Vittorio Malagutti – L’Espresso
22 settembre ’18
In
fondo, ma molto in fondo, è anche una questione di taglia. Dalla extra small
alla XXL. Dai milioni ai miliardi, decine di miliardi. Dagli affari di
artigiani e piccoli imprenditori alle manovre di multinazionali che incrociano
il destino del Paese. Ecco spiegato, in breve, il gran salto di Valentino Grant
da Casagiove, provincia di Caserta.
È
lui il banchiere scelto da Matteo Salvini per la poltrona in quota Lega nel
consiglio di amministrazione della Cassa depositi e prestiti (Cdp), la più
grande istituzione finanziaria nazionale a controllo pubblico, un gigante con
oltre 400 miliardi di attivo che muove ogni anno oltre 30 miliardi.
Grant,
54 anni, ha sposato la causa del partito nuovo di Salvini. Per mesi, in vista
delle elezioni del 4 marzo, il banchiere campano ha fatto campagna elettorale
sul territorio, fedele al mandato ricevuto da Raffaele Volpi, il senatore
leghista che tira le fila del movimento al Sud. Tanto impegno è stato infine
premiato con un posto al sole della finanza tricolore, una poltrona strategica
per tenere sotto controllo la gestione di uno dei forzieri della Repubblica.
Da
principio, la poltrona in Cdp sembrava destinata altrove. Tra i favoriti, più
volte citato nelle cronache dei giornali, c’era per esempio il brianzolo
Marcello Sala, già vicepresidente di Intesa e ben conosciuto in casa Lega. Alla
fine l’ha spuntata Grant, che non può certo vantare un curriculum da finanziere
d’alto bordo. Dal 2009 è presidente della Banca di credito cooperativo di
Casagiove, 9 filiali in tutto e circa 200 milioni portafoglio crediti.
Come
molti altri istituti, grandi e piccoli, anche la Bcc campana ultimamente ha
sbarcato il lunario con difficoltà. Nel 2017 il bilancio ha fatto segnare solo
800 mila euro di utile mentre l’anno precedente si era chiuso in perdita per
poco più di un milione. Non è solo questione di numeri, però. Negli ultimi
anni, Bankitalia è più volte intervenuta per correggere la rotta del piccolo
istituto e in un paio di occasioni l’ispezione della Vigilanza si è conclusa con
una multa per gli amministratori. Nel 2011 il presidente Grant si è visto
recapitare una sanzione amministrativa di seimila euro per “carenze
nell’organizzazione e nei controlli”. Stesso copione nel 2000, con una multa di
sei milioni di lire per il futuro banchiere con targa leghista, che all’epoca
era semplice amministratore della Bcc di Casagiove.
Acqua
passata, a quanto pare. Adesso Grant ha fatto il salto di qualità. E che salto.
Nel board di Cdp affianca gli altri consiglieri designati dal ministero dell’Economia,
azionista di maggioranza, e quelli proposti da un gruppo di fondazioni
bancarie, forti del 16 per cento circa del capitale. Il nuovo presidente è
Massimo Tononi, che ha lavorato nella banca d’affari Goldman Sachs ed è stato
al vertice di Borsa Italiana spa. L’amministratore delegato Fabrizio Palermo,
che ha preso il posto dell’uscente Fabio Gallia, era già in Cdp come direttore
finanziario. Altri consiglieri come l’economista Luigi Paganetto e Fabrizia
Lapecorella, direttore generale delle Finanze, hanno un filo diretto con il
ministro dell’Economia, Giovanni Tria. Francesco Floro Flores, invece,
l’amministratore sponsorizzato dai Cinque stelle, è un imprenditore, a capo del
gruppo Trefin, con oltre trent’anni di esperienza nell’elettronica destinata ad
auto, aerei e navi.
Anche
Grant vanta nel suo curriculum un’esperienza manageriale. Fino al 2005 lo
troviamo, come vicedirettore generale, alla filiale italiana di Polaroid,
l’azienda Usa famosa per le foto istantanee e costretta a reinventarsi dopo la
rivoluzione digitale. Il banchiere campano è poi passato con vari incarichi a
società licenziatarie dei prodotti della multinazionale statunitense. Chiusa
questa esperienza nel 2014, Grant dichiara di aver fondato una non meglio
precisata società di temporary management. Quanto basta, insieme al ruolo nella
Bcc di Casagiove, per meritarsi l’investitura di Salvini alla Cassa depositi e
prestiti.
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