lunedì 24 settembre 2018

ITALIA/ECONOMIA Rischio di nuova crisi dello spread, pesa l’incertezza politica


Bruno Perini– Il manifesto
25 settembre ’18


Dal sistema bancario italiano e internazionale arriva un severissimo monito al governo italiano, quasi una replica in diretta alla sfida che ha lanciato Luigi Di Maio annunciando una politica economica in deficit.
Le politiche dell’esecutivo Lega-M5s rischiano di portare il debito a livelli insostenibili, sostiene Bankitalia, e di provocare il panico nei grandi investitori dei nostri Btp, aggiunge la Banca dei Regolamenti internazionali, (Bri), in un rapporto che ha fatto il giro dei mercati. Non è forse un caso che ieri lo spread abbia chiuso in rialzo a 244 punti base.
Ma vediamo cosa dice il rapporto Bri. Intanto la Banca dei regolamenti internazionali annuncia tempesta: “Un mondo sempre più diviso con gli Stati Uniti in testa, alcuni Paesi emergenti in crisi e un Cina sullo sfondo in possibile rallentamento. E le banche centrali, protagoniste indiscusse negli ultimi anni, oramai senza più munizioni per fare fronte alle prevedibili nuove turbolenze in arrivo”. In questo quadro di grande incertezza l’Italia è al centro della bufera più rischiosa.
In Italia «il legame tra il settore sovrano e quello bancario, così evidente durante la crisi del debito dell’area dell’euro, si è da allora rafforzato», afferma Claudio Borio, capo del Dipartimento monetario ed economico della Bri, commentando la rassegna trimestrale dell’istituto con sede a Basilea. Il banchiere sostiene che «l’Italia è stata il Paese più colpito: le incertezze politiche avevano già scosso i mercati qualche mese fa e i prestiti in sofferenza continuano a gravare sulle banche». L’allargamento dei differenziali con il Bund tedesco, «riflette i timori degli investitori sulle incertezze politiche future, specialmente riguardo le possibili politiche di bilancio del nuovo governo».
Il nostro Paese è stato protagonista, ricordano gli analisti, di una serie “di episodi idiosincratici di stress del mercato obbligazionario” innescati a metà maggio con la famosa bozza (poi sconfessata) del contratto di governo dove si parlava di cancellare il debito detenuto dalla Bce. E che l’Italia sia un caso a parte, rispetto a un generale movimento dei mercati innescato dalle politiche Usa, il rapporto lo sottolinea citando lo spread del titolo a due anni italiano che, in occasione della crisi turca, si è allargato molto più dei titoli degli altri paesi europei.
E’ vero che , sostengono gli economisti di Bri, dopo l’impennata di 200 punti di fine maggio, lo spread, rimane ora sotto i livelli della crisi. Ma tutto ciò ha un effetto negativo sulle banche alcune delle quali ancora in convalescenza. Sulle banche, sottolinea la Bri, lo spread pesa in maniera diretta a causa dell’indebolimento del loro capitale per via delle perdite sul valore dei Btp in portafoglio e in maniera indiretta a causa di condizioni di finanziamento più difficili che scontano quando cercano capitali sul mercato. E il futuro, indipendentemente dalle scelte o le incertezze dell’Italia, è incerto. Le decisioni di politica fiscale e monetaria degli Stati Uniti, il rafforzamento del dollaro, le tensioni commerciali e i segnali di un rallentamento in Cina sono tutti elementi di incertezza. Per i Paesi emergenti, ma non solo, è uno scenario difficile. E come rileva Borio «con tassi d’interesse insolitamente bassi e i bilanci delle banche centrali ancora eccezionalmente gonfi, rimangono poche medicine disponibili per rimettere in salute il paziente».
Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, appesantisce il quadro e parla di rischi di sostenibilità debito. “Anche se un’efficace politica di investimenti riuscisse a portare l’economia su un più elevato sentiero di crescita – ha infatti spiegato Visco – resterebbe necessario definire una strategia credibile negli obiettivi di bilancio e nelle linee di riforma, tale da determinare una riduzione del premio per il rischio sui titoli di Stato italiani. In questo scenario il rapporto tra debito e prodotto si avvierebbe su una traiettoria di progressiva riduzione, tanto più rapida quanto più contenuta la differenza tra onere per interessi e crescita nominale dell’economia e più ampio l’avanzo di bilancio al netto della spesa per interessi», ha proseguito il governatore di Bankitalia.
«Se invece l’espansione di bilancio dovesse essere accompagnata da un deterioramento della fiducia degli investitori come quello che, per ragioni diverse, si è verificato tra il 2011 e il 2012, l’impatto sui tassi di interesse potrebbe essere, come allora, particolarmente elevato. Bisogna comunque ricordare che ogni anno lo Stato deve collocare sul mercato circa 400 miliardi di debito pubblico”.

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