Coppia
in nero. Isolati in Europa, il premier magiaro e il leghista si alleano in
vista degli scontri a Bruxelles
Carlo Lania - Il manifesto
28 agosto 2018
È un doppio vertice tra esponenti
politici che fanno man bassa di consensi nei propri Paesi ma che sono sempre
più isolati e in difficoltà in Europa. E che proprio per questo sperano di
riuscire ad avere maggiore forza unendosi, anche in vista delle elezioni
europee del prossimo anno.
Si comincia poco dopo mezzogiorno
a Roma, dove a palazzo Chigi il premier Giuseppe Conte riceverà il collega ceco
Adrej Babis con il quale parlerà soprattutto di immigrazione. Nel pomeriggio,
alle 17 in prefettura a Milano, tocca invece al ministro degli Interni Matteo
Salvini fare gli onori di casa al premier ungherese Viktor Orbán, leader dei
sovranisti europei e del gruppo di Visegrad (oltre a Ungheria e repubblica Ceca
ne fanno parte Polonia e Slovacchia) che punta a «riformare» l’Unione europea
togliendo sempre più poteri a Bruxelles. Visita contestatissima dalla piazza,
ma attesa con ansia dal capo politico del Carroccio alla ricerca disperata di
alleati in Europa. Due incontri che invece rischiano di confinare l’Italia
sempre più ai margini dell’Unione europea.
L’attenzione maggiore, anche per
i suoi possibili risvolti politici, è per il vertice milanese. L’atteggiamento
«ricattatorio» con cui il governo giallo verde ha trattato la vicenda dei
migranti della nave Diciotti ha messo fine alla pazienza diplomatica con cui a
Bruxelles si è finora guardato alle intemperanze italiane, specie da parte del
titolare del Viminale. Dall’altro lato l’Ungheria è messa sempre più sotto
pressione dall’Unione europea che contesta la deriva autoritaria imposta da
Orbán al paese. A giugno il parlamento europeo ha chiesto l’apertura di una
procedura di infrazione contro Budapest per violazione dei diritti umani e
delle valori costitutivi dello Stato di diritto. In seguito la Commissione Ue
ha deferito il paese alla Corte europea di giustizia per il modo in cui vengono
trattati i richiedenti asilo e, infine, ha inviato al governo magiaro una
lettera di messa in mora per la cosiddetta legge «anti-Soros» che prevede
sanzioni penali per le Ong che aiutano i migranti. In questa situazione sia
Salvini che Orbán hanno quindi bisogno di spalleggiarsi a vicenda in vista
degli scontri, prevedibilmente duri, che dovranno affrontare già a settembre
nel vertice dei capi di Stato e di governo di Salisburgo.
Difficoltà a parte, ci sono però
molte le cose che uniscono i due. A partire, ovviamente, dalla richiesta di
modificare le politiche europee sull’immigrazione. Entrambi chiedono infatti di
rafforzare i confini esterni dell’Ue impedendo ai migranti di arrivare. Orbán,
con il suo muro costruito ai confini con la Serbia, ha dato l’esempio e vede
nell’Italia l’alleato ideale. «L’Ungheria ha dimostrato che l’immigrazione
clandestina può essere bloccata ai confini terrestri, l’Italia e l’Australia
hanno dimostrato che lo si può fare in mare», ha confermato anche ieri il
ministro degli Esteri ungherese Peter Szijarto. Piccolo particolare: Matteo
Salvini, che non perde occasione per attaccare l’Europa per non aver
ricollocato dall’Italia la quota di richiedenti asilo stabilita nel 2015,
dimentica sempre che l’Ungheria, alla quale ne spettavano appena 1.294, non ne
ha accolto neanche uno.
Ma quello dei migranti non è
l’unico terreno comune. Sia Italia che Ungheria sono infatti favorevoli a un
ridimensionamento dei poteri di Bruxelles e all’abolizione della sanzioni alla
Russia, tema sul quale possono contare sull’appoggio della Bulgaria, del
presidente ceco Milos Zeman, della Slovenia e della Slovacchia, oltre che
dell’estrema destra di Heinz Christian Strache al governo in Austria. Insieme a
una dichiarata avversione per il presidente francese Macron e la cancelliera
tedesca Merkel, che accomuna sia Salvini che Orbán, sono tutti argomenti buoni
per gettare le basi dell’alleanza anti-Ue annunciata da Salvini a Pontida in
vista delle prossime elezioni europee.
A Roma, invece, Conte farà di
tutto per convincere Andrej Babis ad accettare almeno qualcuno dei migranti che
arrivano in Italia. Fatica inutile. Prima di partire il premier ceco ha infatti
ribadito l’indisponibilità di Praga: «Non ne prenderemo neanche uno, né
dall’Italia né da altri luoghi. Il mio governo migranti illegali non ne
prende», ha ribadito ieri Babis. Più interessato, piuttosto, a proporre
all’Italia l’acquisto di droni di produzione ceca per controllare i confini
marittimi in funzione anti-migranti. Su una cosa comunque non ci sono dubbi:
nonostante la propaganda antieuropeista né Orbán né Babis hanno intenzione di
uscire dall’Unione europea, sui cui fondi di coesione fanno affidamento le
economie di entrambi i Paesi. Babis l’ha detto chiaramente ieri attaccando
quanti nel suo Paese parlano di una possibile uscita di Praga dalla Ue: «Se
qualcuno parla di Czexit mette in pericolo il futuro della nazione», ha detto
il premier. Ricordando come «per il periodo 2004-2017 abbiamo ricevuto 700
miliardi di corone (27,9 miliardi di euro) e il nostro prodotto interno lordo è
aumentato del 37 per cento».
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