Federico Fubini – Corriere della sera
27 settembre ’18
La Lega accetta (per ora) il modo nel quale
M5S dipinge la realtà e ne emerge una rottura con anni di graduale controllo
dei conti pubblici. Il governo con il secondo più alto debito d’Europa, quello
che paga già gli interessi più alti dopo la Grecia, sta decidendo di aumentare
decisamente il proprio il deficit nel 2019 per distribuire sussidi. Forse alla
lunga era inevitabile.
Questa
rivolta si consuma in un Paese nel quale al 10% delle famiglie che guadagnano
meno è riservato l’1,8% della torta dei redditi; in altri termini, i meno
abbienti in Italia oggi controllano una fetta di entrate pari a metà circa — in
proporzione — di quanto accada in Francia, Germania, Svezia, Slovacchia o
Ungheria. Forse era inevitabile, anche perché i leader di M5S vedono davanti a
sé solo il fantasma della sconfitta alle europee e della fine delle loro
carriere. La domanda è se questa scommessa fondata su deficit e sussidi possa
riuscire. I molti creditori del governo italiano, chiaramente, pensano di no.
Ieri quando si è diffusa la voce di un accordo per appesantire ancora di più i
conti pubblici, il mercato ha subito reagito: in venti minuti il prezzo dei
titoli di Stato è crollato e i rendimenti sono saliti in verticale; stamani
probabilmente la scivolata proseguirà e sarà interessante vedere se la Lega, in
mezzo agli scossoni del mercato, terrà duro nel sostenere le proposte in
deficit dei loro partner a 5 Stelle. C’è poi un altro protagonista che non vede
affatto nel deficit e nei sussidi la via di fuga dell’Italia dai suoi problemi.
La Commissione Ue sarebbe disposta a discutere su
un deficit poco sotto al 2% del Pil, che promette un calo visibile del debito
nel 2019. Ma con un’accumulazione sempre maggiore di disavanzo di dimensioni
maggiori, concluderebbe di avere davanti a sé una strada quasi inevitabile:
respingere la legge di bilancio. Le regole in vigore dal 2012 permettono
all’esecutivo di Bruxelles di scrivere subito a un governo e dargli due
settimane per ridisegnare la manovra finanziaria, se questa devia in modo
flagrante dalle regole europee. Con un obiettivo di deficit in aumento al 2,4%
, sarebbe difficile evitare questo scenario sull’Italia. In ottobre dovranno
pronunciarsi anche le due maggiori agenzie di rating, prima S&P e poi
Moody’s. Oltre al deficit, non dà scampo il modo in cui si è scritto il
bilancio insultando e minacciando gli esperti del ministero dell’Economia. Ciò
rende nuovi declassamenti del debito italiano praticamente certi mentre la soglia
«junk» («spazzatura») è già vicinissima. L’Italia, a occhi chiusi, rischia di
tornare nelle sabbie mobili che conosce anche troppo bene.
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