Roberto Saviano – La
Repubblica
22 settembre ’18
Articolo
31, comma 2, della Costituzione italiana: "La Repubblica protegge la
maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale
scopo". Articolo 3, comma 1, della Convenzione delle Nazioni Unite sui
diritti del fanciullo: "In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di
competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei
tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi,
l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente".
Articolo 24, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea:
"In tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità
pubbliche o da istituzioni private, l'interesse superiore del bambino deve
essere considerato preminente".
18
settembre 2018, carcere di Rebibbia. Una detenuta, nata in Germania ma con
cittadinanza georgiana, getta dalle scale i suoi due figli. La bimba di 6 mesi
muore subito, il bimbo, di poco più grande, morirà in ospedale. Questa è la
premessa.
Esattamente
un anno fa, il 18 settembre 2017, sull'Espresso scrissi del tragico caso della
bambina di tre anni che aveva rischiato di morire nel carcere Gazzi di Messina
per aver ingerito del veleno per topi. La domanda - per niente retorica - fu:
perché è in galera se ha solo tre anni? Era con sua madre, una donna nigeriana
in carcere per immigrazione clandestina. Per l'Italia, Paese che non concede
visti agli Stati africani, l'unica via d'accesso è quella illegale e
l'immigrazione clandestina è un reato punito con il carcere anche se hai figli
piccoli che non hanno nessuno oltre te.
Ovviamente
della notizia ci occupammo in pochi (diedi conto dell'interesse di Radio
Radicale), anche perché uscivamo da un'estate tragica. La caccia all'immigrato
si era ufficialmente aperta grazie alle politiche dell'ex ministro
dell'Interno, Marco Minniti. Devastanti per il Paese, per il Pd e per l'idea
stessa di sinistra. Ogni giorno aumentava il senso di insicurezza e la
percezione che fosse necessario autodifendersi (Salvini non ha inventato
nulla!), nonostante il Viminale, in palese controtendenza rispetto alle
dichiarazioni dei suoi vertici, diffondesse cifre rassicuranti sul calo delle
denunce.
E
se a un calo nelle denunce non corrisponde necessariamente la diminuzione dei
reati, possiamo stare certi, con il clima che si respira, che agli stranieri
non si fanno sconti. Inoltre fa più presa dire "abbi paura e armati"
piuttosto che "i reati sono in diminuzione", perché il ragionamento
perde terreno di fronte alla percezione di insicurezza che siamo indotti a provare
per convenienza altrui.
Ma
forse è proprio da qui che dovremmo partire, da una politica abituata a
criminalizzare, a considerare il carcere la soluzione per tutto, una discarica
sociale. Dovremmo partire da qui perché la detenuta che ha ucciso i suoi figli
a Rebibbia stava per essere scarcerata ed evidentemente non era il carcere il
luogo adatto alla sua detenzione. Era detenuta per concorso in detenzione di
stupefacenti, un reato su cui, con un'altra politica, diversa da quella attuale
ma anche da quella che l'ha preceduta, si aprirebbe una riflessione seria sulla
necessità di legalizzare le droghe. Ma per le cose serie non c'è mai tempo:
comunicare e non fare, cercare consenso e non lavorare seriamente per una
società più sicura e più democratica.
La
donna era in carcere con due bambini di sei e 18 mesi. Entrambi minori di tre,
età minima che consente la detenzione con il genitore. Sotto i tre anni i
bambini devono essere affidati ai servizi sociali. E invece erano in carcere
con la madre e non dove sarebbe stato umano ospitare tutto il nucleo familiare,
ovvero in una casa famiglia protetta. Ma qui si apre l'annoso capitolo delle
misure alternative al carcere e dei mancati finanziamenti per queste strutture.
"Ma siamo pazzi!", già sento i commenti, "investire soldi per i
detenuti, per i delinquenti?". "Non ci sono soldi per le persone
perbene, figuriamoci trovarne per loro". Ma "loro" sono bambini,
non hanno commesso reati e, quando possibile, devono stare con i genitori in
ambienti che siano di supporto al nucleo familiare.
Di
fronte a questa tragedia immane non so davvero da dove iniziare per raccontare
la strage di diritto, che è strage di vite umane, che si consuma ogni giorno
nelle carceri italiane. Alfonso Bonafede sospende la direttrice della sezione
femminile di Rebibbia, sospende anche la sua vice e la vicecomandante della
polizia penitenziaria perché dice: "Deve essere chiaro, nel mondo della
detenzione non si può sbagliare". Ma che ne sa Bonafede del mondo della
detenzione, mi verrebbe da dire, se ha bloccato la riforma dell'ordinamento
penitenziario uscita dalla scorsa legislatura?
E
poi leggo la comunicazione che fa sui social l'ex ministro Andrea Orlando, ex
Guardasigilli; è lui che ha lavorato per anni alla complessa e articolata
riforma, che Bonafede ha liquidato appena arrivato negli uffici di via Arenula,
ed è lui che purtroppo (ci avevo sperato) non ha difeso quel lavoro. È lui che
avrebbe dovuto azzannare il Pd e dissociarsi dai fragili compagni di partito
che hanno preferito temporeggiare per timore di perdere consenso sotto
elezioni. Tanto che quelle misure sono state varate dal governo Gentiloni a
tempo ormai scaduto, dopo il voto del 4 marzo.
"Un
regalo ai delinquenti", "un decreto svuota carceri", chi ha
rivolto queste accuse alla riforma dell'ordinamento penitenziario non ha
interesse nella giustizia e nel rispetto dei diritti. Ma diciamoci la verità,
non ha interesse nemmeno chi teme di riceverle queste accuse e archivia una
riforma necessaria, vitale, che si aspettava da anni. Inutile che Andrea
Orlando chieda a questo governo ciò che non ha preteso da quello di cui era
parte. Inutile cercare fuori dal Pd le cause della fine del Pd.
E
il Pd accetti un consiglio non richiesto: non pensi a congressi o a cambiare
nome, quello che deve augurarsi, piuttosto, è di essere al più presto
dimenticato. Perché un partito riformista - o che si crede tale - che non mette
in discussione i frutti avvelenati del berlusconismo, come le leggi Bossi-Fini
e Fini-Giovanardi in materia di immigrazione e stupefacenti, merita per il bene
del Paese solo una cosa: di essere al più presto dimenticato.
I
figli della detenuta di Rebibbia sono morti. Del più grande i medici hanno
appena decretato la morte cerebrale. È banale dire che con quei due bambini il
Pd è definitivamente scomparso. È banale perché la fine era arrivata molto
prima, il colpo di grazia sono stati la dottrina Minniti e la codardia nel non
sostenere a pieni polmoni la riforma dell'ordinamento penitenziario.
Ciò
che davvero resta di un percorso politico si misura nella quantità di diritti
che è in grado di difendere. La via della sinistra non è altro che questo:
avere il diritto di non uccidere (non solo il dovere), il diritto di non
spacciare (non solo il dovere), il diritto a non impantanarsi nell'ignoranza
(non solo il merito della conoscenza). Tutto il resto è amministrazione, ordine,
meccanismo di gestione.
Non
ci si senta orfani di un soggetto politico che non merita rimpianti, viviamoci
questa stagione "nera" provando a fare argine con le armi che
abbiamo, che sono e resteranno lo studio, l'approfondimento, i dati, l'ascolto,
l'empatia, il racconto. E speriamo che si riesca a ricostruire qualcosa non
partendo, come molti ancora auspicano, da un figura carismatica, da chi ha più
ambizione personale che coraggio, ma da quello che oggi in politica
tragicamente manca: le idee. Magari liberando il campo definitivamente da
leaderini che al governo sembrano conservatori di destra e all'opposizione rivoluzionari.
La
riforma delle carceri si è arenata per paura di perdere consenso, sulle
politiche migratorie ci si è alleati con la Libia finanziando trafficanti di
esseri umani e torturatori per rincorrere chi parlava di invasione. E quel che
è peggio è non aver mai rinnegato tutto questo.
I
bambini nelle carceri non ci devono stare e questa, per esempio, è un'idea,
un'idea da difendere. Nella riforma dell'ordinamento penitenziario cestinata da
Bonafede e orfana di Orlando c'era anche questo: sessantadue bambini di cui
nessuno si è voluto occupare.
Nessun commento:
Posta un commento