Annalisa Camilli- Internazionale
Alle 22.30 del 28 agosto il primo
pullman con cinquanta profughi eritrei spunta dalla curva, la via dei Laghi è
una strada panoramica tutta in salita che costeggia il lago di Albano e arriva
fino Rocca di Papa. Il pullman rallenta per fare manovra ed entrare nel centro
di accoglienza Mondo migliore, gestito dalla cooperativa Auxilium, che ospita
già 356 richiedenti asilo di 34 nazionalità. Gli ultimi sono arrivati due mesi
fa. Il centro per qualche giorno ospiterà cento profughi eritrei che sono
sbarcati a Catania dalla nave Diciotti, dopo uno stallo politico che li ha
tenuti bloccati sul ponte della nave per cinque giorni per ordine del ministro
dell’interno Matteo Salvini.
Mentre il bus sta per fermarsi,
dai finestrini si sporgono i passeggeri, tra loro sei donne sedute sui sedili
anteriori. Salutano e sorridono. Davanti a loro sventolano le bandiere italiane
e quelle di CasaPound, che dal pomeriggio ha organizzato un presidio davanti al
centro di accoglienza. I neofascisti cantano l’inno di Mameli e fanno il saluto
fascista, mentre i profughi eritrei salutano e sorridono, pensando che le
bandiere italiane siano davanti al centro per dargli il benvenuto. Dopo il
passaggio del bus, i neofascisti intonano un coro: “Noi vogliamo il blocco
navale”.
Dall’altra parte della strada,
dietro a un cordone dei carabinieri, un gruppo di antifascisti della zona, dal
pomeriggio mostra dei fogli con la scritta: “Welcome”, benvenuto. Volano gli
insulti tra i due gruppi che si fronteggiano da ore. Gli antifascisti accusano CasaPound
di voler strumentalizzare la vicenda dei profughi della Diciotti e rivendicano
di aver impedito già in passato la sepoltura ad Albano di Erich Priebke,
l’ufficiale nazista responsabile dell’eccidio delle Fosse Ardeatine.
Una roccaforte della sinistra
“Volevate fare dei Castelli
romani una nuova Predappio, ma noi ve lo abbiamo impedito”, grida al megafono
Massimiliano Ortu dell’Anpi di Castel Gandolfo, uno dei più agguerriti tra gli
antifascisti, mentre un altro storico rappresentante dell’estrema sinistra dei
Castelli romani Giuseppe Galluzzi ricorda che gli eritrei vengono da un’ex
colonia italiana. “Gli ascari eritrei combatterono nelle truppe coloniali
italiane, dovreste baciare la terra su cui camminano voi che siete fascisti”,
grida.
Tiberio, uno studente di 17 anni
di Genzano, che indossa una maglietta con la scritta Refugees welcome
solidarizza con i profughi: “Questi poveracci hanno fatto un viaggio molto
impegnativo, sono persone che hanno subìto le peggiori violenze e ora dopo più
di dieci ore di pullman trovano persone ignoranti che li contestano. Sono
esseri umani e hanno diritto a essere accolti, al di là della nazionalità”.
Silvana Costantini di Ciampino è
sulla stessa linea: “Queste persone si meritano un benvenuto perché sono state
stritolate da un sistema di potere che per ottenere dei consensi facili ha
giocato sulla loro pelle. Bisogna cominciare a dire ‘Prima gli sfruttati’, non
‘Prima gli italiani’”. Ivanone, detto Bamby, un militante di Marino, pronuncia
in una diretta televisiva la frase destinata a diventare il simbolo della
serata: “‘Sti poracci dopo la traversata, dopo la sosta, dopo dieci ore di
pullman, si devono pure godere ‘sta rottura de cazzo dei fascisti”.
In un’atmosfera che può ricordare
Ferie d’agosto di Paolo Virzì, il clima sembra scivolare verso la commedia, gli
insulti volano da entrambi le parti e si gonfiano di una certa coloritura. A un
certo punto i militanti di CasaPound cominciano a cantare in coro: “Brutti,
brutti”. “Sei brutto”, dicono a un militante antifascista. Dietro l’apparenza
da operetta, si sta giocando uno scontro politico ben più profondo e complesso:
il territorio dei Castelli romani è storicamente una roccaforte della sinistra,
i comitati antifascisti della zona sono tra i più organizzati del Lazio, e le
città della zona hanno avuto un ruolo importante per l’opposizione durante il
fascismo e poi durante la seconda guerra mondiale e la resistenza. Ad Albano tutti ricordano la
figura di Marco Moscati, un partigiano di 24 anni fucilato alle Fosse
Ardeatine. Albano inoltre è la città della divisione Piacenza che ha combattuto
contro le truppe naziste a villa Doria subito dopo l’armistizio. Nei racconti
degli anziani c’è ancora il ricordo di questa storia. Frattocchie, una frazione
di Marino, dal 1944 all’inizio degli anni novanta ha ospitato la scuola di
formazione politica del Partito comunista italiano, dalla quale sono uscite
schiere di dirigenti. A Genzano, il Pci otteneva alle elezioni maggioranze
schiaccianti, ma da qualche anno questa egemonia sembra incrinata.
Il consenso all’estrema destra
In alcune cittadine della zona
come Velletri i neofascisti stanno costruendo consenso proprio sui temi
dell’estrema destra europea, in particolare sull’immigrazione.
Alle elezioni comunali del 2017,
nella città CasaPound ha preso il 9,4 per cento dei voti che gli ha permesso di
eleggere un consigliere comunale, Paolo Felci. Così a Rocca di Papa la
contrapposizione sull’arrivo dei profughi della Diciotti incrocia temi locali e
nazionali. “È facile prendersela con i migranti, con i più poveri, ma il vero
problema è che questo governo non ha fatto ancora niente, non si è occupato né
di lavoro né di niente altro”, spiega Ortu nello stesso giorno in cui il
ministro dell’interno Matteo Salvini incontra il presidente ungherese Viktor
Orbán a Milano.
Prima dell’arrivo dei profughi
nella struttura gestita dalla chiesa, il sindaco di Rocca di Papa, Emanuele
Crestini, è stato attaccato da CasaPound e da alcuni residenti che lo accusano
di aver concesso la disponibilità per l’accoglienza, seppure temporanea, dei
migranti della Diciotti. Tra i manifestanti ci sono i vertici
dell’organizzazione di destra – Davide Di Stefano, Mauro Antonini, Luca
Marsella e diversi altri consiglieri venuti da tutto il Lazio – e il
vicesindaco di Montelibretti, Giuseppe Gioia. Alle 21.30 del 28 agosto, un’ora
prima dell’arrivo del primo pullman, per stemperare la tensione, gli operatori
del centro di accoglienza Mondo migliore distribuiscono pizza con la mortadella
e bottigliette d’acqua ai manifestanti di tutti e due gli schieramenti: “Mi
raccomando”, dice il responsabile, “andate sia da una parte che dall’altra”.
Il giorno successivo, gli
antifascisti hanno convocato un sit-in davanti al centro, e le presenze
triplicano. Alle 18 è tornata anche CasaPound in un nuovo presidio. Ortu è
stato di nuovo in prima linea e ha spiegato che la manifestazione non è stata
organizzata da nessun partito della sinistra: “L’idea era quella di dare un
segnale di benvenuto ai profughi e metterci a disposizione per portare aiuto al
centro. Abbiamo chiesto se servivano vestiti e altri beni di prima necessità.
Ma ci hanno detto che non era necessario. Per noi era importante mostrare che i
profughi non sono mostri e calmare le paure delle persone che li vivono come
una minaccia, ma di fatto non li conoscono e non li incontrano mai”.
Le storie degli eritrei
I cento profughi sono tutti giovani,
molto stanchi e denutriti, spiega Carlotta Sami, portavoce dell’Alto
commissariato delle Nazioni Uniti per i rifugiati (Unhcr) che li ha visitati il
29 agosto. “Hanno affrontato viaggi molto lunghi, durati anni e sono stati
venduti e comprati diverse volte dai trafficanti, le famiglie hanno speso per
ognuno di loro anche diecimila o quindicimila dollari per pagare i
trafficanti”, racconta Sami. Le famiglie, in patria e all’estero, versano
queste somme sotto il ricatto dei trafficanti che minacciano di torturare le
persone che sono nelle loro mani. “Un ragazzo ha raccontato di essere arrivato
in Israele, ma di essere stato espulso dal paese e portato in Ruanda e da lì si
è poi spostato verso l’Uganda fino alla Libia”.
“Un altro ha raccontato di aver
perso sua moglie incinta di tre mesi nel deserto”, racconta Sami. Tutti sono
stati detenuti in Libia. “Alcuni anche per un anno e mezzo: un gruppo è stato
tenuto per moltissimo tempo in un magazzino sotterraneo senza luce e con
pochissimo cibo. Mentre erano in cattività sono nati 16 bambini che dopo
qualche mese sono morti a causa delle condizioni igieniche”, ha aggiunto.
Appena
arrivati a Rocca di Papa, nella notte tra il 28 e il 29 agosto, i profughi sono
stati visitati da un’équipe medica. Secondo i medici nessuno di loro presenta
malattie o condizioni di salute preoccupanti. “L’aspetto più problematico è
quello delle loro condizioni psicologiche”, afferma Sami. “Ma da subito saranno
seguiti da psicologi”, conclude. Al loro arrivo nel centro, i profughi sono
stati accolti dagli altri ospiti della struttura con un lungo applauso di
benvenuto. Poi hanno ricevuto i kit con i beni di prima necessità. “Alcuni
avevano con loro poche cose che erano riusciti miracolosamente a conservare
durante il viaggio, alcune Bibbie, delle croci di legno”, racconta Francesco
Spagnolo, ufficio stampa della Caritas.
La
permanenza nel centro per i cento profughi sarà temporanea e durerà solo pochi
giorni, precisa don Francesco Soddu, direttore della Caritas italiana. “I
profughi saranno velocemente trasferiti in più di venti diocesi italiane che
hanno dato la disponibilità ad accoglierli. L’accoglienza sarà completamente a
carico della Conferenza episcopale italiana (Cei) che ha stanziato fondi per
almeno un anno”.
Questi
soldi provengono dall’8 per mille alla chiesa cattolica versati dai
contribuenti italiani. La competenza dello stato italiano riguarderà
semplicemente le questioni burocratiche che attengono la richiesta di asilo.
“L’accoglienza di cento persone è un’inezia sia per la Caritas sia per questo
centro che è abituato a ben altri numeri, tutti i giorni decine di comunità in
Italia portano avanti un lavoro di integrazione ben più impegnativo”, conclude
Soddu.
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