Chiara Spadaro- Altreconomie
1 Agosto 2018
1 Agosto 2018
Quanto vale l’accesso all’acqua
non inquinata? In West Virginia, negli Stati Uniti orientali, questo valore è
stato calcolato in 671 milioni di dollari, più altri che serviranno a
rispondere alle 3.550 richieste di lesioni personali dovute alla contaminazione
da acido perfluoroottanoico (Pfoa). È quanto ha dovuto pagare il colosso
agroindustriale DuPont, ritenuto responsabile dell’inquinamento da questa
sostanza chimica tossica usata per fabbricare il Teflon, usato per rivestire le
padelle antiaderenti, ma anche nella produzione di vernici e tessili.
Uno dei protagonisti di questa
storia è l’avvocato Robert Bilott che proprio per il suo impegno nella
battaglia legale sui Pfoa durata 19 anni contro DuPont ha ricevuto a metà
novembre a Copenaghen il prestigioso riconoscimento “Right Livelihood Awards”,
un premio nato nel 1980 per “onorare e supportare persone coraggiose e
organizzazioni che offrono soluzioni visionarie ed esemplari alle cause
profonde dei problemi globali”.
Bilott è stato invitato in Veneto
da una rete di realtà vicentine (Mamme no Pfas, Gruppo genitori e cittadini
attivi stop Pfas di Montecchio Maggiore, Greenpeace, Medicina Democratica e la
Rete Gas Vicentina) impegnate da anni nella lotta contro l’inquinamento da
Pfas, che coinvolge circa 100 Comuni e una popolazione di 350mila persone. A
monte di questa vicenda veneta c’è la Miteni, del gruppo “International
Chemical Investors”, che dal 1964 -quando ancora si chiamava RiMar, “Ricerche
Marzotto”- ha avviato la produzione di intermedi fluorurati a Trissino (VI).
L’abbiamo incontrato.
Avvocato Bilott, quando ha
iniziato il suo lavoro sui Pfoa in West Virginia?
RB Era il 1991 quando conobbi la
storia di un allevatore di Parkersburg le cui mucche stavano morendo una dopo
l’altra. Le allevava su un terreno di proprietà della DuPont, che in quella
città di 30mila abitanti sulle rive del fiume Ohio, al confine con l’omonimo
Stato, aveva una ditta molto grande per la produzione del Teflon, un marchio
registrato dalla multinazionale nel 1938. Il Teflon è prodotto a partire dal
Pfoa, l’acido perfluoroottanoico (uno dei composti chimici noti come Pfas, le
sostanze perfluoroalchiliche, ndr). Fino al 2000 DuPont avrebbe acquistato i
Pfoa dalla 3M Company (Minnesota Mining and Manufacturing Company), in
Minnesota, per poi iniziare a produrli in proprio dal 2002.
Ho iniziato a studiare i
documenti della ditta e ad approfondire il caso: dai primi anni 50 la DuPont
usava i Pfoa nello stabilimento del West Virginia e dal 1984 questo composto
chimico è stato trovato nell’acqua potabile. Una popolazione di 70mila persone
che viveva sui due lati del fiume, tra l’Ohio e il West Virginia, era stata per
lunghi anni esposta a queste sostanze, ma c’era allora pochissima informazione,
nessuno ne parlava. Mentre le agenzie governative si muovevano molto
lentamente, a partire da due comunità locali abbiamo avviato una class action
contro DuPont, con la richiesta di avere accesso all’acqua pulita e un’indagine
epidemiologica indipendente per verificare lo stato di salute degli abitanti.
Che
cosa stavano facendo le comunità esposte all’inquinamento quando le ha
incontrate?
RB Al tempo non c’era
consapevolezza della gravità del problema, nè informazione su cosa fossero i
Pfoa. Con gli abitanti abbiamo iniziato a studiare, approfondire, conoscere gli
effetti sulla salute: assicurarsi che la comunità possa avere accesso alle informazioni
è stato il primo passo per vincere questa battaglia. Nel 2005 -quando il
Governo statunitense iniziava a indagare sulle responsabilità della DuPont-
abbiamo fatto 12 diversi test medici e 69 persone hanno partecipato per fornire
informazioni mediche a scienziati indipendenti, che hanno lavorato a lungo per
capire gli effetti dei Pfoa su chi aveva bevuto negli anni l’acqua inquinata.
Dopo sette anni di studi, il gruppo di esperti ha concluso che vi era un legame
con sei malattie: cancro ai reni e ai testicoli, colite ulcerosa, malattia
della tiroide, ipertensione indotta dalla gravidanza e colesterolo alto.
Intanto, dal 2006, la DuPont si era impegnata ad azzerare la produzione e l’uso
di Pfoa entro il 2015, obiettivo raggiunto, stando alle dichiarazioni della
multinazionale, nel 2013.
Che
cosa stavano facendo le comunità esposte all’inquinamento quando le ha
incontrate?
RB Al tempo non c’era
consapevolezza della gravità del problema, nè informazione su cosa fossero i
Pfoa. Con gli abitanti abbiamo iniziato a studiare, approfondire, conoscere gli
effetti sulla salute: assicurarsi che la comunità possa avere accesso alle
informazioni è stato il primo passo per vincere questa battaglia. Nel 2005
-quando il Governo statunitense iniziava a indagare sulle responsabilità della
DuPont- abbiamo fatto 12 diversi test medici e 69 persone hanno partecipato per
fornire informazioni mediche a scienziati indipendenti, che hanno lavorato a
lungo per capire gli effetti dei Pfoa su chi aveva bevuto negli anni l’acqua
inquinata. Dopo sette anni di studi, il gruppo di esperti ha concluso che vi
era un legame con sei malattie: cancro ai reni e ai testicoli, colite ulcerosa,
malattia della tiroide, ipertensione indotta dalla gravidanza e colesterolo
alto. Intanto, dal 2006, la DuPont si era impegnata ad azzerare la produzione e
l’uso di Pfoa entro il 2015, obiettivo raggiunto, stando alle dichiarazioni
della multinazionale, nel 2013.
Oggi
esiste ancora lo stabilimento di Parkersburg?
RB Sì, è una fabbrica molto
grande, lunga due miglia, situata sul fiume al confine tra i due Stati. È stata
la prima fabbrica di Teflon del mondo. Nel 2015 il settore produttivo del
Teflon si è staccato dalla DuPont ed è nata Chemours (www.chemours.com). Questa
ditta non produce Pfoa “né li usa in nessuno dei suoi prodotti”, ma nel 2009
DuPont aveva iniziato a convertire la produzione verso una nuova sostanza
chimica che potesse sostituirli, il GenX. Il GenX è prodotto a Wilmington, in
uno stabilimento nel North Carolina, e poi lavorato a Parkersburg. Ma sulla
sicurezza di questo prodotto restano ancora molti dubbi, tanto che lo scorso
giugno una comunità del North Carolina ha rilevato inquinamento da GenX
nell’acqua
Che
cosa ci insegna questa storia?
RB Che non possiamo focalizzarci
su una sostanza chimica alla volta, ma guardare nel loro complesso a questi
prodotti. Non possiamo vincere una causa importante sui Pfoa e, dieci anni
dopo, ricominciare da capo a proposito del GenX o di un’altra sostanza che
causa danni simili sulla salute. In questo senso, mi sembra che l’Italia stia
seguendo la giusta direzione. Sono processi molto lunghi: basti pensare che il
caso dei Pfoa in West Virginia è scoppiato nel 2001 e le prime linee guida
dell’Epa (l’agenzia federale per l’ambiente, “Environmental Protection Agency”,
ndr) sono arrivate nel 2016.
Nessun commento:
Posta un commento