Autostrada
A24/25. La risposta del vicepresidente della società concessionaria ai 92
sindaci di Lazio e Abruzzo che preparano la manifestazione a Roma
Eleonora Martini.– Il manifesto
25 agosto 2018
Mauro Fabris, il vicepresidente
di Strada dei Parchi, ha tentato di incontrare i 92 sindaci che stanno
preparando la manifestazione a Roma il 19 settembre prossimo perché vogliono
sapere cosa c’è scritto in quella concessione secretata dalla stessa holding
dell’imprenditore abruzzese Carlo Toto, riguardante l’autostrada A24/25, che
dovrebbe stabilire diritti e doveri della società, concessionaria fino al 2030.
Ma questa volta sono stati loro a dire di no.
Dott.
Fabris, cosa avrebbe voluto dire ai sindaci?
Intanto siccome dal terremoto di
Amatrice ad oggi ci sono state circa 70 mila piccole scosse, dopo quella del
Molise la preoccupazione cresce e perciò a breve faremo un incontro con i
sindaci sul tema della sicurezza. Perché sul tema tariffe invece, noi che non
siamo mai stati convocati dal ministero in un tavolo con i comuni, avremmo
voluto spiegare le nostre ragioni. La prima è che per ogni euro che incassiamo,
giriamo allo Stato e ad Anas 57 centesimi: non c’è nessun altro concessionario
in Italia che paghi questa cifra. E questa è una cosa assai strana, perché dal
2013 la vigilanza sulle spese di manutenzione delle autostrade e sugli
investimenti infrastrutturali è passata da Anas al ministero, ma noi
continuiamo a pagare anche l’Anas.
Secondo
i sindaci, il grosso del guadagno di Strada dei Parchi non sta nella gestione
dell’autostrada ma nei lavori di manutenzione che vengono realizzati da altre
imprese a chiamata diretta. È così?
Nel bando di gara europeo che
abbiamo vinto nel 2003 insieme ad Autostrade per l’Italia c’era l’obbligo di
fare i lavori in house. Sono le norme che prevedono che chi ha fatto la gara a
monte non deve indirla a valle. Quindi siamo perfettamente in regola, come
verificato dal ministero e dall’autorità anticorruzione. Inoltre, da allora, e
dopo, da quando nel 2009 abbiamo liquidato Autostrade per l’Italia, la nostra
società ha avuto un piccolo segno positivo sul bilancio solo l’anno scorso, di
3 milioni di euro, per il resto abbiamo viaggiato sempre in rosso. Anche per
via del terremoto del 2009, e della crisi economica che ha cambiato i flussi di
traffico.
Eppure
è una delle autostrade più care d’Italia.
Non è vero, ce ne sono di più
care. Comunque l’aumento del 2018 che ha innescato la reazione dei sindaci è
dovuto al fatto che erano state bloccate le tariffe nei tre anni precedenti,
con un danno per la società di 32 milioni di euro che ha mandato i bilanci in
rosso, perciò il Tar Lazio ci ha dato ragione. Però è anche nostro interesse
contenere gli aumenti tariffari. Solo che non è la parte che ci riguarda,
quella da ridurre. E poi si dimentica sempre che l’autostrada non finisce alla
barriera di Roma est, ma al Verano.
Ma
converrà che dal Verano a Carsoli, almeno, non si può considerare autostrada di
montagna, non più di quella per Napoli, ad esempio. E invece lo è.
Convengo, ma la classificazione,
basata sul rapporto tra chilometraggio e dislivello, non l’abbiamo fatta noi. È
il motivo per cui avevamo ipotizzato un progetto di varianti che abbassavano le
quote e rendevano il percorso più sicuro in caso di terremoto, oltre a
contenere i costi di manutenzione.
Un
progetto che avrebbe sventrato ulteriormente l’Abruzzo. Ci state ancora
puntando?
No, è morto e sepolto perché nel
2016 abbiamo aderito alla proposta di Delrio e abbandonato il piano della
variante.
Perché
la concessione è secretata?
Abbiamo detto all’attuale
ministero che non abbiamo nulla in contrario a renderle pubbliche.
Il
governo giallo-verde sta discutendo di ri-nazionalizzare la gestione delle
autostrade.
Dal 2003 paghiamo 56 milioni di
euro ogni anno allo Stato. Crede che lo Stato avrebbe avuto gli stessi utili se
avesse gestito direttamente quel tratto?
Dunque
cosa avreste risposto ai sindaci che chiedono di abbassare i pedaggi?
Che non ne usciamo finché non si
discute il nuovo Piano economico finanziario, quello previsto dalla legge
228/2012, scritta dopo il terremoto dell’Aquila, che permette di sostituire i
vecchi Pef redatti in sede di asssegnazione della concessione, in modo da
adeguare l’infrastruttura alle norme antisismiche. Il nuovo Pef vale 3,1
miliardi di investimenti, è stato già approvato dal Mit e deve avere l’ok del
governo e della Comunità economica europea. A norma di legge bisognerebbe
cercare di contenere gli incrementi tariffari, ci ritroviamo invece a discutere
perché il governo ha previsto un altro aumento di pedaggi di oltre il 3%, ma
noi non siamo d’accordo.
L’anno
scorso avete aperto numerosi cantieri, ora i viadotti sono antisismici?
No, su tutti i viadotti sono
stati fatti interventi antiscalinamento, per evitare che in caso di scosse
contenute si disallinei il piano viario, con conseguenze potenzialmente
disastrose. Durante il terremoto dell’Aquila si erano formati gradini anche di
40 centimetri. Ora li abbiamo “imbracati”, con i 170 milioni stanziati, ma
dobbiamo completare le Misure urgenti che il ministero ci ha ordinato per
rendere la struttura davvero antisismica.
Misure
che sono state già finanziate dallo Stato.
Sì, con ulteriori 250 milioni, in
attesa del Pef, ma a partire dal 2022. Noi stiamo chiedendo di renderli
disponibili da subito. Ma ci siamo quasi: abbiamo chiuso l’accordo col vecchio
governo, e credo che a settembre ci sarà l’incontro col nuovo esecutivo, anche
per affrontare il tema delle tariffe.
Nessun commento:
Posta un commento