venerdì 31 agosto 2018

ECONOMIA Un fisco equo contro la diseguaglianza

Redazione Rassegna sindacale
01 Settembre 2018


Tra poche settimane il ministro dell'Economia Tria presenterà la variazione al Documento di economia e finanza, poi sarà il turno della legge di Bilancio. Secondo il contratto tra M5s e Lega, il cuore della politica economica del governo essere la flat tax, una riforma fiscale che annullerebbe la progressività contenuta prevista nella Costituzione. “La teoria della finanza pubblica si basa su due concetti: l'equità orizzontale e l'equità verticale. La prima ha a che vedere con ciò che la nostra Costituzione stabilisce nell'articolo 3, cioè che il calcolo della base imponibile dev’essere uguale per tutti i contribuenti. L'equità verticale rappresenta invece la progressività. Chi ha più disponibilità può sopportare un peso fiscale proporzionalmente maggiore. Non c’è niente di complesso, sono solo regole di buon senso”. Lo ha detto ai microfoni di RadioArticolo1, Vincenzo Visco, economista, già ministro delle Finanze in più governi, uno dei massimi esperti di fisco in Italia.
Il nostro, però, è uno dei paesi in cui le diseguaglianze sono aumentate maggiormente nel corso dei dieci anni di crisi. “Il problema della diseguaglianza è il tema principale dei nostri tempi – conferma Visco –, ma non si può combattere col fisco. Il fisco, infatti, dà un contributo marginale, mentre la diseguaglianza dipende dal rapporto di forza fra capitale e lavoro e dalle posizioni di rendita che si creano nel mercato. Normalmente i mercati non regolati creano diseguaglianza perché, invece di garantire concorrenza, creano monopoli”.
In questa dinamica, il fisco “può solo dare un contributo ex post e limitato”. Ciò che determina una forte riduzione della diseguaglianza è invece “la spesa pubblica di ogni singolo paese, in particolare la spesa sociale”. Quando si parla di taglio delle tasse, pertanto “l’obiettivo è sempre il taglio di settori della spesa pubblica, in particolare della spesa sociale. Lo scontro è su questo non su altro”.
Una riduzione delle tasse, dunque, significa quasi sempre riduzione di servizi e aumento delle diseguaglianze. “È quanto successo negli ultimi dieci anni – spiega ancora l’ex ministro –. L’Italia ha tagliato la spesa pubblica, anche perché ha avuto problemi di debito pubblico, e ha tagliato anche la spesa per l'istruzione e la sanità”. Gli effetti si vedono già: “Molte persone faticano a curarsi e non sono in grado di pagare il ticket”. D'altra parte, bisogna considerare il fatto che la possibilità di avere uno stato sociale “è strettamente legata al livello del reddito e alla capacità produttiva di un paese”. Quindi il problema principale oggi è: come far riprendere un sentiero di crescita all'Italia, che ancora oggi ha un livello di reddito inferiore a quello di dieci anni fa?”.
Eppure una delle priorità del nuovo governo resta la messa in atto della flat tax, che “ovviamente conviene ai ricchi”. Questo, a detta di Visco, “rischia di minare la democrazia.” Il vulnus dell'evasione di massa, poi, “che l'attuale governo sembra voler tollerare se non addirittura proteggere e incentivare”, è un altro problema che “si deve risolvere”. Recuperare l'evasione “si può tradurre in riduzione delle tasse”. Il problema, conclude l’ex ministro, è che “ci sono oggi categorie di cittadini ben note” che subiscono un onere eccessivo e altri che non pagano. “Si tratta di perequare e a quel punto produrre un sistema in cui ci sarebbe maggiore disponibilità di reddito da parte della collettività” e si guadagnerebbe in “efficienza economica”, perché verrebbe meno “la concorrenza sleale derivata dall'evasione”.

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