Carlo Sandrelli Jobnews
31 Agosto 2018
31 Agosto 2018
Dall’Istat arrivano notizie che non faranno piacere
certamente a Salvini, Di Maio, Tria, i ministri che più si espongono e che
quasi ogni giorno ci fanno sapere quanto sono bravi, come stanno affrontando i
problemi del Paese. In pochi mesi, affermano, dal momento in cui sono state
vinte le elezioni e poi formato il governo gialloverde, abbiamo lavorato tanto,
mantenendo le promesse fatte in campagna elettorale. I potenti staff della
comunicazione di cui si sono dotati, soldi pubblici, dei contribuenti, in particolare
Di Maio e Salvini, sono solo capaci a vendere bene la politica dei loro capi,
ma questo non ha niente a che vedere con la parola informazione, anzi è proprio
la disinformazione l’arma che usano. Capita così, per esempio, che nei sondaggi
sui migranti, gli sbarchi, Salvini e Di Maio, se la cavano bene. Hanno come
punto di forza il fatto che sono “diversi”, neri, che rubano il lavoro ai
giovani italiani, che rubano, stuprano, ma questo lo fa anche qualche italiano,
vedi allievi della scuola di polizia. Ma quando si tratta di problemi
economici, sui quali i sondaggisti non si esercitano, le cose cambiano. I
potenti staff della comunicazione non sfondano, non possono cambiare i numeri
reali. Al più, un vecchio vizio dell’Istat è che la precedenza nelle statistiche
cade sulla occupazione a quanti sono i nuovi lavoratori in generale, poi ti
dicono che di questi la maggior parte sono precari. Difficile barare, anche se
ci provano, con statistiche come quelle che riguardano la fiducia dei
cittadini. Oppure con i dati economici che vengono resi noti da organizzazioni
internazionali, vedi Ocse.
Una forte delusione per il governo e Di Maio in
particolare
Avviene così che
proprio una delle statistiche che più premono ai personaggi che
governano, provvisoriamente speriamo, il paese, diano una forte delusione in
particolare al Di Maio, lanciato più che mai a raccontare le tante meraviglie
che ci riserva il contratto siglato da Lega e M5S. Il vicepremier e ministro
dello Sviluppo economico e del Lavoro ci racconta delle meravigliose iniziative
che sono in cantiere, già pronte, leggi reddito di cittadinanza, flat tax,
riforma della legge Fornero. Arrivando addirittura a far sapere a quelli della
Commissione europea che lui e il governo
non hanno alcun timore a superare il tetto del 3% di deficit. Dalla
Cina, uno che di economia se ne intende, il ministro Tria gli fa sapere che non
è proprio il caso. Fra parentesi non si capisce come il Di Maio sia arrivato a
quei dicasteri, visto che ogni qualvolta parla di problemi economici ci scappa
la gaffe. Forse non conosce proprio la materia. Vediamo. Proprio nel giorno in
cui l’Istat rende noto che il clima di
fiducia di famiglie e imprese ad agosto sta peggiorando, lui trilla. Istat fa sapere che tale fiducia per quanto riguarda
i consumatori è scesa da 116,2 di luglio a 115,2; mentre l’indice composito del
clima di fiducia delle imprese è passato da 105,3 a 103,8. La flessione
dell’indice di fiducia dei consumatori è dovuta principalmente al
deterioramento della componente economica (da 141,3 a 136,6), mentre quella
personale aumenta per il secondo mese consecutivo passando da 107,8 a 108,5. Un
calo contenuto caratterizza sia il clima corrente (da 113,3 a 112,8) che quello
futuro (da 120,9 a 119,3). Con riferimento alle imprese, il clima di fiducia –
sottolinea Istat – registra una dinamica negativa più accentuata nel settore
manifatturiero (da 106,7 a 104,8) e nei servizi (da 105,9 a 104,7) rispetto
alle costruzioni (da 139,9 a 139,3); in controtendenza il commercio al dettaglio
dove l’indice aumenta da 102,7 a 104,2. “Nei settori produttivi, oltre alla
flessione registrata per l’industria manifatturiera – nota l’Istat – è da
rilevare come l’indice di fiducia dei servizi, in calo rispetto a luglio, si
attesti al di sotto del livello medio registrato nell’ultimo semestre del 2017,
pur mantenendo un livello storicamente elevato. Interessanti sono le componenti
dei climi di fiducia:
– nel comparto manifatturiero peggiorano sia i
giudizi sugli ordini sia le attese sulla produzione; le scorte sono giudicate
in accumulo rispetto al mese scorso;
– nel settore delle costruzioni, si registra un
nuovo peggioramento dei giudizi sugli ordini mentre le aspettative
sull’occupazione sono in aumento;
– con riferimento al settore dei servizi, la diminuzione
dell’indice di fiducia riflette una dinamica negativa dei giudizi
sull’andamento degli affari e delle attese sugli ordini.
Per quanto riguarda il commercio al dettaglio,
l’aumento dell’indice di fiducia è caratterizzato da un miglioramento dei giudizi
sulle vendite diffuso ad entrambi i circuiti distributivi analizzati (grande
distribuzione e distribuzione tradizionale); il saldo delle scorte di magazzino
è in diminuzione e le aspettative sulle vendite future sono in peggioramento.
Mancano solide
basi per la ripresa. Preoccupante stato di salute dell’economia
“Mancano ancora basi solide su cui fondare la
ripresa, manovre che abbiano carattere strutturale e guardino al medio-lungo
periodo. Per distrarre gli italiani da questa situazione – afferma Federconsumatori
– oggi si parla solo di migranti, si paventano minacce provenienti dall’esterno
per distogliere lo sguardo da quella che è la vera, allarmante, tragedia del
nostro Paese: la crescita delle disuguaglianze e l’avanzare della povertà”.
“Sarebbe ora che il governo, abbandonati gli slogan da campagna elettorale, si
metta concretamente al lavoro per contrastare attivamente questa tendenza,
avviando politiche per la redistribuzione dei redditi e per il rilancio di
un’occupazione stabile e di qualità”, sottolinea l’associazione. L’Ufficio
studi di Confcommercio afferma che il
ridimensionamento della fiducia “rappresenta un altro indizio preoccupante
sullo stato di salute dell’economia”. “Soprattutto sul versante
imprenditoriale, nel quale la dinamica della fiducia è correlata a quella
dell’attività economica, le percezioni – si legge in una nota – testimoniano un
rallentamento della produzione e, in particolare nell’ambito manifatturiero,
emergono segnali di accumulo di scorte. Molto negative restano le valutazioni
attuali e le attese nel piccolo commercio al dettaglio”.
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