lunedì 24 settembre 2018

ITALIA/EMERGENZE Genova, il decreto fantasma. Per Conte arriverà oggi


Giulia Mietta – Il manifesto
25 settembre ’18


Lo chiamano «decreto urgenze» ma evidentemente tanto urgente non è, per il governo, se 41 giorni dopo il crollo del ponte Morandi ancora non è stato pubblicato in gazzetta ufficiale. Un’attesa lunghissima, estenuante, surreale. Ma soprattutto «inaccettabile» secondo Luca Fava, uno dei portavoce degli sfollati. «Inaccettabile se dovuta a liti politiche nelle quali non vogliamo neppure entrare, e dannosa» spiega. «Tutto, dalla demolizione, ai risarcimenti, alla ricostruzione, alla riapertura delle strade, siamo sotto scacco di logiche incomprensibili».

Era il 13 settembre scorso, il giorno prima della manifestazione di piazza a un mese dal disastro, quando il premier Giuseppe Conte aveva annunciato che il decreto per Genova (e per altre questioni, come il terremoto a Ischia o nel centro Italia) era stato approvato dal consiglio dei ministri e che sarebbe bastata «qualche limatura». Nel frattempo, del decreto, sono uscite bozze su bozze ma nessuna ha sciolto i nodi fondamentali. Primo: come sostenere finanziariamente gli interventi che vanno dal supporto al trasporto pubblico a quello per l’assunzione di vigili urbani e delle aziende colpite dalle conseguenze del crollo. Secondo: chi dovrà essere a farlo, dal punto di vista di demolizione e ricostruzione, e da quello di risarcimenti e indennizzi, visto che il governo è intenzionato a tenere fuori il concessionario Autostrade. L’ipotesi che alla base dello stallo ci siano innanzitutto problemi di copertura finanziaria è stata confermata dallo stesso presidente del consiglio. «Sul decreto – le parole di Conte, ieri – aspettiamo i riscontri del Mef e poi confidiamo di inviarlo al presidente della Repubblica se i riscontri si chiuderanno in giornata».

Diversamente da quanto annunciato venerdì dal ministro dei Trasporti Toninelli, peraltro, non c’è stato alcun secondo passaggio nell’ultima riunione del consiglio del ministri che, invece, ha dato il via libera al salvinano decreto sicurezza. A questo proposito è il vicepremier leghista a dare per primo un indizio di cronoprogramma: «Il decreto sicurezza sarà presentato a Mattarella un’ora dopo rispetto a quello per Genova». Poi seguito dal suo gemello diverso Di Maio. «Domani al Quirinale, poi in Gazzetta – ha detto al termine del vertice sull’Ilva di Cornigliano – servirà per fare anche un po’ di giustizia. Autostrade non metterà neppure una pietra, ma i soldi sì».

Che sia domani, dopodomani o tra qualche giorno, sarà comunque tropo tardi. Il governatore ligure Giovanni Toti scalpita. Ieri al Salone Nautico, dopo aver avuto conferma dal capo dello Stato il decreto era ancora creatura fantasma, ha definito «Inquietanti il moltiplicarsi di indiscrezioni intorno a qualcosa di cui non c’è traccia» e ha attaccato il governo: «Stiamo perdendo tempo e l’unica cosa che non è consentita a nessuno è giocare con il tempo e la pelle dei genovesi». Fonti vicine al presidente dicono che Toti sarebbe anche particolarmente preoccupato dai nomi di tecnici che starebbero circolando come papabili commissari. «I grillini mi dovrebbero spiegare perché hanno scelto di trovare un professore a cui dare 200 mila euro – avrebbe detto – invece di scegliere gratis non dico me ma quantomeno il sindaco di Genova Bucci». E proprio sul nome del commissario Conte prova a sedare le polemiche: «Dissi 10 giorni e intendevo 10 giorni dall’entrata in vigore del decreto». Ma fino a giovedì sarà a New York per l’assemblea generale dell’Onu. Difficile che il decreto per Genova sia fatto uscire in sua assenza. A breve, a brevissimo, tra pochi giorni. La risposta compare sui muri dei vicoli, ancora prima che su quelli virtuali dei social network. Decine di manifesti stampati in ciclostile: «Genova è ferita, non stupida».

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