venerdì 31 agosto 2018

LAVORO MINORILE IN ITALIA - DATI E NUMERI PER UNA PRIMA ANALISI QUANTITATIVA


Lavoro minorile: le testimonianze

La storia di S. 18 anni
Ho fatto diversi lavori e ho iniziato da piccolo. La mia prima esperienza è stata a 15 anni. Ho lavorato come aiuto pizzaiolo. L’ho fatto per imparare il mestiere e per avere dei soldi miei, non volevo chiederli ai miei genitori. Ho lavorato per circa un anno. Ci andavo tutti i giorni, tranne il lunedì. Iniziavo verso le 15.00 e finivo verso mezzanotte. Mi davano circa 10 euro al giorno. All’inizio mi sono trovato bene con il mio capo, ma poi i rapporti sono diventati più duri, vedevo che si sedeva tranquillamente mentre io lavoravo.. dovevo fare tutto io e se mi sedevo 10 minuti dava fastidio. Alla fine me ne sono andato, ho litigato, mi sentivo usato, ho chiesto anche l’aumento ma mi hanno detto di no. Lo capivo che ero sfruttato. In estate quando lavoravo, davanti al forno c’erano 40 gradi! Mi ricordo che prendevo l’acqua ghiacciata dal freezer e me la buttavo addosso, dopo 2 secondi ero asciutto. Però mi è servita come esperienza, perché ho capito cosa vuol dire guadagnarsi dei soldi, che faticando i soldi che guadagni non è la stessa cosa di quando te li danno. Quando spendi, quando esci, ti rendi conto di quanto valgano. Dopo, tra i 15 e i 16 anni, ho iniziato a lavorare con un parente, come parrucchiere. Mi dava qualcosa anche se non facevo molto. Andavo ogni giorno, ma solo il pomeriggio, così avevo il tempo di andare a scuola la mattina. Verso i 17 anni ho iniziato a lavorare con mio padre nel commercio. Mi piaceva moltissimo, ho viaggiato e visto altri Paesi. Mi pagavano bene e mensilmente. Poi ho smesso perché mi hanno arrestato con l’imputazione di rapina. Mi hanno dato una pena molto severa, non me l’aspettavo, c’è stato un equivoco.. La prima volta che ho lasciato la scuola avevo 15 anni. Ho fatto male, è stato un errore. Forse se avessi continuato magari non avrei fatto casini…non so. Allora mio padre mi ha detto “o te ne vai a scuola o lavori”. E così mi sono messo a cercare lavoro e ho iniziato a fare il pizzaiolo. Quando è andata male come pizzaiolo, ho ripreso la scuola, ho fatto altri due anni, ma poi l’ho lasciata di nuovo.. La scuola comunque mi piaceva, se potessi ci riandrei. La scuola, non te ne rendi conto fino a quando ci vai, è molto importante. Impari anche sulla vita, come comportarti con le persone. L’ho lasciata perché pensavo che non mi serviva, ma non è così invece… Quando finirà la misura penale voglio lavorare e continuare nel settore del commercio. Questo lavoro è stato importantissimo per la mia vita. Se fai una cosa che ti piace e ti fa sentire bene, il lavoro ti apre la mente, ti migliora come persona e ti cambia la vita! (…). Altrimenti non lo fai bene e magari a qualcuno può capitare di fare casini, perché si trova male o non guadagna abbastanza, anche se nel mio caso è stato diverso... 
I. oggi ha 18 anni
Sono nato in Italia, ho iniziato a lavorare con mio padre quando avevo quasi 14 anni. Mio padre lavorava nel campo dell’edilizia e io lo aiutavo come muratore. Più o meno, lavoravo tutto il giorno. Non mi piaceva molto, un lavoro così è pesante, faticoso e fai pure pochi soldi, non si guadagna tanto. La scuola non mi piaceva, mi annoiavo e non ci andavo. A quel punto i miei genitori mi hanno detto di andare a lavorare.. Quando inizi a lavorare così piccolo ti rendi conto che per fare i soldi ti fai il “mazzo” e quindi cerchi modi per fare tanti soldi in poco tempo (…), cerchi un modo per fare più soldi. Così cominci a fare casini, vai a rubare e a spacciare. Ti dici “faccio quest’altro, è più facile, è guadagno di più!”. Se non ci sono lavori migliori qualche cosa bisogna inventarsela. Mi servivano soldi, non volevo chiederli. I soldi servono anche per gli “sfizi”, per uscire con le ragazze, per comprami le scarpe e le sigarette. Nessuno vuole le scarpe del mercato. E quindi ho cominciato a fare casini (…). Ma neanche spacciare è facile. Anche questo è un lavoro. Si fanno i debiti, ti danno la roba in anticipo, poi se ci rientri bene, altrimenti lavori gratis o ci vai sotto! Poi però mi hanno arrestato. Adesso sono in messa alla prova. Quando esco spero di trovare un lavoro, uno serio, di essere impegnato in qualche cosa, altrimenti se non trovo niente e non ho soldi, finisce che rientro

Indagine a cura di save the children (2014)

I minori intervistati
I giovani coinvolti nell’indagine quantitativa sono minori che per diverse ragioni sono stati intercettati dal circuito della giustizia minorile. Si tratta di ragazzi e ragazze dai 14 anni di età fino ad essere poco più che maggiorenni. La rilevazione ha comunque riguardato le loro esperienze di lavoro da prima degli 11 anni ai 16. Sono per lo più ragazzi di genere maschile (92%), che effettivamente compongono la quasi totalità dell’universo dei minori del circuito penale. Il 32% (232 minori) degli intervistati è di origine straniera.

Le esperienze di lavoro precoce
Si attesta al 66%la quota dei minori del circuito della giustizia minorile coinvolti nell’indagine che ha svolto attività lavorative precoci. Nel 73% dei casi si tratta di giovani italiani; mentre il restante 27% è rappresentato per lo più da ragazzi di origine straniera, nati in Italia o arrivati in diverse fasce di età.
I minori di origine straniera che hanno avuto esperienze di lavoro precoce in Italia provengono soprattutto dall’Europa (paesi UE e non) e dall’Africa. In particolare, nel primo caso si tratta di minori di origine rumena e albanese; mentre nel secondo caso sono maggiormente presenti i minori che provengono da: Egitto, Marocco e Tunisia.
Dalle interviste è emerso con chiarezza che la maggior parte degli intervistati (più del 60%) ha svolto attività di lavoro precoce tra i 14 e i 15 anni. Tuttavia, più del 40% ha avuto esperienze lavorative al di sotto dei 13 anni e – dato allarmante – circa l’11% ha svolto delle attività persino prima degli 11 anni. 
Se leggiamo questi primi dati in relazione alla carriera scolastica degli stessi minori intervistati, emerge con chiarezza come il coinvolgimento precoce in attività lavorative abbia una forte relazione anche con i percorsi accidentati e difficili. Se, infatti, si tengono presenti le forme più visibili ed estreme della dispersione scolastica (quali le bocciature e l’abbandono) si ha che già dalle elementari il 12% dei minori che hanno avuto esperienze di lavoro precoce hanno abbandonato la scuola o sono stati bocciati una o più volte. La percentuale sale notevolmente nella scuola media, fino a raggiungere il 56%. Se inoltre si tiene conto che la maggior parte dei minori del circuito della giustizia minorile ha un diploma di scuola media inferiore, è significativo anche l’11% di quanti hanno deciso di interrompere la frequenza alle scuole superiori.
Il rapporto con la scuola è vissuto in modo estremamente conflittuale, anche perché non di rado i minori che svolgono attività di lavoro precoce non hanno tempo per approfondire i loro studi e in alcuni casi gli stessi impegni di lavoro impediscono ai minori di frequentare con regolarità la scuola. Per la maggior parte degli intervistati, infatti, la scuola non piace perché detta regole e orari, tuttavia in realtà i minori interrogati anche su cosa sia piacevole della scuola rispondono certamente lo stare con gli amici, ma anche studiare (in senso generale o più specificatamente fare laboratori pratici o seguire le lezioni delle materie scientifiche). Non c’è quindi un’avversione totale, come spesso vorrebbe l’idea comune: ‘non ti piace la scuola, quindi vai a lavorare’. Si intraprendono delle possibili attività lavorative per tanti motivi diversi. La scuola è fuori dubbio vissuta con difficoltà, tanto da arrivare – in taluni casi - a sentimenti veri e propri di insofferenza, ma non è l’idea in sé dello studio ad allontanare i minori, che in realtà sono curiosi di conoscere, non trovano però risposte adeguate a un vissuto personale complesso e a una tale precarietà lavorativa che svilisce l’idea stessa della necessità di una formazione.

Le attività lavorative dei minori
Nel 66% dei casi i minori hanno svolto attività di lavoro precoce per fare fronte alle proprie spese personali, tuttavia poco più del 40% ha invece affermato di avere lavorato anche per aiutare la propria famiglia. Nella maggiore parte dei casi (90%) i minori affermano che i propri genitori erano d’accordo con la loro scelta di iniziare delle attività lavorative. I lavori svolti sono sempre poco qualificanti e precari. Diversamente da quanto è stato raccolto nelle precedenti indagini relative al lavoro precoce in Italia (vd. la già citata ricerca Game Over di Save the Children e Ass. Bruno Trentin) è interessante notare che i giovani della giustizia minorile che hanno avuto esperienze di lavoro, le hanno svolte al di fuori del contesto familiare: il 21% ha lavorato per i propri genitori, il 18% per dei familiari, ma ben il 60% per altre persone.
I settori principali di impiego sono: il settore della ristorazione (21%) - bar, ristoranti, alberghi, pasticcerie, panifici, ecc.; le attività di vendita ( 17%) - negozi, mercati generali, vendita ambulante; le attività in cantiere (11%) – come manovali, imbianchini, carpentieri, ecc.; le attività in campagna(10%) - che includono l’aiuto sia nella coltivazione (raccolta, lavori come bracciante, ecc.), sia nel lavoro con gli animali (allevamento, maneggio).
Seguono, poi, tutti quei lavori che si svolgono presso le officine meccaniche e i distributori di benzina (9%), le attività artigianali (5%), il lavoro in fabbrica (3%), le consegne a domicilio (2%) e solo una percentuale residuale svolge le proprie attività lavorative in casa per aiutare la famiglia nel proprio lavoro o nella cura di fratelli più piccoli o parenti in difficoltà.
Tenendo presente una serie di informazioni raccolte incrociando più domande, anche in questo caso si ribaltano le statistiche sul lavoro minorile in generale. Se, infatti, le stime sul totale della popolazione compresa tra i 14 e i 15 anni dedita ad attività di lavoro precoci individuano nelle forme occasionali le partecipazioni lavorative dei giovanissimi; nel caso dei minori del circuito penale emerge come le loro attività di lavoro precoce siano svolte più o meno tutti i giorni (71%) e nell’88% dei casi si distendono nella fascia oraria diurna (tra le ore 6 e le ore 20). Inoltre, il 43% lavora più di 7 ore continuative al giorno e circa il 38% svolge le proprie attività per un numero di ore comprese tra 4 e 7.

Condizioni familiari 
Quasi il 63% degli intervistati vive con i propri genitori; circa il 24% solo con la madre. Per il 3,6% si tratta di ragazzi e ragazze senza fissa dimora. Le famiglie sono per lo più numerose (questo è vero non solo per chi ha avuto esperienze lavorative precoci, ma per tutti i minori coinvolti nell’indagine): più del 40% ha, infatti, 3 o più fratelli/sorelle.
Non si tratta necessariamente di famiglie a basso reddito, sebbene la povertà economica e culturale sia un dato rilevante. Non necessariamente, poi, altri membri della famiglia hanno o hanno avuto condizioni penali pendenti. Anche in questo caso, i dati non si discostano molto tra i minori che non hanno avuto esperienze di lavoro precoce e quelli che al contrario hanno svolto attività lavorative. È solo leggermente più alta la percentuale relativa alle possibili condizioni penali dei padri (23,5% per quanti non hanno mai avuto esperienze di lavoro precoce, 31,5% per gli altri).

Tipi di reati
Ai minori con esperienze di lavoro precoce coinvolti nell’indagine sono contestati per lo più reati contro il patrimonio (54,5%), seguono quelli contro la persona (12,7%), contro l’incolumità (9%) e le istituzioni (6%). Il 17% dei reati può essere ascritto ad altre forme. Evidentemente, per diversi minori le contestazioni non riguardano un solo settore di reato, capita ad esempio che al reato contro il patrimonio se ne sommi uno contro la persona. I reati più frequenti tra quelli contro il patrimonio sono il furto e la rapina; mentre tra i reati contro la persona i ricorrenti sono quelli relativi alle lesioni volontarie. La maggior parte dei minori afferma di avere iniziato le proprie azioni illecite tra i 12 e i 15: il biennio più delicato risulta essere senza dubbio quello tra i 14 e i 15, periodo nel quale si acutizzano le forme più evidenti della dispersione scolastica (bocciature e abbandoni).

Esperienze di sfruttamento: primi dati di riflessione
Come è noto, non esiste ad oggi un catalogo dei lavori più pericolosi svolti dai minori, non è quindi semplice identificare un’eventuale area di rischio di sfruttamento. Tuttavia, come nelle precedenti indagini, si è deciso di considerare ‘a rischio’ sfruttamento lavorativo quei ragazzi che: lavorano in fasce orarie serali o notturne (dopo le 20.00); e/o svolgono un lavoro continuativo (che interferisca con almeno due delle seguenti condizioni: interruzione della scuola, minore rendimento scolastico, minore tempo a disposizione per il divertimento con gli amici e per riposare; o ancora che lo stesso lavoro venga definito moderatamente pericoloso). Date queste condizioni si stima che almeno il 10% dei minori intervistati è stato coinvolto in un’attività definibile ‘a rischio di sfruttamento’. Si tratta di un dato certamente sottostimato, soprattutto se teniamo presente che – come già evidenziato – il 70% dei minori coinvolti nell’indagine dichiarano di avere lavorato più o meno tutti i giorni e più del 40% ha lavorato continuamente più di 7 ore.

Il futuro

Dai dati emersi nell’analisi qualitativa sarà maggiormente evidente come i giovani inseriti nel circuito della giustizia minorile abbiano difficoltà ad avere dei sogni, dei desideri da realizzare nel futuro. Al di là delle esperienze di lavoro pregresse, per la maggior parte degli intervistati il lavoro rimane comunque una possibilità per evitare forme di recidiva: l’89% ritiene infatti che il lavoro – a certe condizioni – possa aiutare nel percorso di reinserimento sociale.
Tuttavia per fare sì che questo sia possibile, occorrono – ad opinione dei giovani intervistati – una serie di importanti caratteristiche. Il lavoro deve prevedere una giusta paga, deve essere stabile e rendere autonomi. Per alcuni (soprattutto per chi ha già avuto esperienze pregresse) dove avere un contratto e magari – laddove possibile – sarebbe utile potere fare riferimento a un adulto affidabile.

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