lunedì 27 agosto 2018

EURPPA La «questione europea», la vera spina nel fianco nel Movimento 5 Stelle


La strategia e le contraddizioni a 5 stelle. Dopo aver paventato il vincolo dell’Italia al bilancio Ue, Di Maio lancia un ultimatum e invoca il soccorso della Commissione: «Se Bruxelles ci desse dei segnali di aiuto non solo sui migranti, ma anche sul reddito di cittadinanza, con la possibilità di eliminare la legge Fornero, noi potremmo ravvederci»

Giuliano Santoro - Il manifesto
28 agosto 2018


Luigi Di Maio tira dritto e si prepara all’autunno caldo del governo. Ignora Roberto Fico e i (pochi) parlamentari grillini che assieme a lui avevano manifestato il loro disagio sugli sbarchi. Il capo politico dei 5 Stelle si schiera ancora una volta accanto all’alleato di governo Matteo Salvini dopo i giorni durissimi della nave Diciotti, attenuando i toni sui giudici ma dicendo chiaro e tondo: «Le decisioni prese facevano capo al Viminale, ma le scelte del governo sono state condivise».
NEL GIORNO in cui il leader leghista incontra Viktor Orbán i 5 Stelle si affacciano sul precipizio del rapporto con l’Europa, con sentimenti contrastanti.
Da una parte c’è la presa di distanza dal presidente ungherese sancita qualche giorno fa dai capigruppo di camera e senato e ribadita ieri da Di Maio in persona.
«SI TRATTA SOLO di un summit politico, non c’è niente di istituzionale», hanno detto dal M5S per oscurare l’attivismo del vicepremier leghista. Di Maio, intervistato dalla Stampa, ha sostenuto che «Orbán è di destra, noi invece non siamo né di destra né di sinistra».
D’altronde, per sfuggire alle tensioni europee di questi giorni Di Maio ha scelto di tracciare un orizzonte temporale nient’affatto scontato. Per la prima volta, dopo i tentennamenti e l’improvvisa svolta europeista della scorsa campagna elettorale, esplicita l’obiettivo politico di far saltare il banco alle prossime elezioni europee: «Molti governi ci attaccano chiamandoci populisti senza rendersi conto che hanno le ore contate. Alle prossime elezioni prenderanno una batosta incredibile».
QUEL M5S CHE A BRUXELLES cinque anni fa aveva stretto la controversa (e per molti sofferta) alleanza con gli euroscettici di Nigel Farage pone – oggi – come condizione per l’efficacia dell’azione di governo, il mutamento degli equilibri Ue in chiave sovranista. Il che complica la faccenda, aggiunge un altro nodo alla corda che stringe Lega e M5S e rende un po’ più difficile distinguere questa posizione da quella dell’alleanza delle destre continentali che Salvini tenta di stringere a partire dall’abbraccio di oggi con Orbán a Milano. Per di più, il presidente Giuseppe Conte oggi riceverà il premier ceco Andrej Babis, che ha la dichiarata intenzione di trascinare l’Italia sul terreno della difesa della fortezza Europa piuttosto che sulla strada dei ricollocamenti dei migranti.
IL GIOCO VA BEN OLTRE LE LINEE tracciate dalle clausole del contratto di governo, che pure viene sventolato come garanzia e limite di ogni protagonismo salviniano. Il gioco, come inizia a sospettare qualche parlamentare con un fil di voce, sta sfuggendo di mano? Fin dalla nascita del governo i grillini parlano a microfoni spenti di «leale competizione» con l’alleato leghista: «Si vedrà chi ha più filo da tessere all’atto pratico del governo». Nelle loro intenzioni il derby gialloverde è solo all’inizio ed è destinato a proseguire alla ripresa di settembre. Nelle prossime settimane potrebbero arrivare al dunque Ilva e Tav: i parlamentari espressione di quei territori, eletti con mandati vincolati a queste vertenze, aspettano al varco le scelte dei vertici.
COSÌ, MENTRE SALVINI lima il suo «decreto sicurezza», i fedelissimi di Di Maio puntano su questioni che non sempre trovano l’adesione dei leghisti: il ddl anticorruzione con l’introduzione del Daspo per i corrotti, il taglio alle pensioni d’oro e la rinazionalizzazione delle autostrade. I primi due provvedimenti attingono dal bagaglio storico pentastellato. Il M5S ha intenzione di portarli in parlamento nelle prossime settimane. Poi c’è il «reddito di cittadinanza», che si vorrebbe collegato alla manovra economica e che incontra la diffidenza del ministro Tria e dei suoi uffici a guardia dei vincoli di bilancio.
Ecco allora che rispunta la spina nel fianco della questione europea. Perché dopo aver paventato il vincolo dell’Italia al bilancio Ue, Di Maio lancia un ultimatum e invoca il soccorso della Commissione: «Se Bruxelles ci desse dei segnali di aiuto non solo sui migranti, ma anche sul reddito di cittadinanza, con la possibilità di eliminare la legge Fornero, noi potremmo ravvederci».

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