Intervista.
La pace con l’Etiopia non ha cambiato la situazione in Eritrea dove continuano
gli arresti arbitrari e c’è un servizio militare obbligatorio a tempo
indeterminato
Carlo Lania – Il manifesto
25 agosto 2018
«La pace tra Eritrea ed Etiopia
ha permesso ai due Paesi di riallacciare rapporti economici e diplomatici, ma
non ha cambiato la situazione in Eritrea che resta una dittatura. Per questo
gli eritrei fuggono e per questo hanno tutto il diritto di chiedere asilo in
Italia». Don Mussie Zerai risponde così a Matteo Salvini. Ricordando la tregua
firmata nel luglio scorso tra il primo ministro etiope Abiy Ahmed e il
dittatore eritreo Isaias Afewerki, il ministro degli Interni lo ha citato in
un’intervista parlando degli eritrei che si trovano a bordo della nave
Diciotti, quasi che la pace tra i due Paesi possa ora far cadere i motivi per
una richiesta di protezione internazionale. Eritreo lui stesso (è nato ad
Asmara nel 1975), fondatore dell’agenzia Habesha, il sacerdote è da anni
impegnato nei salvataggi dei migranti che attraversano il Mediterraneo tanto da
essere stato candidato nel 2015 al premio Nobel per la Pace.
Padre
Zerai cosa pensa di quanto sta accadendo a Catania con la nave Diciotti?
E’ una crudeltà che si aggiunge a
tutte le altre che i migranti che si trovano a bordo hanno patito prima di
arrivare in Italia. Usarli come arma di ricatto e di negoziazione politica con
l’Unione europea, come sta facendo il governo italiano, lede la dignità della
persona. Stiamo assistendo a una regressione sul piano civile, giuridico
democratico, politico e umano. Un degrado totale.
A
bordo ci sono moltissimi eritrei che avrebbero diritto a chiedere asilo, ma in
questo modo gli viene negato.
Mi chiedo se siamo ancora in uno
Stato di diritto. Vorrei sapere in base a che cosa queste persone vengono
trattenute. Quale magistrato ha firmato un provvedimento di trattenimento? Rappresentano
un pericolo per la sicurezza, per la la salute pubblica? Queste persone hanno
diritto a chiedere asilo perché fuggono da una dittatura.
Il
ministero Salvini l’ha citata dicendo che lei ha chiesto al governo italiano di
fare la sua parte nel processo di pace tra Eritrea ed Etiopia. Come se la
tregua raggiunta facesse cadere i motivi di una richiesta di protezione
internazionale.
Quando ancora le trattative erano
in corso mi ero appellato all’Italia perché era uno dei paesi garanti nella
trattativa di Algeri per il cessate il fuoco e poi nel successivo trattato di
pace. La pace però finora non ha prodotto nessun effetto sulla popolazione
eritrea. I prigionieri non sono stati rilasciati, i giornali chiusi non sono
statti riaperti. Gli eritrei continuano a fuggire perché in Eritrea manca una
Costituzione che garantisca i diritti e i doveri dei cittadini, c’è un servizio
militare obbligatorio a tempo indeterminato, c’è una continua violazione dei
diritti umani, ci sono arresti arbitrari anche nei confronti delle minoranze
religiose. Non c’è nessun tipo di libertà, né di movimento, né di stampa, né
religiosa. Ecco perché queste persone scappano, e hanno il diritto di chiedere
asilo in base anche alla Costituzione italiana e alla Convenzione di Ginevra. E
hanno il diritto a essere protetti.
Salvini
dice che non li fa sbarcare perché l’Europa non rispetta gli impegni presi.
Il ministro sbaglia, l’Italia
deve essere all’altezza della sua storia e della sua civiltà. Se l’Europa non
fa il suo dovere, non per questo dobbiamo essere trascinati tutti nel baratro.
Qualcuno deve dire basta, ricordare che la nostra tradizione giuridica, umana e
religiosa non permette questo degrado. Invece è sempre più una corsa verso il
baratro. Spero che l’Ue risponda in tempi rapidi risolvendo per sempre la
questione dei porti nei quali far sbarcare i migranti senza assistere ogni
volta a queste sceneggiate. Tenere le persone nelle condizioni i cui si trovano
sulla nave Diciotti è una violazione della Costituzione. Spero che qualcuno
intervenga, a cominciare dal capo dello Stato, dai magistrati, dalla Chiesa e
dalla società civile.
Intanto
Salvini minaccia di riportare i migranti in Libia.
La Libia è stata dichiarata porto
non sicuro non perché manchino le strutture per far attraccare le navi ma
perché non vengono rispettati i diritti umani e non offre garanzie per la vita
delle persone. Spero che quella del ministro sia solo retorica politica e non
si trasformi in un atto concreto. Sarebbe disumano.
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