Bruno Perini– Il manifesto
25 settembre ’18
Dal
sistema bancario italiano e internazionale arriva un severissimo monito al
governo italiano, quasi una replica in diretta alla sfida che ha lanciato Luigi
Di Maio annunciando una politica economica in deficit.
Le
politiche dell’esecutivo Lega-M5s rischiano di portare il debito a livelli
insostenibili, sostiene Bankitalia, e di provocare il panico nei grandi
investitori dei nostri Btp, aggiunge la Banca dei Regolamenti internazionali,
(Bri), in un rapporto che ha fatto il giro dei mercati. Non è forse un caso che
ieri lo spread abbia chiuso in rialzo a 244 punti base.
Ma
vediamo cosa dice il rapporto Bri. Intanto la Banca dei regolamenti
internazionali annuncia tempesta: “Un mondo sempre più diviso con gli Stati
Uniti in testa, alcuni Paesi emergenti in crisi e un Cina sullo sfondo in
possibile rallentamento. E le banche centrali, protagoniste indiscusse negli
ultimi anni, oramai senza più munizioni per fare fronte alle prevedibili nuove
turbolenze in arrivo”. In questo quadro di grande incertezza l’Italia è al
centro della bufera più rischiosa.
In
Italia «il legame tra il settore sovrano e quello bancario, così evidente
durante la crisi del debito dell’area dell’euro, si è da allora rafforzato»,
afferma Claudio Borio, capo del Dipartimento monetario ed economico della Bri, commentando
la rassegna trimestrale dell’istituto con sede a Basilea. Il banchiere sostiene
che «l’Italia è stata il Paese più colpito: le incertezze politiche avevano già
scosso i mercati qualche mese fa e i prestiti in sofferenza continuano a
gravare sulle banche». L’allargamento dei differenziali con il Bund tedesco,
«riflette i timori degli investitori sulle incertezze politiche future,
specialmente riguardo le possibili politiche di bilancio del nuovo governo».
Il
nostro Paese è stato protagonista, ricordano gli analisti, di una serie “di
episodi idiosincratici di stress del mercato obbligazionario” innescati a metà
maggio con la famosa bozza (poi sconfessata) del contratto di governo dove si
parlava di cancellare il debito detenuto dalla Bce. E che l’Italia sia un caso
a parte, rispetto a un generale movimento dei mercati innescato dalle politiche
Usa, il rapporto lo sottolinea citando lo spread del titolo a due anni italiano
che, in occasione della crisi turca, si è allargato molto più dei titoli degli
altri paesi europei.
E’
vero che , sostengono gli economisti di Bri, dopo l’impennata di 200 punti di
fine maggio, lo spread, rimane ora sotto i livelli della crisi. Ma tutto ciò ha
un effetto negativo sulle banche alcune delle quali ancora in convalescenza.
Sulle banche, sottolinea la Bri, lo spread pesa in maniera diretta a causa
dell’indebolimento del loro capitale per via delle perdite sul valore dei Btp
in portafoglio e in maniera indiretta a causa di condizioni di finanziamento
più difficili che scontano quando cercano capitali sul mercato. E il futuro,
indipendentemente dalle scelte o le incertezze dell’Italia, è incerto. Le
decisioni di politica fiscale e monetaria degli Stati Uniti, il rafforzamento
del dollaro, le tensioni commerciali e i segnali di un rallentamento in Cina
sono tutti elementi di incertezza. Per i Paesi emergenti, ma non solo, è uno
scenario difficile. E come rileva Borio «con tassi d’interesse insolitamente
bassi e i bilanci delle banche centrali ancora eccezionalmente gonfi, rimangono
poche medicine disponibili per rimettere in salute il paziente».
Il
governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, appesantisce il quadro e parla
di rischi di sostenibilità debito. “Anche se un’efficace politica di
investimenti riuscisse a portare l’economia su un più elevato sentiero di
crescita – ha infatti spiegato Visco – resterebbe necessario definire una
strategia credibile negli obiettivi di bilancio e nelle linee di riforma, tale
da determinare una riduzione del premio per il rischio sui titoli di Stato
italiani. In questo scenario il rapporto tra debito e prodotto si avvierebbe su
una traiettoria di progressiva riduzione, tanto più rapida quanto più contenuta
la differenza tra onere per interessi e crescita nominale dell’economia e più
ampio l’avanzo di bilancio al netto della spesa per interessi», ha proseguito
il governatore di Bankitalia.
«Se
invece l’espansione di bilancio dovesse essere accompagnata da un
deterioramento della fiducia degli investitori come quello che, per ragioni
diverse, si è verificato tra il 2011 e il 2012, l’impatto sui tassi di
interesse potrebbe essere, come allora, particolarmente elevato. Bisogna
comunque ricordare che ogni anno lo Stato deve collocare sul mercato circa 400
miliardi di debito pubblico”.
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