Lavoro minorile: le testimonianze
La storia di S. 18 anni
Ho fatto diversi lavori e ho
iniziato da piccolo. La mia prima esperienza è stata a 15 anni. Ho lavorato
come aiuto pizzaiolo. L’ho fatto per imparare il mestiere e per avere dei soldi
miei, non volevo chiederli ai miei genitori. Ho lavorato per circa un anno. Ci
andavo tutti i giorni, tranne il lunedì. Iniziavo verso le 15.00 e finivo verso
mezzanotte. Mi davano circa 10 euro al giorno. All’inizio mi sono trovato bene
con il mio capo, ma poi i rapporti sono diventati più duri, vedevo che si
sedeva tranquillamente mentre io lavoravo.. dovevo fare tutto io e se mi sedevo
10 minuti dava fastidio. Alla fine me ne sono andato, ho litigato, mi sentivo
usato, ho chiesto anche l’aumento ma mi hanno detto di no. Lo capivo che ero
sfruttato. In estate quando lavoravo, davanti al forno c’erano 40 gradi! Mi
ricordo che prendevo l’acqua ghiacciata dal freezer e me la buttavo addosso,
dopo 2 secondi ero asciutto. Però mi è servita come esperienza, perché ho
capito cosa vuol dire guadagnarsi dei soldi, che faticando i soldi che guadagni
non è la stessa cosa di quando te li danno. Quando spendi, quando esci, ti
rendi conto di quanto valgano. Dopo, tra i 15 e i 16 anni, ho iniziato a
lavorare con un parente, come parrucchiere. Mi dava qualcosa anche se non
facevo molto. Andavo ogni giorno, ma solo il pomeriggio, così avevo il tempo di
andare a scuola la mattina. Verso i 17 anni ho iniziato a lavorare con mio
padre nel commercio. Mi piaceva moltissimo, ho viaggiato e visto altri Paesi.
Mi pagavano bene e mensilmente. Poi ho smesso perché mi hanno arrestato con
l’imputazione di rapina. Mi hanno dato una pena molto severa, non me
l’aspettavo, c’è stato un equivoco.. La prima volta che ho lasciato la scuola
avevo 15 anni. Ho fatto male, è stato un errore. Forse se avessi continuato
magari non avrei fatto casini…non so. Allora mio padre mi ha detto “o te ne vai
a scuola o lavori”. E così mi sono messo a cercare lavoro e ho iniziato a fare
il pizzaiolo. Quando è andata male come pizzaiolo, ho ripreso la scuola, ho
fatto altri due anni, ma poi l’ho lasciata di nuovo.. La scuola comunque mi
piaceva, se potessi ci riandrei. La scuola, non te ne rendi conto fino a quando
ci vai, è molto importante. Impari anche sulla vita, come comportarti con le
persone. L’ho lasciata perché pensavo che non mi serviva, ma non è così invece…
Quando finirà la misura penale voglio lavorare e continuare nel settore del
commercio. Questo lavoro è stato importantissimo per la mia vita. Se fai una
cosa che ti piace e ti fa sentire bene, il lavoro ti apre la mente, ti migliora
come persona e ti cambia la vita! (…). Altrimenti non lo fai bene e magari a
qualcuno può capitare di fare casini, perché si trova male o non guadagna
abbastanza, anche se nel mio caso è stato diverso...
I. oggi ha 18 anni
Sono nato in Italia, ho iniziato
a lavorare con mio padre quando avevo quasi 14 anni. Mio padre lavorava nel
campo dell’edilizia e io lo aiutavo come muratore. Più o meno, lavoravo tutto
il giorno. Non mi piaceva molto, un lavoro così è pesante, faticoso e fai pure
pochi soldi, non si guadagna tanto. La scuola non mi piaceva, mi annoiavo e non
ci andavo. A quel punto i miei genitori mi hanno detto di andare a lavorare..
Quando inizi a lavorare così piccolo ti rendi conto che per fare i soldi ti fai
il “mazzo” e quindi cerchi modi per fare tanti soldi in poco tempo (…), cerchi
un modo per fare più soldi. Così cominci a fare casini, vai a rubare e a
spacciare. Ti dici “faccio quest’altro, è più facile, è guadagno di più!”. Se
non ci sono lavori migliori qualche cosa bisogna inventarsela. Mi servivano
soldi, non volevo chiederli. I soldi servono anche per gli “sfizi”, per uscire
con le ragazze, per comprami le scarpe e le sigarette. Nessuno vuole le scarpe
del mercato. E quindi ho cominciato a fare casini (…). Ma neanche spacciare è
facile. Anche questo è un lavoro. Si fanno i debiti, ti danno la roba in
anticipo, poi se ci rientri bene, altrimenti lavori gratis o ci vai sotto! Poi
però mi hanno arrestato. Adesso sono in messa alla prova. Quando esco spero di
trovare un lavoro, uno serio, di essere impegnato in qualche cosa, altrimenti
se non trovo niente e non ho soldi, finisce che rientro
Indagine a cura di save the children (2014)
I minori intervistati
I giovani coinvolti nell’indagine
quantitativa sono minori che per diverse ragioni sono stati intercettati dal
circuito della giustizia minorile. Si tratta di ragazzi e ragazze dai 14 anni
di età fino ad essere poco più che maggiorenni. La rilevazione ha comunque
riguardato le loro esperienze di lavoro da prima degli 11 anni ai 16. Sono per
lo più ragazzi di genere maschile (92%), che effettivamente compongono la quasi
totalità dell’universo dei minori del circuito penale. Il 32% (232 minori)
degli intervistati è di origine straniera.
Le esperienze di lavoro precoce
Si attesta al 66%la quota dei
minori del circuito della giustizia minorile coinvolti nell’indagine che ha
svolto attività lavorative precoci. Nel 73% dei casi si tratta di giovani
italiani; mentre il restante 27% è rappresentato per lo più da ragazzi di
origine straniera, nati in Italia o arrivati in diverse fasce di età.
I minori di origine straniera che
hanno avuto esperienze di lavoro precoce in Italia provengono soprattutto
dall’Europa (paesi UE e non) e dall’Africa. In particolare, nel primo caso si
tratta di minori di origine rumena e albanese; mentre nel secondo caso sono
maggiormente presenti i minori che provengono da: Egitto, Marocco e Tunisia.
Dalle interviste è emerso con
chiarezza che la maggior parte degli intervistati (più del 60%) ha svolto
attività di lavoro precoce tra i 14 e i 15 anni. Tuttavia, più del 40% ha avuto
esperienze lavorative al di sotto dei 13 anni e – dato allarmante – circa l’11%
ha svolto delle attività persino prima degli 11 anni.
Se leggiamo questi primi dati in
relazione alla carriera scolastica degli stessi minori intervistati, emerge con
chiarezza come il coinvolgimento precoce in attività lavorative abbia una forte
relazione anche con i percorsi accidentati e difficili. Se, infatti, si tengono
presenti le forme più visibili ed estreme della dispersione scolastica (quali
le bocciature e l’abbandono) si ha che già dalle elementari il 12% dei minori
che hanno avuto esperienze di lavoro precoce hanno abbandonato la scuola o sono
stati bocciati una o più volte. La percentuale sale notevolmente nella scuola
media, fino a raggiungere il 56%. Se inoltre si tiene conto che la maggior
parte dei minori del circuito della giustizia minorile ha un diploma di scuola
media inferiore, è significativo anche l’11% di quanti hanno deciso di
interrompere la frequenza alle scuole superiori.
Il rapporto con la scuola è
vissuto in modo estremamente conflittuale, anche perché non di rado i minori
che svolgono attività di lavoro precoce non hanno tempo per approfondire i loro
studi e in alcuni casi gli stessi impegni di lavoro impediscono ai minori di
frequentare con regolarità la scuola. Per la maggior parte degli intervistati,
infatti, la scuola non piace perché detta regole e orari, tuttavia in realtà i
minori interrogati anche su cosa sia piacevole della scuola rispondono
certamente lo stare con gli amici, ma anche studiare (in senso generale o più
specificatamente fare laboratori pratici o seguire le lezioni delle materie
scientifiche). Non c’è quindi un’avversione totale, come spesso vorrebbe l’idea
comune: ‘non ti piace la scuola, quindi vai a lavorare’. Si intraprendono delle
possibili attività lavorative per tanti motivi diversi. La scuola è fuori
dubbio vissuta con difficoltà, tanto da arrivare – in taluni casi - a
sentimenti veri e propri di insofferenza, ma non è l’idea in sé dello studio ad
allontanare i minori, che in realtà sono curiosi di conoscere, non trovano però
risposte adeguate a un vissuto personale complesso e a una tale precarietà
lavorativa che svilisce l’idea stessa della necessità di una formazione.
Le attività lavorative dei minori
Nel 66% dei casi i minori hanno
svolto attività di lavoro precoce per fare fronte alle proprie spese personali,
tuttavia poco più del 40% ha invece affermato di avere lavorato anche per
aiutare la propria famiglia. Nella maggiore parte dei casi (90%) i minori
affermano che i propri genitori erano d’accordo con la loro scelta di iniziare
delle attività lavorative. I lavori svolti sono sempre poco qualificanti e
precari. Diversamente da quanto è stato raccolto nelle precedenti indagini
relative al lavoro precoce in Italia (vd. la già citata ricerca Game Over di
Save the Children e Ass. Bruno Trentin) è interessante notare che i giovani
della giustizia minorile che hanno avuto esperienze di lavoro, le hanno svolte
al di fuori del contesto familiare: il 21% ha lavorato per i propri genitori,
il 18% per dei familiari, ma ben il 60% per altre persone.
I settori principali di impiego
sono: il settore della ristorazione (21%) - bar, ristoranti, alberghi,
pasticcerie, panifici, ecc.; le attività di vendita ( 17%) - negozi, mercati
generali, vendita ambulante; le attività in cantiere (11%) – come manovali,
imbianchini, carpentieri, ecc.; le attività in campagna(10%) - che includono
l’aiuto sia nella coltivazione (raccolta, lavori come bracciante, ecc.), sia
nel lavoro con gli animali (allevamento, maneggio).
Seguono, poi, tutti quei lavori
che si svolgono presso le officine meccaniche e i distributori di benzina (9%),
le attività artigianali (5%), il lavoro in fabbrica (3%), le consegne a
domicilio (2%) e solo una percentuale residuale svolge le proprie attività
lavorative in casa per aiutare la famiglia nel proprio lavoro o nella cura di
fratelli più piccoli o parenti in difficoltà.
Tenendo presente una serie di
informazioni raccolte incrociando più domande, anche in questo caso si
ribaltano le statistiche sul lavoro minorile in generale. Se, infatti, le stime
sul totale della popolazione compresa tra i 14 e i 15 anni dedita ad attività
di lavoro precoci individuano nelle forme occasionali le partecipazioni
lavorative dei giovanissimi; nel caso dei minori del circuito penale emerge
come le loro attività di lavoro precoce siano svolte più o meno tutti i giorni
(71%) e nell’88% dei casi si distendono nella fascia oraria diurna (tra le ore
6 e le ore 20). Inoltre, il 43% lavora più di 7 ore continuative al giorno e
circa il 38% svolge le proprie attività per un numero di ore comprese tra 4 e
7.
Condizioni familiari
Quasi il 63% degli intervistati
vive con i propri genitori; circa il 24% solo con la madre. Per il 3,6% si
tratta di ragazzi e ragazze senza fissa dimora. Le famiglie sono per lo più
numerose (questo è vero non solo per chi ha avuto esperienze lavorative
precoci, ma per tutti i minori coinvolti nell’indagine): più del 40% ha,
infatti, 3 o più fratelli/sorelle.
Non si tratta necessariamente di
famiglie a basso reddito, sebbene la povertà economica e culturale sia un dato
rilevante. Non necessariamente, poi, altri membri della famiglia hanno o hanno
avuto condizioni penali pendenti. Anche in questo caso, i dati non si
discostano molto tra i minori che non hanno avuto esperienze di lavoro precoce
e quelli che al contrario hanno svolto attività lavorative. È solo leggermente
più alta la percentuale relativa alle possibili condizioni penali dei padri
(23,5% per quanti non hanno mai avuto esperienze di lavoro precoce, 31,5% per
gli altri).
Tipi di reati
Ai minori con esperienze di
lavoro precoce coinvolti nell’indagine sono contestati per lo più reati contro
il patrimonio (54,5%), seguono quelli contro la persona (12,7%), contro
l’incolumità (9%) e le istituzioni (6%). Il 17% dei reati può essere ascritto ad
altre forme. Evidentemente, per diversi minori le contestazioni non riguardano
un solo settore di reato, capita ad esempio che al reato contro il patrimonio
se ne sommi uno contro la persona. I reati più frequenti tra quelli contro il
patrimonio sono il furto e la rapina; mentre tra i reati contro la persona i
ricorrenti sono quelli relativi alle lesioni volontarie. La maggior parte dei
minori afferma di avere iniziato le proprie azioni illecite tra i 12 e i 15: il
biennio più delicato risulta essere senza dubbio quello tra i 14 e i 15,
periodo nel quale si acutizzano le forme più evidenti della dispersione
scolastica (bocciature e abbandoni).
Esperienze di sfruttamento: primi
dati di riflessione
Come è noto, non esiste ad oggi
un catalogo dei lavori più pericolosi svolti dai minori, non è quindi semplice
identificare un’eventuale area di rischio di sfruttamento. Tuttavia, come nelle
precedenti indagini, si è deciso di considerare ‘a rischio’ sfruttamento
lavorativo quei ragazzi che: lavorano in fasce orarie serali o notturne (dopo
le 20.00); e/o svolgono un lavoro continuativo (che interferisca con almeno due
delle seguenti condizioni: interruzione della scuola, minore rendimento
scolastico, minore tempo a disposizione per il divertimento con gli amici e per
riposare; o ancora che lo stesso lavoro venga definito moderatamente
pericoloso). Date queste condizioni si stima che almeno il 10% dei minori
intervistati è stato coinvolto in un’attività definibile ‘a rischio di
sfruttamento’. Si tratta di un dato certamente sottostimato, soprattutto se
teniamo presente che – come già evidenziato – il 70% dei minori coinvolti
nell’indagine dichiarano di avere lavorato più o meno tutti i giorni e più del
40% ha lavorato continuamente più di 7 ore.
Il futuro
Dai dati emersi nell’analisi
qualitativa sarà maggiormente evidente come i giovani inseriti nel circuito
della giustizia minorile abbiano difficoltà ad avere dei sogni, dei desideri da
realizzare nel futuro. Al di là delle esperienze di lavoro pregresse, per la
maggior parte degli intervistati il lavoro rimane comunque una possibilità per
evitare forme di recidiva: l’89% ritiene infatti che il lavoro – a certe
condizioni – possa aiutare nel percorso di reinserimento sociale.
Tuttavia per fare sì che questo
sia possibile, occorrono – ad opinione dei giovani intervistati – una serie di
importanti caratteristiche. Il lavoro deve prevedere una giusta paga, deve
essere stabile e rendere autonomi. Per alcuni (soprattutto per chi ha già avuto
esperienze pregresse) dove avere un contratto e magari – laddove possibile –
sarebbe utile potere fare riferimento a un adulto affidabile.
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