VLADIMIRO POLCHI – La Repubblica
23 settembre ’18
Permessi
umanitari cancellati. Stretta su rifugiati e nuove cittadinanze. Vie accelerate
per costruire nuovi centri per i rimpatri. Possibilità di chiudere negli
hotspot per 30 giorni anche i richiedenti asilo. Trattenimento massimo nei
centri prolungato da 90 a 180 giorni. E poi addio alla rete Sprar. I 17
articoli e 4 capi dell'ultima bozza del decreto migranti, che il governo si
prepara a varare, promettono di ridisegnare il volto del "pianeta
immigrazione". Soprattutto sul fronte accoglienza, abrogando di fatto un
modello, quello dello Sprar, che coinvolge oggi oltre 400 comuni ed è considerato
un modello in Europa.
A
denunciarlo è l'Associazione studi giuridici sull'immigrazione (Asgi):
"Cancellare l'unico sistema pubblico di accoglienza che funziona appare
come uno dei più folli obiettivi politici degli ultimi anni, destinato in caso
di attuazione a produrre enormi conseguenze negative in tutta Italia, tanto
nelle grandi città che nei piccoli centri, al Nord come al Sud".
Ventitremila
migranti accolti. "Lo Sprar - spiega a Repubblica Gianfranco Schiavone,
vicepresidente dell'Asgi - è un sistema di accoglienza e protezione sia dei
richiedenti asilo che dei titolari di protezione internazionale e umanitaria
nato nel lontano 2002 con le modifiche al testo unico immigrazione della
cosiddetta Bossi-Fini. Nei sedici anni della sua esistenza lo Sprar si è
enormemente rafforzato passando da alcune decine di comuni coinvolti e meno di
duemila posti di accoglienza nel 2002, ai circa ventitremila posti attuali con
coinvolgimento di oltre 400 comuni".
Un
modello in Europa. "In ragione dei suoi successi nel gestire l'accoglienza
dei richiedenti asilo e dei rifugiati in modo ordinato con capacità di
coinvolgimento dei territori, lo Sprar è sempre stato considerato da tutti i
governi di qualunque colore politico il fiore all'occhiello del sistema
italiano, da presentare in Europa in tutti gli incontri istituzionali, anche
per attenuare agli occhi degli interlocutori, le gravi carenze generali
dell'Italia nella gestione dei migranti".
Il
ruolo centrale dei comuni. "Il presupposto giuridico su cui si fonda lo
Sprar è tanto chiaro quanto aderente al nostro impianto costituzionale: nella
gestione degli arrivi e dell'accoglienza dei migranti allo Stato spettano gli
aspetti che richiedono una gestione unitaria (salvataggio, arrivi e prima
accoglienza, piano di distribuzione, definizione di standard uniformi), ma una
volta che il migrante ha formalizzato la sua domanda di asilo la gestione
effettiva dei servizi di accoglienza, protezione sociale, orientamento legale e
integrazione non spetta più allo Stato, che non ha le competenze e
l'articolazione amministrativa per farlo in modo adeguato, ma va assicurata
(con finanziamenti statali) dalle amministrazioni locali, alle quali spettano
in generale tutte le funzioni amministrative in materia di servizi
socio-assistenziali nei confronti tanto della popolazione italiana che di
quella straniera".
Il
business dei grandi centri. "Lo Sprar (gestito oggi da Comuni di
centrosinistra come di centrodestra) ha assicurato ovunque una gestione
dell'accoglienza concertata con i territori, con numeri contenuti e assenza di
grandi concentrazioni, secondo il principio dell'accoglienza diffusa, di buona
qualità e orientata ad inserire quanto prima il richiedente asilo nel tessuto
sociale. Inoltre lo Sprar ha assicurato un ferreo controllo della spesa
pubblica grazie a una struttura amministrativa centrale di coordinamento e
all'applicazione del principio della rendicontazione in base alla quale non
sono ammessi margini di guadagno per gli enti (associazioni e cooperative) che
gestiscono i servizi loro affidati. Invece, da oltre un decennio, il parallelo sistema di accoglienza a diretta
gestione statale-prefettizia, salvo isolati casi virtuosi, sprofonda nel caos
producendo un'accoglienza di bassa o persino bassissima qualità con costi
elevati, scarsi controlli e profonde infiltrazioni della malavita organizzata
che ha ben fiutato il potenziale business rappresentato dalla gestione delle
grandi strutture (come caserme dismesse, ex aeroporti militari) al riparo dai
fastidiosi controlli sulla spesa e sulla qualità presenti nello Sprar".
La
fine dello Sprar. "Cancellare l'unico sistema pubblico di accoglienza che
funziona appare come uno dei più folli obiettivi politici degli ultimi anni.
Che ne sarà di quelle piccole e funzionanti strutture di accoglienza già
esistenti e delle migliaia di operatori sociali, quasi tutti giovani, che con
professionalità, lavorano nello Sprar? Qualcuno potrebbe furbescamente
sostenere che in fondo lo Sprar non verrebbe interamente abrogato ma
trasformato in un sistema di accoglienza dei soli rifugiati e non più anche dei
richiedenti asilo i quali rimarrebbero confinati nei centri governativi. È una
spiegazione falsa, che omette di dire che proprio la sua caratteristica di
sistema unico di accoglienza sia dei richiedenti che dei rifugiati dentro
un'unica logica di gestione territoriale è ciò che ha reso lo Sprar un sistema
efficiente e razionale. Senza questa unità non rimane più nulla".
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