sabato 25 agosto 2018

CASO DICIOTTI In Italia, in parrocchia. La soluzione della Cei. A Salvini un contentino


Mercante di umani. Il Viminale cede allo sbarco «ma non saranno a carico degli italiani» Solo quaranta all’estero: 20 in Irlanda e 20 fuori dalla Ue, in Albania

Andrea Fabozzi.– Il manifesto
26 agosto 2018

Non è la guerra ai migranti per interposta Europa, è il contrario. Nel silenzio del presidente del Consiglio, è ancora il ministro dell’interno ad annunciare che l’Italia sta cercando di convincere alcuni paesi extra Ue ad accogliere una quota di migranti ancora a bordo della nave Diciotti. Poi è la Farnesina a comunicare che l’Albania, per prima, ha accettato di prenderne venti. Segue tweet di conferma del ministro degli esteri di Tirana (a capo del governo c’è il socialista Edi Rama), Ditmir Bushat: «Non ci possiamo sostituire all’Europa ma noi siamo sempre qui, ieri l’Italia ci ha salvati, oggi siamo pronti ad aiutare». Oggi è l’Italia che prova a deportare i profughi fuori dai confini europei. Ma per uscire dal tunnel il governo deve chiedere aiuto alla Chiesa italiana e Salvini la ringrazia così: «I vescovi hanno aperto le porte, i cuori e i portafogli. Va bene, noi prendiamo quello che viene».
«Gran parte dei migranti saranno ospitati dalla Chiesa italiana», è sempre Salvini in comizio a dare la notizia. Ma dal Viminale, sempre più ufficio unico di governo, anche se il titolare è ancora a Pinzolo alla festa della Lega, fanno sapere che altre trattative sono in corso. Perché Salvini ha bisogno di segnare un punto che allontani il rischio di farlo apparire come lo sconfitto. Fa circolare anche il nome di altri stati extra Ue disponibili come la Serbia e il Montenegro. Si fa avanti invece l’Irlanda: «Ne accoglieremo 20-25, la solidarietà europea è importante». Da notare che proprio ieri il papa era in Irlanda, dove ha incontrato anche il premier Leo Varadkar.
L’obiettivo di scardinare il sistema comunitario è dichiarato. Salvini malgrado debba registrare uno stop, è inarrestabile nel dettare la linea del governo gialloverde. «Non voteremo il bilancio della Ue, almeno fino a quando non intervengono sul tema dell’immigrazione», dichiara. Poi illustra il prossimo incontro, martedì, a Milano con il premier ultra nazionalista Orban: «I soldi che gli italiani versano a Bruxelles devono essere usati per difendere i confini esterni, ovunque. Con Orban c’è condivisione, dobbiamo avere un’immigrazione illegale pari a zero». L’unico segnale del presidente del Consiglio Conte sta nei comunicati del Pd e di Leu che ne chiedono a più riprese la convocazione in parlamento: di fronte a una crisi del genere non può continuare a tacere. La richiesta cade nel vuoto.
Conte, che pure avverte i rischi di questa linea di scontro totale con la Ue, che ha già prodotto l’isolamento dell’Italia nella riunione degli sherpa a Bruxelles, non è riuscito a spostare Salvini. E mentre queste «trattative» con «alcuni paesi a noi più vicini» vanno avanti, quasi centocinquanta profughi restano fino a tarda sera a bordo di una nave dove ormai la situazione è insostenibile. Per il Viminale il braccio di ferro con la Ue viene prima di tutto: «Il principio è che non paghino gli italiani». I migranti resteranno però nel territorio nazionale.
In serata, durante lo stesso comizio ai leghisti, Salvini annuncia vuole dare lui la notizia che la fine dell’odissea è imminente. «Ho ritenuto di farli sbarcare». L’esibizione muscolare cerca di coprire la presa d’atto del fallimento. Per dieci giorni infatti Salvini si era impegnato a non far sbarcare i migranti se i paesi europei non avessero accettato di accoglierli. Adesso dice che l’importante è che non stiano in Italia, oppure che stiano in Italia ma a carico delle diocesi. I particolari per l’accoglienza di un centinaio di migranti, dice però il portavoce della Cei, andranno definiti. Le quote di profughi che il Viminale riesce a collocare fuori dall’Europa sono così simboliche. Molti di loro, perché minori o perché in pessime condizioni di salute, non potevano comunque essere deportati. Resta da vedere se e come il ministro dell’interno riuscirà a stracciare altre leggi nazionali e internazionali per impedire ai migranti destinati all’Albania di avanzare la richiesta di asilo.
La richiesta si deve in realtà considerare come già fatta, visto che per il diritto italiano e perfino secondo il manuale di Schengen distribuito alle frontiere, è effettiva nel momento in cui il migrante manifesta la prima volontà di essere protetto. Cosa che a bordo della Diciotti è più volte avvenuta. Per deportarli al di fuori dei confini europei, a meno che non si tratti di persone che accettano l’Albania, Salvini potrebbe provare a impedire la formalizzazione della richiesta.
La dottrina Salvini non è senza conseguenze all’interno della maggioranza. Nuovi parlamentari grillini segnalano il loro disagio, ma soprattutto Di Maio fa diffondere una nota dai capigruppo M5S di camera e senato in cui si prendono le distanze dal vertice di Milano con Orban. «L’incontro di Salvini è esclusivamente politico, non istitituzionale, l’Ungheria non aderisce ai ricollocamenti». Segnali ancora molto timidi. «La prossima nave può fare marcia indietro, adesso basta», conclude il comizio Salvini. Ma ovviamente non può finire così.

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