Sostanze
per milioni di euro destinate ai pazienti italiani vengono rapinate dalla
criminalità organizzata e rivendute in Germania: è la nuova frontiera del
crimine. Mentre i nostri ospedali rischiano di restare senza antitumorali e ai
malati tedeschi arrivano sostanze contraffatte o scadute
Elena Testi - L’Espresso
26 agosto 2018
Lungo la A16, in direzione
Cerignola Ovest, non passa un’auto. Attendono nascosti dietro il guard rail.
L’assalto è stato organizzato da tempo. Conoscono tragitto e targa del tir, ma
soprattutto hanno tra le mani la lista del carico che trasporta: farmaci
antitumorali e - in minima parte - medicinali da banco. Sono le 4.30 del
mattino del 4 luglio. Il volto coperto. Tra le mani fucili e pistole. Gli
autisti riescono a percepire solo qualcosa di anomalo prima che l’assalto
paramilitare venga messo in atto. I conducenti scendono con le mani alzate. Gli
assalitori sequestrano l’autotreno e percorrono dieci chilometri esatti. Si
fermano in una strada di campagna, utilizzano cesoie idrauliche per smembrare
il cassone e lasciarlo vuoto. Un bottino da un milione di euro. Ad agire è un
commando assoldato da un’organizzazione criminale che sa dove piazzare i farmaci
e come reimmetterli nel mercato europeo del “parallel trade” farmaceutico. In
sé legale, ma facile da infiltrare grazie a meccanismi di falsa fatturazione e
operatori disinvolti. Parte così dall’Italia la catena criminale dei farmaci
rubati e mette a rischio vite umane sia in nel nostro Paese sia all’estero.
Il mercato parallelo
Per “parallel trade” s’intende la
libera circolazione, all’interno del mercato europeo, di un medicinale
autorizzato. Ciò significa che uno stato membro Ue può vendere un farmaco a
prezzi vantaggiosi a un altro paese. E il naturale acquirente è la Germania,
dove i prezzi degli antitumorali sono molto più costosi che in Italia e in
Grecia.
Ad esempio, a Berlino a comprare
sono ospedali e cliniche che per problemi di budget preferiscono la convenienza
alla sicurezza. E proprio in questi giorni nella regione del Brandeburgo è
scoppiato lo scandalo: un giro di arresti e un grossista, LunaPharm, che dal
2015 ad oggi, ha introdotto farmaci salvavita all’inizio sottratti ad Atene e
più recentemente al Sistema Sanitario italiano, togliendo le cure ai nostri
pazienti malati di cancro. Il rischio adesso è per la salute dei pazienti che
ne hanno fatto uso, visto che i medicinali venduti dalle organizzazioni
criminali potrebbero essere, come già successo in passato, contaminati, diluiti
o trasportati a temperature che ne eliminano il principio attivo, rendendo le
cure completamente inutili. Come denuncia Aifa in un suo libro bianco:
«Introducono rischi di indisponibilità delle cure per i cittadini italiani e -
dove riutilizzati - diventano pericolosi a causa dell’uscita dal controllo
della corretta conservazione». Tradotto: i farmaci anti-tumorali vengono tolti
ai pazienti malati di cancro in Italia e rivenduti inefficaci a quelli
tedeschi.
Gruppi criminali specializzati
È dunque lungo l’autostrada dei
due mari, quella che taglia l’Italia a metà e collega il Tirreno all’Adriatico,
che si è consumato l’ultimo assalto a un tir che trasportava medicinali
salva-vita.
Le rapine sembravano essersi fermate
dopo la prima crisi, quella esplosa tra il 2012 e il 2014, grazie
all’operazione internazionale, soprannominata Volcano e coordinata dall’Agenzia
italiana del farmaco. Non solo assalti ben studiati agli autotrasportatori, ma
anche furti mirati agli ospedali. Secondo lo studio pubblicato dall’Università
Cattolica del Sacro Cuore di Milano e dall’Università degli Studi di Trento, in
Italia tra il 2006 e il maggio del 2014, un ospedale su 10 ha registrato furti
di farmaci con una perdita media di circa 330 mila euro per ogni colpo andato a
segno, soldi e medicinali sottratti al sistema sanitario nazionale. Il 55 per
cento erano antitumorali. La pausa è durata tre anni, il tempo - per i
criminali - di rigenerarsi e studiare nuovi meccanismi per superare i controlli.
Da pochi mesi le bande hanno ripreso gli assalti ai tir e le razzie nelle
farmacie ospedaliere in Italia. Dall’inizio del 2018 sono stati già rubati
milioni di euro in salvavita, gli ultimi ritrovati grazie all’indagine
coordinata dal sostituto procuratore di Foggia Francesco Diliso.
Su un documento pubblicato da
Sifo (Società italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle
Aziende ospedaliere) si legge: «Gli investigatori sono sempre più convinti che
una parte non trascurabile dei furti commessi ai danni di ospedali e farmacie
sia opera di gruppi criminali specializzati». E ancora: «Le ipotesi
investigative sono confermate da dati incontrovertibili che fanno presumere la
presenza delle organizzazioni criminali mafiose». A confermare queste parole
c’è un’indagine della Dda di Bologna, coordinata dal pubblico ministero Enrico
Cieri. Nell’inchiesta, partita nel 2014 collegata ai 14 filoni della operazione
Volcano, è emerso un legame tra le organizzazione criminali dei farmaci e il
clan Licciardi, potente e spietata famiglia della camorra napoletana. Nelle
intercettazioni telefoniche si parlava di soldi: cifre su cifre per poter
operare nel loro territorio. Secondo la difesa si trattava “solo” di pizzo, per
l’accusa di un legame tra i grossisti e il clan camorristico.
‘Ndrangheta protagonista
Ma gli investigatori tedeschi
ipotizzano che anche la ‘ndrangheta possa avere addirrittura una parte da
protagonista nei traffici. A realizzare i furti ai danni dei pazienti italiani,
con fiale che possono costare da 1.500 euro fino a 15mila, sono infatti bande
specializzate assoldate da organizzazioni criminali che conoscono bene i
sistemi tedeschi. Dalle inchieste si è scoperto che sono circa 200 i cognomi in
odor di mafia residenti in Germania. Le autorità tedesche hanno detto
apertemente di «temere la presenza della mafia» dietro ai traffici di
medicinali. Ed è uno dei motivi che ha spinto gli investigatori di Berlino, i
primi di agosto, a contattare l’Agenzia del farmaco italiana, che già da tempo
ha apertamente messo in guardia su questi rischi, spiegando che in teoria
nessun antitumorale potrebbe uscire dal nostro sistema sanitario nazionale,
perché sono tutti ceduti in via esclusiva alle farmacie ospedaliere I clan calabresi, strutturati e
ben organizzati, sono da tempo presenti sul territorio tedesco. Un porto
sicuro, visto che lì non esiste il reato di associazione mafiosa. Sono loro,
insieme alla camorra campana, ad agire sotto traccia. E non è un caso che in
Calabria i megafurti di farmaci nell’ultimo periodo siano aumentati: cinque
accertati solo negli ultimi due mesi.
Più in generale, rapine e
stoccaggi avvengono soprattutto nel sud Italia: tra Campania, Calabria,
Sicilia, la provincia di Foggia e quella di Bari. Il meccanismo è studiato ad
hoc: si infiltrano tra il personale delle strutture sanitarie o corrompono
quello già in servizio. Per gli assalti ai tir si appoggiano alle bande
specializzate locali. Come quello alla farmacia dell’ospedale Gravina di
Caltagirone (Catania), dove il 21 aprile scorso sono state rubate centinaia di
confezioni di farmaci chemioterapici. Sono entrati nei locali a notte fonda e
hanno svaligiato solo uno dei tre frigoriferi presenti, quello contenente -
appunto - i chemioterapici. Nel distretto socio-sanitario di Bitonto (provincia
di Bari), il 9 luglio scorso sono state portati via 470 mila euro di
anti-tumorali. Anche in questo caso sapevano dove andare a cercare. Un altro
colpo a San Marco Argentano (Cosenza) e questa volta la cifra è più bassa: 90
mila euro. Ma il centro Italia non rimane immune alla razzia: è il 19 maggio
scorso quando gli operatori sanitari spalancano le porte del mega deposito
dell’Estar in via Genova a Grosseto e si accorgono che mancano tre milioni di
medicinali, quasi tutti destinati ai malati di cancro. Un furto studiato in
ogni dettaglio, dai sistemi di sicurezza fino alle abitudini di chi vive vicino
al deposito. Hanno agito nell’unica zona d’ombra dei sensori antifurto.
Le scatole cinesi nell’Est Europa
I medicinali rubati in Italia di
solito vengono portati in Grecia e in Turchia, passando per un sistema di
fatturazione “a scatole cinesi” tramite filiali fittizie aperte nei paesi
dell’Est Europa. In alcuni casi i farmaci vengono etichettati nuovamente per
mascherare la loro provenienza, in altri ceduti senza riconfezionarli. L’ultimo
passaggio è la vendita agli importatori in Germania, dove la legge impone alle
farmacie di comprare dal “parallel trade” almeno il 5 per cento dei medicinali.
Il caso LunaPharm tuttavia ha costretto il ministero della salute del
Brandeburgo a diramare un allarme pubblico d’emergenza. Diana Golze, a capo del
dicastero, è a rischio dimissioni: è ormai certo infatti che dal 2015 ad oggi
sono stati somministrati farmaci ai pazienti oncologici tedeschi senza un
controllo serrato, nonostante l’Italia avesse informato le autorità competenti
in Germania, specificando il rischio che i salvavita provenienti illegalmente
dal nostro paese fossero inefficaci o addirittura contaminati. La ministra
tedesca ha dichiarato: «Voglio scusarmi personalmente con i pazienti e i loro
parenti. Per me è importante fare chiarezza e, soprattutto, prendere tutte le
misure necessarie per evitare che accada di nuovo». A LunaPharm, il grossista
tedesco, è stata subito sospesa la licenza. Ora una linea telefonica assiste i
pazienti, ma nell’allerta del ministero si legge: «Una raccomandazione chiave
per tutti è rivolgersi al medico curante, solo quest’ultimo può fare una
dichiarazione su quali farmaci sono stati effettivamente somministrati».
Dice Lidio Brasola, responsabile
della supply chain di Roche: «Due sono le priorità: da un lato è necessario che
la Germania renda più efficaci i controlli per evitare infiltrazioni illegali;
dall’altro è estremamente importante che le strutture ospedaliere Italiane
rinforzino sempre di più la loro sicurezza interna altrimenti i furti
continueranno senza sosta. L’Aifa dopo la crisi del 2014 ha fatto un buon
lavoro, creando un network tra ospedali, forze dell’ordine, procure e case
farmaceutiche. Un modo per avere costantemente la situazione sotto controllo. È
su questa strada che bisogna proseguire».
Grossisti compiacenti
Come si diceva, il business è
recrudescente ma ha origini meno recenti. È il 31 marzo del 2014 quando un
lotto di Herceptin 150 finisce nelle mani di un grossista inglese. Le fiale
sembrano essere state aperte e richiuse, all’esterno dell’involucro c’è della
sostanza. Il venditore decide di chiamare l’azienda farmaceutica italiana che
produce l’antitumorale. Una manciata di ore dopo si scopre che l’Herceptin 150
proviene da un assalto a un tir italiano. Contaminato e comunque rivenduto,
senza nessuno scrupolo. La procura di Napoli apre un fascicolo e, insieme ad
altre 13 indagini, sgretola, pezzo dopo pezzo, l’organizzazione criminale con
base in Campania ma attiva in tutta Italia.
Normativa Ue da rifare
Inchieste come quella coordinata
dal pubblico ministero Diana Russo risalgono alle filiali aperte all’estero
dall’organizzazione, e identificate da Aifa e dalle altre agenzie del farmaco
europee come illegali: Cipro, Ungheria, Lettonia, Romania. Slovacchia e
Slovenia. Qui venivano emesse le fatture false, i medicinali da rubati venivano
trasformati in perfettamente legali, senza lasciare i capannoni di stoccaggio
con sede in Campania e il nullaosta operativo della famiglia Licciardi. Le
farmacie di collegamento erano quasi tutte di Napoli o Nola. I salvavita
venivano poi rivenduti al mercato tedesco da grossisti compiacenti, come LunaPharm,
togliendo così ai pazienti italiani le cure necessarie e rivendendo invece a
quelli tedesche medicinali inefficaci o persino letali. L’inchiesta finisce
davanti all’Ema (Agenzia Europea per i medicinali) con Aifa che mette in
allerta e la Germania con un libro bianco sul caso. Poco però, dopo questo
caso, viene fatto a Berlino. I farmaci anti-tumorali illegali continuano a
essere distribuiti senza controllo, fino a far scoppiare il caso degli ultimi
giorni, con la ministra Golze che ammette: «Sono state chiaramente violate le
regole esistenti, regole che hanno portato a questo fallimento».
Dice Domenico Di Giorgio,
Dirigente Area Ispezioni e Certificazioni Aifa: «Nel 2014 coordinammo
l’operazione europea Volcano contro furti e riciclaggio dei farmaci, emergenza
fino ad allora contrastata senza percezione strategica dell’organizzazione
dietro quei traffici. Amministrazioni e aziende si mossero insieme contro le
distorsioni nella rete distributiva, mettendo in atto strumenti come la
piattaforma Fakeshare e riuscendo così a bloccare i furti per oltre 2 anni».
Oggi il maggior problema per Di Giorgio è che «mancano sanzioni specifiche: gli
80 arresti italiani hanno portato a condanne solo per reati comuni come rapina
e semplici furti. Gli operatori che compravano farmaci da canali chiaramente
sospetti, all’estero sono stati trattati addirittura come vittime».
Aifa ora chiede non solo reati
specifici, ma anche un ripensamento della normativa europea contro le
distorsioni del mercato tedesco: «I prezzi alti e il vincolo normativo al
“parallel trade” fanno sì che lì operino molti trader, tra i quali una
minoranza che acquista senza controllare le fonti. Bastano loro a rendere il
paese un magnete per prodotti illegali, mettendo a rischio sia i pazienti
italiani sia quelli tedeschi, e diventando sponsor di reti criminali che
generano ovunque furti e rastrellamenti, danneggiando i sistemi sanitari di
tutta Europa».
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