Umberto Verdat – Striscia rossa
28 agosto 2018
“ Ciao… il latte lo porto io
stasera, dopo il lavoro”.
In quella casa, probabilmente,
non si berrà più latte perchè ricorderà una tragedia un dolore
incommensurabile. Penso sempre a qualcosa del genere quando ho notizia di una
morte sul lavoro. Morire per guadagnarsi da vivere in un’epoca in cui il lavoro
è diventato un lusso.
Tre persone al giorno muoiono sul
lavoro. Se a questi aggiungiamo tutti quelli che a causa delle malattie professionali
muoiono nel tempo abbiamo a che fare con numeri mostruosi.
I dati dell’Inail sulle morti
bianche da gennaio a maggio scorso sono i seguenti
Nei primi cinque mesi del 2018 si
è registrato un aumento di 28 casi mortali (da 320 a 348) nella gestione
Industria e servizi, mentre in Agricoltura i decessi denunciati sono stati otto
in meno (da 43 a 35) e nel Conto Stato sei in meno (da 12 a 6).
L’analisi territoriale evidenzia
un incremento di 19 casi mortali nel Nord-Ovest, di 18 casi nel Nord-Est e di
uno al Centro. Diminuzioni si riscontrano, invece, al Sud (-15 decessi) e nelle
Isole (-9). A livello regionale spiccano i 12 casi in più in Lombardia (da 49 a
61) e Veneto (da 36 a 48) e i 10 in più in Piemonte (da 29 a 39). Cali
significativi si registrano, invece, in Abruzzo (da 25 a 6), teatro nel gennaio
2017 delle tragedie di Rigopiano e Campo Felice, in Puglia (da 24 a 11) e in
Sicilia (da 30 a 18).
Dall’analisi per classi d’età
emerge come una morte su due abbia coinvolto lavoratori di età compresa tra i
50 e i 64 anni, per i quali si registra un incremento tra i due periodi di 30
casi (da 167 a 197). In diminuzione, invece, le denunce che riguardano i
lavoratori tra i 35 e i 49 anni (da 121 a 105). Sostanzialmente stabili le
denunce degli under 34 (da 57 a 59) e degli over 65 (da 28 a 30).
Se non sono vere stragi come la
Eternit o la Thyssenkrupp, queste notizie ormai sono relegate in trafiletti di
giornale, una battuta all’interno dei tg regionali, qualche post sui social. E
cosa si dice, quasi sempre? Incuria del lavoratore, deraglia un treno?… è colpa
del macchinista, tanto è morto e non può dire la sua. Nessuno che verifica se
l’azienda ha mantenuto alta la manutenzione della rete ferroviaria dopo aver tolto
alcune mansioni fondamentali per la sicurezza della stessa. Morire sotto una
lastra di marmo a ventisei anni con un contratto di sei giorni, come è avvenuto
a Carrara la settimana scorsa. Morire cadendo da una impalcatura a Milano, alla
giovane età di settatanni. Da parte del nuovo governo neanche le condoglianze
alla famiglia. Per non parlare di tutti quelli morti dalle esalazioni in varie
aziende sparse per il Paese, quelli morti nei cantieri. C’è l’assuefazione
dell’opinione pubblica, al massimo si scuote la testa dicendo “poveretto”. Ma
quella vita spezzata sta sulla coscienza di noi tutti.
In primo luogo della politica che
in tutti questi anni non è riuscita a creare strumenti di controllo efficaci.
Esistono ancora gli ispettori del lavoro? Se sì che mansioni hanno? Si può
pensare che basta mettere un cartello con il disegnino del casco di protezione,
la scarpa antinfortunio per stare a posto?
Si può pensare a una procura
specializzata sugli infortuni del lavoro e sulle malattie professionali? Una
richiesta in tal senso era stata fatta dal magistrato Raffaele Guariniello
qualche tempo fa, che fine ha fatto?
La sinistra, in tutte le sue
varianti, deve riprendere la bandiera dei diritti e della sicurezza, elaborare
proposte serie con cui impostare una battaglia a 360 gradi in tutto il Paese.
E’ ora che siano i nostri avversari a rincorrerci sulle cose concrete e non
come avvenuto prima con Berlusconi ed ora con Salvini e Di Maio loro a dettare
l’agenda e la sinistra ad assecondarli.
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