giovedì 30 agosto 2018

SINISTRA La piazza dell’accoglienza contro il vertice della Controeuropa


Paolo Soldini – La striscia rossa
31 Agosto 2018

Gli altri dicono che l’immigrazione la vogliono gestire. Noi no, noi la vogliamo fermare. Il discorso è chiaro, il concetto pure. Gli “altri” sono Bruxelles, i francesi, i tedeschi, gli spagnoli, il Papa. “Noi” sono loro, la vecchio-nuova destra che si compiace di chiamarsi sovranista e che ieri con Victor Orbán e Matteo Salvini a Milano ha aperto la campagna per le elezioni di maggio che – dicono – “cambieranno la faccia dell’Europa” perché l’alleanza di tutti i sovranisti travolgerà le sinistre, costringerà i moderati a sottomettersi e a far propri i programmi del populismo trionfante.
Davvero? Le molte migliaia che erano in piazza mentre alla Prefettura la strana coppia si offriva alla curiosità dei giornalisti sembravano dubitarne assai. La manifestazione per l’Europa dell’accoglienza è andata molto meglio delle previsioni ed è arrivata dopo una serie di episodi confortanti: dalla rivolta contro le prepotenze dei leghisti su una spiaggia pugliese alle testimonianze di solidarietà che hanno accompagnato l’assurda prigionia dei migranti sulla Diciotti a Catania allo scacco subìto dal ministro dell’Interno che aveva giurato e spergiurato che mai e poi mai quei migranti sarebbero rimasti in Italia, dove invece più di cento sono rimasti. Altri echi, ben diversi e sinistri, arrivavano ieri dalla Germania, dove a Chemnitz è andata in scena una caccia al migrante che fa inorridire. Per il modo e per il luogo. Anche lì, però, c’è stato un segno di civiltà confortante: la condanna, durissima e chiara, di Angela Merkel.
Lo scontro sarà duro, nei prossimi mesi. A Milano se ne è avuta chiara la percezione, L’ungherese e il padano sono la coppia di punta della Controeuropa che sta dando battaglia all’Europa, ma tutto il fronte è in movimento. Mentre l’ungherese e il padano si scambiavano complimenti (Orbán: “Salvini è il mio eroe”), a Roma Giuseppe Conte riceveva Andreij Babiš, il premier cèco che in patria chiamano il Donald Trump di Praga, e molti lo considerano un complimento. Si può scommettere che anche i polacchi del partito ultrapopulista e xenofobo che è al governo a Varsavia attualmente, il FiS, si faranno presto vivi con gli italiani, I nuovi alleati di Roma hanno, agli occhi loro, un unico difetto, quello di corteggiare Vladimir Putin, perfetto interprete della democrazia illiberale che piace a tutti i populisti, ma pur sempre capo della Russia, la Russia odiatissima dai nazionalisti polacchi.
Ecco una delle tante contraddizioni in seno al sovranismo che dovrebbero smorzare un po’ l’ottimismo dei Salvini e degli Orbán sulla Grande Alleanza delle nuove destre nazionaliste che conquisterà l’Europa. I nazionalismi sono refrattari per natura alle alleanze. Se l’unico valore riconosciuto è l’interesse nazionale: prima gli italiani, prima gli ungheresi, prima i céchi, prima i polacchi, è difficile poi lavorare insieme. In fin dei conti, non è proprio per questo che dopo due guerre che avevano devastato il continente nacque l’idea dell’Europa unita?
Per ora l’alleanza delle destre sovraniste, “la lega delle leghe” come la chiamò tempo fa Salvini, sta cercando almeno qualche tratto di base programmatica comune. Non solo in fatto di immigrazione bloccata e di frontiere che si vorrebbero sbarrate come cinquant’anni fa, quando c’era la cortina di ferro e gli ungheresi e i polacchi e i cèchi e i tedeschi dell’est volevano abbatterli, i muri, e alzarle, le sbarre dei confini. Ma anche in fatto di idealità e immagini di sé: la destra vecchio-nuova è identitaria, si cerca e crede di trovarsi nello sciovinismo d’antan, nelle “radici cristiane” che sono i muri d’una fortezza anch’esse, bastioni contro altre religioni, altre culture, altri modi di concepire la vita, le relazioni, il sesso. E perfino, sentite sentite, in fatto di economia, perché c’è chi è convinto che l’autarchia delle piccole patrie possa creare benessere, e se non ci credete, vi dice Salvini, guardate l’Ungheria che da quando ha mandato a quel paese Bruxelles ha ridotto la disoccupazione e aumentato il PIL. Bello no? Ma c’è un piccolo dettaglio: a Budapest dall’odiata Bruxelles continuano ad arrivare miliardi di euro di fondi strutturali ed è proprio con quei soldi, soldi anche dei contribuenti italiani (soldi nostri direbbero Salvini e Di Maio che fanno i conti della serva su quanto diamo all’Unione e quanto riceviamo), che Orbán e i suoi hanno finanziato una flat tax che fa inorridire gli economisti, lasciato al loro destino fasce di poveri sempre più poveri che non vanno più a votare o votano per la destra ancora più estrema, e finanziato allegre politiche di favori alle clientele che la Banca centrale cercava di contrastare finché non è stata messa brutalmente a tacere e commissariata dal governo.
Sarà davvero molto difficile che la Grande Alleanza della destra sovranista possa costruire un proprio, credibile programma per le elezioni europee. Quel che tenterà sarà probabilmente una guerra di trincea contro Bruxelles, accompagnata dall’idea di costruire un diverso assetto dell’ordine internazionale e dei rapporti in Europa e tra l’Europa e il resto del mondo. Se non sarà stato travolto dagli scandali e dalla propria insipienza, Donald Trump potrebbe essere una buona sponda per i nazional-populisti su questa sponda dell’Atlantico e se i polacchi mettessero a tacere i propri risentimenti storici verso la Russia, anche Vladimir Putin potrebbe essere un buon alleato contro l’Unione europea, Ma per andare dove? Per fare che cosa?

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