Rocco Bellantone – Nigrizia
23 settembre ’18
Un
libro documentato, costruito mettendo insieme fatti, numeri e testimonianze
dirette per affrontare con lucidità la questione delle migrazioni nel mar
Mediterraneo e porre un argine a chi, sulla pelle dei migranti, continua a
macinare consensi. Il volume si intitola Alla deriva, edito da Altraeconomia e
scritto dal giornalista Duccio Facchini. È stato presentato mercoledì 19
settembre nella sala stampa della Camera dei Deputati. Al dibattito, moderato
dal direttore di Altraeconomia Pietro Raitano, hanno partecipato l’autore,
l’onorevole di Liberi e Uguali (LeU) Nicola Fratoianni, Riccardo Gatti,
comandante della nave Proactiva Open Arms, e Giovanna Scaccabarozzi, medico e
operatrice umanitaria
Un
confronto necessario, per fare chiarezza su un’emergenza la cui narrazione,
soprattutto negli ultimi mesi, è stata presa d’assalto da slogan politici,
strumentalizzazioni, fake news. Un’onda di disinformazione per contrastare la
quale Facchini, nello scrivere questo libro, si è servito del contributo di
studiosi, giuristi, avvocati, medici e attivisti che viaggiano sulle navi delle
ong.
Persone
informate su ciò che sta realmente accadendo nel Mediterraneo, su qual’è la
reale portata dell’“invasione” cui sta facendo fronte l’Italia, sul ruolo che
in questa partita sta avendo l’Unione Europea, sul contesto giuridico e
normativo che fa da perimetro a questo momento epocale. Gente che sa cosa
significhi prestare soccorso in mare a centinaia di disperati naufragati da un
gommone o da un barcone e che guarda alla Libia per quello che è, vale a dire
un interlocutore da cui non si può prescindere, ma a cui non si può continuare
a demandare il destino di migliaia di persone in fuga da violenze, conflitti,
torture o in cerca di condizioni economiche e sociali migliori.
«Il
compito che si prefigge questo libro - spiega l’autore - è raccontare quello
che sta succedendo nel Mediterraneo. È fondamentale unire i tasselli che hanno
portato a quanto sta accadendo in questi mesi. La criminalizzazione delle ong,
ad esempio, sta sfociando apertamente con questo governo, ma è una campagna che
parte da lontano».
Dello
stesso parere è Riccardo Gatti di Proactiva Open Arms, ong spagnola le cui navi
sono state costrette a lasciare il Mediterraneo centrale. «Espressioni come
“taxi del mare” o “crociere” sono l’emblema di una precisa strategia politica
che oggi sta dando voti ma che ha vita breve», dichiara. «Prima o poi questa
propaganda basata sulla paura dell’invasione si sgonfierà, la realtà non può
essere nascosta».
Contro
questa offensiva alle ong si schiera anche chi, come Giovanna Scaccabarozzi,
conosce bene le trappole del Mediterraneo. «Essere medico a bordo di una nave
di soccorso non è facile», afferma. «Si è posti di fronte a una sfida che è al
contempo culturale, linguistica, numerica. Un medico che si trova a prestare
soccorso su una nave ha una grande responsabilità: è tra i primi a venire a
contatto con i migranti e, lentamente, viene accompagnato da loro in quella
stanza buia in cui sono rimasti i segni di tutto ciò che queste persone hanno
subito prima di essere salvate in mare.
C’è
la Libia, che è un contenitore agghiacciante. Prima della Libia c’è il calvario
della traversata del deserto, e ancora prima ci sono i paesi di origine da cui
questa gente fugge. In Libia ci sono circa 1 milione di persone vulnerabili non
residenti, a cui si aggiungono almeno altri 250mila sfollati interni. Ma la
Libia, è bene ricordarlo, non ha mai firmato la Convenzione di Ginevra, il che
significa che la stragrande maggioranza di queste persone va incontro alla
detenzione illimitata. Quello a cui stiamo assistendo in questo paese è un
genocidio economico, mosso cioè dagli interessi che ruotano attorno al business
dei migranti».
Sulla
Libia e sulla strategia adottata dagli ultimi governi italiani per scendere a
patti con Tripoli, è intervenuto Nicola Fratoianni. «Il fatto che il nostro
ambasciatore in Libia sia rientrato a Roma per motivi di sicurezza, la dice
lunga su quanto questo paese possa essere un porto sicuro per i migranti»,
sottolinea. «Serve costruire un altro racconto delle migrazioni e mettere in
campo nuove pratiche per impedire che altre persone muoiano in mare. La
politica ha una responsabilità molto importante in questo momento, che è quella
di lottare contro la propaganda di questo governo».
Sulla
necessità di avviare un “Piano Marshall per l’Africa”, altra formula
particolarmente utilizzata anche dalla politica italiana per gestire il dossier
migranti, torna infine Facchini. «A parte la Libia - conclude - molti degli
altri paesi con cui dobbiamo rapportarci nel tentativo di gestire i flussi
migratori, non vivono in condizioni di democrazia per come la democrazia è
intesa dall’Occidente. Recentemente il Viminale ha firmato un contratto per la
fornitura al governo tunisino di 500 Suv per il controllo delle frontiere con
la Libia. Ma sono altre le strade che dovremmo percorrere per trovare un punto
di contatto con l’Africa. Abbiamo degli istituti di integrazione culturali ad
Addis Abeba, Asmara e Dakar, puntiamo su quelli».
Solo
se farà i conti con i numeri di questa emergenza, e solo se cercherà canali di
comunicazione nuovi con l’Africa, l’Italia potrà realmente affrontare a viso
aperto il Mediterraneo e il continente che ha davanti. Smettendola così di
urlare contro un’invasione che non c’è.
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