Rocco Bellantone – Nigrizia
30 settembre ’18
Un libro documentato, costruito mettendo insieme
fatti, numeri e testimonianze dirette per affrontare con lucidità la questione
delle migrazioni nel mar Mediterraneo e porre un argine a chi, sulla pelle dei
migranti, continua a macinare consensi. Il volume si intitola Alla deriva,
edito da Altraeconomia e scritto dal giornalista Duccio Facchini. È stato
presentato mercoledì 19 settembre nella sala stampa della Camera dei Deputati.
Al dibattito, moderato dal direttore di Altraeconomia Pietro Raitano, hanno partecipato
l’autore, l’onorevole di Liberi e Uguali (LeU) Nicola Fratoianni, Riccardo
Gatti, comandante della nave Proactiva Open Arms, e Giovanna Scaccabarozzi, medico
e operatrice umanitaria.
Un confronto necessario, per fare chiarezza su
un’emergenza la cui narrazione, soprattutto negli ultimi mesi, è stata presa
d’assalto da slogan politici, strumentalizzazioni, fake news. Un’onda di
disinformazione per contrastare la quale Facchini, nello scrivere questo libro,
si è servito del contributo di studiosi, giuristi, avvocati, medici e attivisti
che viaggiano sulle navi delle ong.
Persone informate su ciò che sta realmente
accadendo nel Mediterraneo, su qual’è la reale portata dell’“invasione” cui sta
facendo fronte l’Italia, sul ruolo che in questa partita sta avendo l’Unione
Europea, sul contesto giuridico e normativo che fa da perimetro a questo
momento epocale. Gente che sa cosa significhi prestare soccorso in mare a
centinaia di disperati naufragati da un gommone o da un barcone e che guarda
alla Libia per quello che è, vale a dire un interlocutore da cui non si può
prescindere, ma a cui non si può continuare a demandare il destino di migliaia
di persone in fuga da violenze, conflitti, torture o in cerca di condizioni
economiche e sociali migliori.
«Il compito che si prefigge questo libro - spiega
l’autore - è raccontare quello che sta succedendo nel Mediterraneo. È
fondamentale unire i tasselli che hanno portato a quanto sta accadendo in
questi mesi. La criminalizzazione delle ong, ad esempio, sta sfociando
apertamente con questo governo, ma è una campagna che parte da lontano».
Dello stesso parere è Riccardo Gatti di Proactiva
Open Arms, ong spagnola le cui navi sono state costrette a lasciare il
Mediterraneo centrale. «Espressioni come “taxi del mare” o “crociere” sono
l’emblema di una precisa strategia politica che oggi sta dando voti ma che ha
vita breve», dichiara. «Prima o poi questa propaganda basata sulla paura
dell’invasione si sgonfierà, la realtà non può essere nascosta».
Contro questa offensiva alle ong si schiera anche
chi, come Giovanna Scaccabarozzi, conosce bene le trappole del Mediterraneo.
«Essere medico a bordo di una nave di soccorso non è facile», afferma. «Si è
posti di fronte a una sfida che è al contempo culturale, linguistica, numerica.
Un medico che si trova a prestare soccorso su una nave ha una grande
responsabilità: è tra i primi a venire a contatto con i migranti e, lentamente,
viene accompagnato da loro in quella stanza buia in cui sono rimasti i segni di
tutto ciò che queste persone hanno subito prima di essere salvate in mare.
C’è la Libia, che è un contenitore agghiacciante.
Prima della Libia c’è il calvario della traversata del deserto, e ancora prima
ci sono i paesi di origine da cui questa gente fugge. In Libia ci sono circa 1
milione di persone vulnerabili non residenti, a cui si aggiungono almeno altri
250mila sfollati interni. Ma la Libia, è bene ricordarlo, non ha mai firmato la
Convenzione di Ginevra, il che significa che la stragrande maggioranza di queste
persone va incontro alla detenzione illimitata. Quello a cui stiamo assistendo
in questo paese è un genocidio economico, mosso cioè dagli interessi che
ruotano attorno al business dei migranti».
Sulla Libia e sulla strategia adottata dagli
ultimi governi italiani per scendere a patti con Tripoli, è intervenuto Nicola
Fratoianni. «Il fatto che il nostro ambasciatore in Libia sia rientrato a Roma
per motivi di sicurezza, la dice lunga su quanto questo paese possa essere un
porto sicuro per i migranti», sottolinea. «Serve costruire un altro racconto
delle migrazioni e mettere in campo nuove pratiche per impedire che altre
persone muoiano in mare. La politica ha una responsabilità molto importante in
questo momento, che è quella di lottare contro la propaganda di questo
governo».
Sulla necessità di avviare un “Piano Marshall per
l’Africa”, altra formula particolarmente utilizzata anche dalla politica
italiana per gestire il dossier migranti, torna infine Facchini. «A parte la
Libia - conclude - molti degli altri paesi con cui dobbiamo rapportarci nel
tentativo di gestire i flussi migratori, non vivono in condizioni di democrazia
per come la democrazia è intesa dall’Occidente. Recentemente il Viminale ha
firmato un contratto per la fornitura al governo tunisino di 500 Suv per il
controllo delle frontiere con la Libia. Ma sono altre le strade che dovremmo
percorrere per trovare un punto di contatto con l’Africa. Abbiamo degli
istituti di integrazione culturali ad Addis Abeba, Asmara e Dakar, puntiamo su
quelli».
Solo se farà i conti con i numeri di questa
emergenza, e solo se cercherà canali di comunicazione nuovi con l’Africa,
l’Italia potrà realmente affrontare a viso aperto il Mediterraneo e il
continente che ha davanti. Smettendola così di urlare contro un’invasione che
non c’è.
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