La
strategia e le contraddizioni a 5 stelle. Dopo aver paventato il vincolo
dell’Italia al bilancio Ue, Di Maio lancia un ultimatum e invoca il soccorso
della Commissione: «Se Bruxelles ci desse dei segnali di aiuto non solo sui
migranti, ma anche sul reddito di cittadinanza, con la possibilità di eliminare
la legge Fornero, noi potremmo ravvederci»
Giuliano Santoro - Il manifesto
28 agosto 2018
Luigi Di Maio tira dritto e si
prepara all’autunno caldo del governo. Ignora Roberto Fico e i (pochi)
parlamentari grillini che assieme a lui avevano manifestato il loro disagio
sugli sbarchi. Il capo politico dei 5 Stelle si schiera ancora una volta
accanto all’alleato di governo Matteo Salvini dopo i giorni durissimi della
nave Diciotti, attenuando i toni sui giudici ma dicendo chiaro e tondo: «Le
decisioni prese facevano capo al Viminale, ma le scelte del governo sono state
condivise».
NEL GIORNO in cui il leader
leghista incontra Viktor Orbán i 5 Stelle si affacciano sul precipizio del
rapporto con l’Europa, con sentimenti contrastanti.
Da una parte c’è la presa di
distanza dal presidente ungherese sancita qualche giorno fa dai capigruppo di
camera e senato e ribadita ieri da Di Maio in persona.
«SI TRATTA SOLO di un summit
politico, non c’è niente di istituzionale», hanno detto dal M5S per oscurare
l’attivismo del vicepremier leghista. Di Maio, intervistato dalla Stampa, ha
sostenuto che «Orbán è di destra, noi invece non siamo né di destra né di
sinistra».
D’altronde, per sfuggire alle
tensioni europee di questi giorni Di Maio ha scelto di tracciare un orizzonte
temporale nient’affatto scontato. Per la prima volta, dopo i tentennamenti e
l’improvvisa svolta europeista della scorsa campagna elettorale, esplicita l’obiettivo
politico di far saltare il banco alle prossime elezioni europee: «Molti governi
ci attaccano chiamandoci populisti senza rendersi conto che hanno le ore
contate. Alle prossime elezioni prenderanno una batosta incredibile».
QUEL M5S CHE A BRUXELLES cinque
anni fa aveva stretto la controversa (e per molti sofferta) alleanza con gli
euroscettici di Nigel Farage pone – oggi – come condizione per l’efficacia
dell’azione di governo, il mutamento degli equilibri Ue in chiave sovranista.
Il che complica la faccenda, aggiunge un altro nodo alla corda che stringe Lega
e M5S e rende un po’ più difficile distinguere questa posizione da quella
dell’alleanza delle destre continentali che Salvini tenta di stringere a
partire dall’abbraccio di oggi con Orbán a Milano. Per di più, il presidente
Giuseppe Conte oggi riceverà il premier ceco Andrej Babis, che ha la dichiarata
intenzione di trascinare l’Italia sul terreno della difesa della fortezza
Europa piuttosto che sulla strada dei ricollocamenti dei migranti.
IL GIOCO VA BEN OLTRE LE LINEE
tracciate dalle clausole del contratto di governo, che pure viene sventolato
come garanzia e limite di ogni protagonismo salviniano. Il gioco, come inizia a
sospettare qualche parlamentare con un fil di voce, sta sfuggendo di mano? Fin
dalla nascita del governo i grillini parlano a microfoni spenti di «leale
competizione» con l’alleato leghista: «Si vedrà chi ha più filo da tessere
all’atto pratico del governo». Nelle loro intenzioni il derby gialloverde è
solo all’inizio ed è destinato a proseguire alla ripresa di settembre. Nelle
prossime settimane potrebbero arrivare al dunque Ilva e Tav: i parlamentari
espressione di quei territori, eletti con mandati vincolati a queste vertenze,
aspettano al varco le scelte dei vertici.
COSÌ, MENTRE SALVINI lima il suo
«decreto sicurezza», i fedelissimi di Di Maio puntano su questioni che non
sempre trovano l’adesione dei leghisti: il ddl anticorruzione con
l’introduzione del Daspo per i corrotti, il taglio alle pensioni d’oro e la
rinazionalizzazione delle autostrade. I primi due provvedimenti attingono dal
bagaglio storico pentastellato. Il M5S ha intenzione di portarli in parlamento
nelle prossime settimane. Poi c’è il «reddito di cittadinanza», che si vorrebbe
collegato alla manovra economica e che incontra la diffidenza del ministro Tria
e dei suoi uffici a guardia dei vincoli di bilancio.
Ecco allora che rispunta la spina
nel fianco della questione europea. Perché dopo aver paventato il vincolo
dell’Italia al bilancio Ue, Di Maio lancia un ultimatum e invoca il soccorso
della Commissione: «Se Bruxelles ci desse dei segnali di aiuto non solo sui
migranti, ma anche sul reddito di cittadinanza, con la possibilità di eliminare
la legge Fornero, noi potremmo ravvederci».
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