze già circolate è stato inserito un tetto di 5 milioni per il 2018 relativamente agli aiuti erogabili alle imprese danneggiate dal crollo e un altro tetto di 200 mila euro ad azienda per quanto riguarda il decremento del fatturato. Non sono previsti, inoltre, aiuti per le attività della cosiddetta «zona arancione», ossia di quelle aree accessibili ma interferite dal viadotto e dove i volumi di affari sono crollati. Va meglio al porto, all’autotrasporto e al trasporto pubblico locale.
PER LE BANCHINE GENOVESI confermata la possibilità di trattenere un 3% dal gettito dell’Iva per un massimo di 30 milioni.
Nell’ultima bozza il tetto era di 20 milioni, «Ci aspettavamo di più – afferma Paolo Signorini, presidente dell’Autorità di sistema portuale – ma speriamo nella conversione del decreto in legge». Per il potenziamento di treni, bus e mobilità alternativa confermati 23,5 milioni fino al 2019. 20 quelli destinati a mezzi pesanti e logistica. Altri 20 milioni, nel prossimo biennio, saranno erogati, oltre ai 33,5 già ottenuti, alla struttura commissariale per l’emergenza, che continuerà a essere presieduta da Toti. Ma un aspetto fondamentale del decreto urgenze è l’ufficialità dell’estromissione di Autostrade dalla partita della ricostruzione. Come?
CON UNA FORMULA per cui viene escluso da quella fase qualunque operatore che abbia «partecipazione diretta o indiretta in società concessionarie di strade a pedaggio, comprese le controllate o collegate». Con la precisazione: «Anche al fine di evitare un indebito vantaggio competitivo nel sistema delle concessioni autostradali».
Basterà questa riga e mezza per evitare stop da parte delle autorità per la concorrenza, dall’Ue, o che Aspi possa fare e vincere ricorsi? Il governo è convinto di sì. Intanto, per non sbagliare, il governatore ligure ieri ha inviato a Roma il progetto di demolizione e ricostruzione di Aspi. Piani che prevedano tempi più lunghi anche solo di un’ora non saranno tollerati.

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