Redazione Rassegna sindacale
Diversi studi attestano come in
Italia l'occupazione non sia aumentata in modo significativo, mentre è esploso
il lavoro precario e il sommerso, nel frattempo, la povertà e i bassi consumi
la fanno ancora da padroni. I dati provengono dalla Banca centrale, dal Fondo
monetario internazionale e dall'Ocse, e ci dicono anche che nel nostro Paese la
ripresa è cominciata, ma ad avvantaggiarsene sono ancora pochi e sempre gli
stessi. “È una ripresa che si porta dietro le grandi disuguaglianze della
nostra società, non solo nel mercato del lavoro ma anche per quanto riguarda il
reddito e la condizione sociale”. A dirlo, ai microfoni di RadioArticolo1 è
Tania Scacchetti, segretario confederale della Cgil.
“Crescono - ha continuato - gli
strati di vera e propria povertà e le frange più fragili della popolazione. Per
questo diciamo che le politiche e le scelte fatte in questi anni non sono
riuscite ad aggredire il fattore predominante del nostro modello di sviluppo:
la polarizzazione delle disuguaglianze”. Queste difficoltà, tra l'altro, sono
state certificate anche dal recente studio dell'Istituto Tecnè per la
Fondazione Di Vittorio, secondo il quale la fiducia dei cittadini è peggiorata
rispetto a un anno fa. La maggior parte degli intervistati, infatti, pensa che
la propria condizione rimarrà immutata nei prossimi 12 mesi.
“Oltre la retorica della
propaganda – commenta Scacchetti - le persone in carne e ossa, che vivono la
condizione del mercato del lavoro, sono impaurite da quello che vedono. E
osservano all'orizzonte pure un possibile peggioramento. Da un certo punto di
vista, i dati sulla fiducia devono preoccuparci di più rispetto ai singoli dati
economici, perché rendono perfettamente chiaro il fatto che anche dove c'è
ripresa, resta comunque una grande incertezza sul futuro, un marcato senso di
precarietà”.
Per la Cgil, a preoccupare, c'è
anche “una visione della democrazia e un senso dello Stato non particolarmente
forti”, che devono spingere l'organizzazione confederale “in prima linea sia
rispetto alla ricostruzione delle basi della convivenza civile” rifiutando
“ogni ogni forma di fascismo e di l'intolleranza”. Per il sindacato, questa è
“una grande responsabilità per il ruolo che può giocare in questo momento il
mondo del lavoro, la parte sana del paese”.
Un altro punto dolente è il
lavoro sommerso, che coinvolge oltre tre milioni di persone, e che ha come
conseguenze una competizione sleale tra imprese, meno sicurezza, meno salari e
meno contributi fiscali e previdenziali. “Il tema della sicurezza sul lavoro -
ha concluso Scacchetti – deve tornare ad essere una priorità per il nostro
Paese. Il lavoro nero, però, non significa solo meno sicurezza, ma anche
dumping rispetto alle imprese sane, e un effetto negativo sui conti pubblici e
sulla redistribuzione della ricchezza. Oltre che un danno previdenziale e
fiscale per le persone coinvolte, che saranno cittadini più deboli, e
pensionati poveri”. È, questa “una piaga che colpisce non solo le persone
direttamente coinvolte, ma abbatte i vincoli e i livelli di un'economia sana.
Un fenomeno di cui si parla pochissimo, ma che la Cgil denuncia da anni. Anche
questo, però, è frutto di una via bassa allo sviluppo. L'unico modo per uscirne
è riconoscere il lavoro come come lavoro, come una frontiera di dignità.”
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