domenica 2 settembre 2018

ECONOMIA Rapporto Sbilanciamoci! 2018 - Come usare la spesa pubblica per i diritti, la pace e l’ambiente FISCO E FINANZA


Sbilanciamoci

03 Settembre 201



La manovra del Governo per il 2018: “vorrei, ma non posso” 
Una manovra finanziaria al ribasso che fa meno che può e passa la palla al Governo che verrà. Un Ddl di Bilancio 2018 che, pur rallentando il raggiungimento del pareggio di bilancio e riconoscendo che questo vincolo imposto dall’Europa implica tagli alla spesa pubblica e aumenti delle entrate insostenibili sul piano economico e sociale, comunque accetta le regole dell’austerità.
Il Governo vanta una ripresa dell’economia (+1,5% nel 2017 e + 1,1% la stima per il 2018), ma l’Italia è il paese che cresce di meno in Europa (la stima della media UE 27 è rispettivamente +2,4% e +2,2%) e il tasso di disoccupazione italiano è ancora all’11,3% nel 2017 e al 10,9% per il 2018 (stima UE).
L’incerta ripresa dell’Italia risente dei limiti delle politiche economiche adottate in questi anni che hanno preferito sostenere l’offerta (imprese) rispetto alla domanda interna (consumi delle famiglie, spesa pubblica e investimenti). Se non c’è chi consuma (privati e amministrazioni pubbliche) e il poco innovativo sistema produttivo italiano stenta a esportare, è difficile che la produzione aumenti e dunque che cresca l’occupazione. È un circolo vizioso che il Governo avrebbe potuto rompere, ma non l’ha fatto.
Il tanto declamato Fondo Investimenti istituito con la Legge di Bilancio 2017 ha una dotazione di 47,55 miliardi su 15 anni. 1,9 miliardi sono stati stanziati l’anno scorso per il 2017, 3,15 miliardi per il 2018 e 3 miliardi l’anno per gli anni successivi. Ma Sbilanciamoci! ricorda che il decreto salvabanche adottato a fine 2016 ha generato impegni sino a 20 miliardi di euro e che la spesa militare prevista per il solo 2018 ammonta a 25 miliardi.
I ¾ delle risorse mobilitate dalla manovra di quest’anno (15,7 miliardi di euro) sono di nuovo impegnati per impedire l’aumento dell’Iva. Il resto privilegia il dissennato rilancio degli incentivi per le assunzioni a tempo indeterminato (che riducono il costo del lavoro, ma non aumentano i salari), gli stanziamenti aggiuntivi per il Rei (sul 2018 pochi, 300 milioni) e le agevolazioni fiscali per le imprese (proroga iper- e super-ammortamento). Le coperture (incerte) sono affidate all’indebitamento, a maggiori entrate fiscali, alla riduzione della spesa pubblica e alle privatizzazioni.
Nel complesso la manovra 2018 mantiene un impianto recessivo che non è in grado di rimettere in moto l’economia del paese.

PROPOSTE

Fisco e finanza
In materia fiscale, la Legge di Bilancio 2018 procede lungo il percorso delle ultime manovre. In questi anni si è proceduto alla frammentazione della struttura impositiva a scapito delle fasce più deboli dei contribuenti, privilegiando la tassazione dei redditi rispetto a quella patrimoniale e favorendo i percettori di redditi di impresa rispetto a quelli da lavoro (soprattutto dipendente). La Legge di Bilancio 2018, per quanto esigua – su un totale di 20,4 miliardi, 15,7 andranno a sterilizzare le “clausole di salvaguardia” impedendo l’aumento delle aliquote Iva e delle accise –, conferma questo approccio. Nel merito, per quanto riguarda la lotta ad evasione ed elusione, prosegue la rottamazione delle cartelle ex Equitalia (oggi Agenzia delle Entrate), estesa a circa 5 milioni di cartelle ricevute tra l’1 gennaio e il 30 settembre 2017, e si punta tutto (troppo) sulla “e-fatturazione” tra privati, che porterà alla dichiarazione Iva precompilata per professionisti, artigiani e commercianti. A proposito di evasione, essa non solo aumenta, ma trae vantaggio da una serie di inefficienze, come la farraginosità delle procedure, la diminuzione degli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate, il mancato profiling dei soggetti a rischio evasione, le recenti norme sull’aumento della soglia per la tracciabilità del contante e la riduzione degli illeciti tributari con pene detentive. Il Rapporto della Corte dei Conti e la “Relazione annuale sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva” del Ministero dell’Economia e delle Finanze stimano oltre 110 miliardi annui di evasione, quasi interamente proveniente dal mondo del lavoro autonomo e d’impresa. Altri studi calcolano che solo un terzo delle cifre evase accertate venga poi riscosso. Nella Legge di Bilancio 2018 vengono poi confermate le misure di “iper” ammortamento (al 250%) e “super” ammortamento (che scende dal 140 al 130%) all’interno del pacchetto Industria 4.0: un sostanzioso regalo fiscale alle imprese e non – come sostengono Governo e Confindustria – il perno delle misure di recupero della competitività industriale del Paese. Sul fronte della tassazione dei redditi vengono invece prorogati di due anni la cedolare secca (con aliquota al 10%) sugli affitti a canone concordato e lo stop agli aumenti delle aliquote per le addizionali Irpef comunali e regionali. E viene rinviata al 2019 l’introduzione dell’Iri (Imposta sul reddito dell’imprenditore) con aliquota unica al 24% (la stessa prevista per l’Ires sui redditi di società), esempio di flat tax e ulteriore passo indietro sul fronte della progressività fiscale.
Risulta chiara, dunque, la mancata volontà politica di inquadrare il sistema impositivo in uno schema organico e progressivo, che ricomponga la base imponibile dei contribuenti includendovi tutte le fonti di reddito. Questo chiede infatti Sbilanciamoci!: un sistema fiscale con un chiaro segno redistributivo a favore delle fasce di reddito più basse.

Reddito personale
Rimodulazione aliquote Irpef sugli scaglioni di reddito Si propone di operare una rimodulazione delle aliquote Irpef che sia basata su:

        riduzione di un punto percentuale dell’aliquota sul I scaglione di reddito (fino a 15.000 euro) dal 23 al 22%, e sul II scaglione (dai 15.001 ai 28.000 euro) dal 27 al 26%; 
        aumento dell’aliquota sul IV scaglione (dai 50.001 ai 75.000 euro) dal 41 al 44%, e dell’aliquota sul V scaglione (oltre i 75.000 euro) dal 43 al 47,5%; 
        introduzione di un VI scaglione (tra i 100.000 e i 300.000 euro) con un’aliquota al 55% (modificando, dunque, il V scaglione che comprenderebbe dai 75.001 ai 100.000 euro di reddito); 
        introduzione di un VII scaglione oltre i 300.000 euro di reddito con un’aliquota al 60%. Maggiori entrate: 3.000 milioni di euro
Assoggettamento all’Irpef delle rendite finanziarie Si propone l’abolizione del regime di tassazione separata al 26% sulle rendite finanziarie (esclusi i titoli di Stato), facendole rientrare nella base imponibile Irpef. 
Maggiori entrate: 2.400 milioni di euro

Rinuncia detassazione premi di produttività Si propone di rinunciare alla proroga e all’estensione del regime di tassazione separata al 10% sui premi di produttività, prevista lo scorso anno dalla Legge di Bilancio 2017. 
Maggiori entrate: 390 milioni di euro

Rinuncia abolizione Irpef agricola Si propone di rinunciare all’abolizione dell’Irpef per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali, prevista lo scorso anno dalla Legge di Bilancio 2017.
Maggiori entrate: 228 milioni di euro

Patrimonio personale e di impresa

Introduzione di un’imposta patrimoniale complessiva In luogo della riduzione di Imu e Tasi prevista dal Disegno di Legge di Stabilità 2016, che ha richiesto quest’anno, con la Legge di Bilancio 2018, l’assegnazione di risorse ai Comuni penalizzati dal minor gettito, si propone l’introduzione di un’imposta complessiva sul patrimonio con una struttura di aliquote progressive che: 
        nella componente immobiliare operi una redistribuzione a parità di gettito (esentando i ceti più deboli e incidendo maggiormente sui grandi patrimoni); 
        nella componente finanziaria generi entrate aggiuntive per 4 miliardi di euro (2 miliardi dalle famiglie e 2 miliardi dalle imprese); •   produca ulteriori 100 milioni di euro di entrate derivanti dalla tassazione della ricchezza reale non immobiliare. 
Maggiori entrate: 4.100 milioni di euro

Riduzione franchigia su tassa di successione e applicazione di aliquote crescenti Si propone la riduzione della franchigia attualmente prevista per la tassa di successione da 1 milione a 100.000 euro e l’applicazione di aliquote crescenti rispetto alla ricchezza. 
Maggiori entrate: 900 milioni di euro

Reddito di impresa
Rinuncia riduzione aliquote Ires Si propone di rinunciare alla riduzione dell’aliquota Ires dal 27,5 al 24% prevista dalla Legge di Stabilità 2016. 
Maggiori entrate: 2.500 milioni di euro

Rinuncia abolizione addizionali Ires per società di gestione di fondi di investimento comuni Contrariamente a quanto previsto lo scorso anno dalla Legge di Bilancio 2017, si propone di rinunciare all’esclusione delle società di gestione dei fondi comuni di investimento dal pagamento delle addizionali Ires al 3,5%; contestualmente, si propone di mantenere la deducibilità degli interessi passivi per le società di gestione di fondi comuni di investimento e per le imprese di assicurazione. 
Maggiori entrate: 600 milioni di euro

Abolizione super e iper-ammortamento Si propone di rinunciare alla proroga del super-ammortamento (abbassato quest’anno al 130%) e dell’iper-ammortamento del 250%, introdotti dalla Legge di Bilancio 2017, nell’ambito del Piano “Industria 4.0”, e prorogati tramite Disegno di Legge di Bilancio 2018. 
Maggiori entrate: 1.376 milioni di euro

Natura ibrida
Blocco clausola di salvaguardia su Iva e accise Anche quest’anno Sbilanciamoci! delinea la sua proposta di “Controfinanziaria” tenendo conto della sterilizzazione delle “clausole di salvaguardia”, quantificata in 15,7 miliardi per evitare l’aumento delle aliquote Iva e delle accise per il 2018. Tuttavia, è fondamentale sottolineare la necessità di ripensare radicalmente la politica economica in termini di stimolo della domanda aggregata, di razionalizzazione della spesa contro gli sprechi e a favore di capitoli essenziali come sanità e istruzione pubbliche, di rafforzamento della struttura produttiva e del mercato del lavoro. Così facendo non solo si sarebbe evitato di destinare quasi 16 miliardi alla disattivazione delle clausole, ma si sarebbe potuto tracciare un sentiero macroeconomico di crescita sostenibile. 
Costo: 15.700 milioni di euro

Tassazione voli e auto aziendali e di lusso Si propone di realizzare una tassazione di 1,5 euro sui voli nazionali, di 2,5 euro sui voli internazionali e di 22 euro sugli aerotaxi, per un introito totale stimato di 340 milioni di euro. Inoltre, si propone di tassare le immatricolazioni delle automobili delle aziende e dei segmenti E (quasi lusso) e F (lusso): si tratta di autoveicoli che costano almeno 50mila euro l’uno. Il gettito dalle auto aziendali (3.000 euro pro capite) potrebbe provenire dalle minori agevolazioni fiscali di cui godono le società; per le altre auto di lusso o quasi lusso si può invece introdurre una tassa addizionale all’immatricolazione (seg E:2000, seg F:6000), per un introito totale di 1.660 milioni di euro. Sommando le due misure su voli e auto, è possibile stimare un’entrata pari a 2 miliardi. 
Maggiori entrate: 2.000 milioni di euro

Tassazione profitti del settore dei beni di lusso Nautica e gioielleria rappresentano produzioni di lusso rivolte a clientele particolarmente facoltose. L’introduzione di una tassazione al 10% sugli utili delle imprese di questi settori potrebbe generare un introito di circa 200 milioni di euro. 
Maggiori entrate: 200 milioni di euro

Misure fiscali penalizzanti per il rilascio del porto di armi Si propone un aumento di 200 euro per le licenze di armi per la difesa personale: è pari a 170 milioni di euro il maggiore gettito stimato. 

Maggiori entrate: 170 milioni di euro

Tassazione degli investimenti pubblicitari Gli investimenti pubblicitari in Italia sono circa 10 miliardi di euro. Nell’era delle grandi concentrazioni dei media e delle agenzie pubblicitarie nessuno può negare l’effetto distorsivo che questa ha su consumi, stili di vita e sulla stessa regolarità della concorrenza tra le imprese. La proposta, dunque, è di frenare i margini di profitto dell’intero comparto pubblicitario aumentando del 5% il prelievo sugli utili, con il duplice obiettivo di ridimensionarne l’invadenza e di drenare risorse da dedicare a scuola e attività culturali per tutti. L’introito atteso è di circa 500 milioni di euro.

Maggiori entrate: 500 milioni di euro

Tassazione dei diritti televisivi del calcio professionistico Si propone di introdurre una tassazione dei diritti televisivi relativi al calcio professionistico di serie A e B. Dal momento che da tali diritti televisivi si ricava circa 1 miliardo e 200 milioni di euro, con un’aliquota del 5% sul totale dei diritti versati si potrebbero raccogliere circa 60 milioni di euro nel 2018. 
Maggiori entrate: 60 milioni di euro

Lotta all’evasione e all’elusione fiscale
Un piano straordinario di accertamento e riscossione Si propone di semplificare le procedure di accertamento e riscossione fiscale e di garantire l’incrocio delle basi dati, anche a livello di istituzioni locali. Al contempo, si chiede di inserire specifici indicatori di monitoraggio delle attività di accertamento e riscossione da parte di Regioni e Comuni, prevedendo il caso limite del loro commissariamento in caso di mancato conseguimento degli obiettivi. L’utilizzo sistematico di dati su profili di rischio, informazioni di spesa, informazioni bancarie e relative al ricorso ai servizi pubblici anche locali porterebbe a individuare tempestivamente una quota rilevante delle imposte evase. Contestualmente, la semplificazione delle procedure di riscossione e l’obbligo per gli enti locali di adempiere a tale funzione potrebbero generare un aumento delle entrate pubbliche di 600 milioni nel 2018. 
Maggiori entrate: 600 milioni di euro

Introduzione di una Digital Tax e di misure di contrasto all’elusione Si propone di istituire una serie di misure volte all’abbattimento dell’elusione fiscale da parte delle imprese multinazionali, a partire dall’introduzione di una Digital Tax. Essa dovrebbe essere accompagnata da un intervento di contrasto al cosiddetto tax ruling, dall’obbligo di redigere e rendere pubblica una rendicontazione per Paese da parte di ciascuna impresa multinazionale e dall’attivo contrasto dei fenomeni di trasferimento all’estero della sede fiscale delle imprese. 
Maggiori entrare: 2.000 milioni di euro

Introduzione della moneta elettronica e di controlli online Si propone di introdurre l’obbligo di utilizzo di mezzi tracciabili (moneta elettronica) per i pagamenti al di sopra dei 500 euro. Contestualmente, si chiede di introdurre registratori di cassa online per consentire controlli in remoto e in tempo reale a campione, da parte dell’Agenzia delle Entrate. Si potrebbe così generare un introito per le casse pubbliche di 1 miliardo di euro nel 2018. 
Maggiori entrate: 1.000 milioni di euro

Istituzione di pene accessorie per gli evasori Le pene accessorie costituiscono un importante deterrente per il contrasto all’evasione fiscale, considerata la difficoltà di rendere certe le pene detentive. Si propone in tal senso l’introduzione di un’aliquota flat al 45% per 5 anni per tutte le persone fisiche che hanno evaso imposte per importi superiori a 50mila euro. Gli evasori oltre i 10mila euro dovrebbero invece pagare i servizi pubblici utilizzati in base alla tariffa massima prevista, oppure, in caso di gratuità di tali servizi, dovrebbero essere inseriti in fondo alle relative graduatorie di utilizzo. Si chiede inoltre la compensazione fra i pagamenti dello Stato (a fornitori e appaltatori) ed eventuali imposte accertate e non più ricorribili anche nei confronti degli enti locali, con modalità simili al reverse charge dell’Iva. Infine, si prevede l’obbligo da parte delle autonomie locali della verifica di almeno il 10% della veridicità delle domande per accedere ai servizi pubblici locali (asili nido, mense scolastiche, case popolari…). 
Maggiori entrate: 5,6 milioni di euro

Finanza Il 2016 si chiude con l’approvazione di un decreto che stanzia 20 miliardi per sostenere il sistema bancario italiano, e prima tra tutte Monte dei Paschi di Siena, che viene di fatto nazionalizzata. Un anno dopo, secondo il Sole24Ore, la perdita potenziale per il Tesoro è di “circa 1 miliardo, cui si aggiungeranno altri 700 milioni una volta chiusa l’offerta sugli ex subordinati”. 1,7 miliardi di potenziali perdite, mentre il Governo propone una Legge di Bilancio in cui alcuni dei maggiori interventi sono il rifinanziamento per 300 milioni del Fondo per la lotta alla povertà o i 381 milioni di sgravi per l’assunzione di giovani. Monte Paschi è il caso più eclatante dell’ennesimo anno nero per le nostre banche. Quello che colpisce di più sono le dichiarazioni secondo cui si tratterebbe sempre e comunque di “casi isolati”, mentre non viene riconosciuta l’esistenza di un problema sistemico che non riguarda unicamente la massa di crediti in sofferenza, ma l’approccio e la visione di insieme. Se la scorsa Manovra aveva introdotto nel Testo unico bancario una definizione stringente di finanza eticamente orientata, il rischio è che tale riconoscimento rimanga una nicchia marginale in un sistema caratterizzato da regole a taglia unica, cucite sui gruppi di maggiore dimensione. A ottobre 2017 la Commissione Europea dichiara di abbandonare il progetto per una separazione tra banche commerciali e banche di investimento, una delle riforme più urgenti che si sarebbero dovute adottare per evitare che il risparmio dei clienti finisca nel casinò della speculazione, e venga quindi da un lato messo a rischio e dall’altro sottratto al finanziamento dell’economia reale. Perché i clienti delle banche “too big to fail” diventano complici inconsapevoli dello stesso sistema di cui sono vittime. Le riforme più stringenti di questi anni hanno riguardato l’attività bancaria orientata a erogare credito all’economia reale, con controlli soffocanti soprattutto per gli istituti di piccola dimensione. All’opposto, le attività puramente speculative continuano indisturbate, portando al paradosso di un sistema finanziario sempre più incentrato verso queste ultime. Anche in Italia si è affermato un sistema di supervisione di matrice anglosassone, ovvero non di proibizione di alcune operazioni, ma di controlli a valle. La situazione attuale mostra come questo approccio sia a dir poco inefficace. Come nel dibattito tra bail-out o bail-in, le normative continuano a concentrarsi su cosa fare quando scoppia una crisi e succede un disastro: a fronte del drammatico ripetersi di tali eventi sarebbe ora di domandarsi come evitarli intervenendo a monte. La mancata separazione tra banche commerciali e di investimento non è soltanto gravissima in sé, ma peggio ancora è un segnale che abbiamo invertito la rotta: le lobby rialzano la testa, chiedendo nuovamente di abbattere regole e controlli. La lezione della crisi, ammesso che sia mai stata appresa, è già dimenticata.
Il riconoscimento della finanza etica deve essere allora solo un punto di partenza. Occorre portare questo lavoro in Europa, e ragionare su dove siamo dieci anni dopo lo scoppio della crisi dei subprime, su cosa (non) è stato fatto. Per questo Sbilanciamoci! chiede l’introduzione di alcune regole per chiudere una volta per tutte il casinò finanziario. Reintrodurre la separazione tra banche commerciali e di investimento, porre limiti ai bonus dei manager bancari, una tassa sulle transazioni finanziarie, una seria lotta ai paradisi fiscali e altro ancora. Misure che devono essere parte di un cambio di paradigma, in cui la finanza non è un fine in se stesso, ma uno strumento al servizio della società. È difficile fornire una stima dell’impatto sui conti pubblici – in positivo quanto in negativo – delle misure adottate e di quelle che si potrebbero adottare. Come per gli anni scorsi, l’unica su cui sono state condotte delle ricerche approfondite e per cui è disponibile una stima di gettito è l’introduzione di una “vera” tassa sulle transazioni finanziarie.

LE PROPOSTE DI SBILANCIAMOCI!

Introduzione di una vera Tassa sulle transazioni finanziarie Il Governo Monti ha introdotto nel 2012 una misura denominata “Tassa sulle transazioni finanziarie” (Ttf), ma lontanissima dalla proposta avanzata dalle reti europee e oggi in discussione fra 10 Paesi dell’Unione Europea che, sotto la procedura di cooperazione rafforzata, ne stanno negoziando l’architettura. La versione italiana si applica solo ad alcune azioni e alcuni derivati sulle azioni e, nel caso azionario, solo ai saldi di fine giornata, non alle singole operazioni. Non si tassano gli strumenti più speculativi e non si disincentiva l’intraday trading azionario, in particolare il regime di negoziazione ad alta frequenza, il più dannoso. In termini di gettito, la misura italiana ha generato lo scorso anno 400 milioni di euro. A giugno 2016 la Commissione Europea ha stimato che la Ttf potrebbe generare nei 10 Stati al centro del negoziato un gettito di circa 86,4 miliardi di euro annui, e nello specifico 16,3 miliardi l’anno per l’Italia. È però una stima onnicomprensiva, con oltre 48 miliardi annui attribuibili alla tassazione di strumenti (i long-term debt instruments e i repos e reverse repos) che questi Stati sono orientati a tenere fuori dall’ambito di applicazione dell’imposta europea. Lo stesso documento della Commissione quantifica peraltro in circa 22,2 miliardi di euro le stime per i 10 Paesi (4,2 miliardi annui per l’Italia) del gettito di una Ttf che rispecchia l’avanzamento dei lavori negoziali e l’architettura dell’imposta che sta emergendo. Si tratta verosimilmente anche del target erariale verso cui si orienteranno gli Stati Membri nella fase conclusiva del negoziato (e nella scelta delle aliquote). La mancanza a oggi di tale misura non dipende da motivi tecnici quanto da volontà politica. Consideriamo quindi il gettito che si sarebbe potuto avere già quest’anno con l’introduzione di una “vera” Ttf: sottraendo ai 4,2 miliardi stimati per l’Italia i circa 400 milioni della Ttf nazionale che cesserebbe di essere applicata, si arriva a un extra gettito di 3,8 miliardi annui. 
Maggiori entrate: 3.800 milioni di euro

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