Massimo Franchi – Il manifessto
01 Settembre 2018
01 Settembre 2018
Doveva essere una giornata campale per Ilva e lo è
stata. Ma tutt’altro che chiarificatrice. Niente parere dal ministero
dell’Ambiente (dovrebbe arrivare oggi), niente parola definitiva sul possibile
annullamento del bando e dunque della vendita a Mittal. Nessuna parola da Di
Maio, nessun video su Facebook. E addirittura voci – smentite dal Mise – di un
nuovo decreto che il 6 settembre allungherebbe ulteriormente i termini del
commissariamento, ora fissati al 15 settembre quando il colosso indiano –
contratto firmato con Calenda alla mano – potrà entrare negli stabilimenti Ilva
da padrone anche senza accordo con i sindacati.
IN QUESTA INFINITA VERTENZA che va avanti da ben 6
anni come al solito le sorprese sono all’ordine del giorno. Mentre Taranto
rischia di scoppiare tanto che perfino il vescovo Filippo Santoro parla di
«situazione drammatica» in città.
La prima sorpresa della giornata si era avuta alle
14 quando Fim, Fiom, Uilm e Usb decidevano di rompere gli indugi e indire uno
sciopero – sarebbe un inedito assoluto l’allargamento del fronte confederale
all’Usb – non avendo ricevuto risposta all’ultimatum inviato lunedì. La data
fissata sapientemente all’11 settembre lascia però la possibilità di revocarlo
in caso di chiarimento della vicenda «annullamento».
TUTTI I SINDACATI SI RITROVANO comunque nella
pressante richiesta a Di Maio di prendere decisioni e dare certezza sulla gara
e dunque sull’interlocutore con cui trattare.
A STRETTO GIRO PERÒ – DUE ORE – arrivava la
convocazione tanto attesa per martedì 5 – data contestata dal leader Fim Marco
Bentivogli per precedenti impegni – tra soli quattro giorni dunque. Anch’essa
conteneva sorprese: Di Maio infatti ha deciso che per la prima volta al tavolo
parteciperanno anche i commissari straordinari dell’Ilva – invisi ai
parlamentari M5s di Taranto che da tempo ne chiedono la rimozione – e i
sindacati dei lavoratori chimici e dei trasporti coinvolto per l’indotto,
insieme a Federmanager.
LA CONVOCAZIONE PER MITTAL appare però il segno che
il bando di gara vinto dalla cordata guidata dal colosso franco-indiano non è
«annullabile», sebbene abbia «molti profili di illegittimità».
Arrivare ad un accordo entro il 15 settembre al
momento appare molto difficile, «se non impossibile», sottolinea Sergio
Bellavita, segretario generale Usb metalmeccanici. Se le distanze sul piano
ambientale – anche grazie alle pressioni del ministro Sergio Costa di questi
giorni con l’incontro di giovedì con i rappresentanti di Mittal – sembrano avvicinarsi
con impegno a ridurre la produzione a 6 milioni di tonnellate annue e
sull’accorciamento dei tempi intermedi della copertura dei parchi; sul piano
occupazionale le distanze rimangono rilevanti.
LA QUOTA DI ASSUNZIONI dirette da parte di Mittal
non supererebbe quota 10.500, lasciando oltre 3mila esuberi tra Taranto, Genova
e gli altri stabilimenti. Se il piano Calenda riduceva la quota a 2.500 con un
fantasioso accrocco di Invitalia, la via per arrivare a «zero esuberi» – le
colonne d’Ercole dei sindacati per firmare un accordo – ora sembra essere
quella dei prepensionamenti. Ma il «delitto perfetto» denunciato da Di Maio per
ora sembra aver ucciso per prima la fiducia nei suoi confronti dei tarantini.
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