Il ministro Tria prova a spegnere
sul nascere l’incendio che potrebbe essere provocato dall’outlook negativo di
Fitch, non ancora una bocciatura ma un segnale d’allarme certamente sì. Però il
semaforo verde della maggioranza il titolare dell’economia ancora non può
vantarlo, e la situazione resta in bilico.
Da Shangai il ministro sceglie di
guardare il bicchiere mezzo pieno. Il downgrade di Fitch non c’è stato. Moody’s
ha rinviato a ottobre il giudizio. «Vedo che le agenzie di rating stanno
aspettando le azioni del governo. Hanno correttamente sospeso il giudizio in
attesa dei fatti». Saranno i fatti, cioè la legge di bilancio, «a correggere in
senso positivo questi giudizi, che si basano su attribuzioni di intenzioni al
governo che evidentemente differiscono da quelle dichiarate». È la linea che
aveva già adottato palazzo Chigi venerdì notte, subito dopo l’uscita di Fitch.
Sarà la legge a tranquillizzare tutti: le agenzie, i mercati, la commissione
europea.
Tranquillizzare, in questo caso,
vuol dire una cosa sola: rispettare, pur se non alla lettera, gli impegni presi
con la Ue e soprattutto non sforare il tetto del 3% nel rapporto deficit/Pil,
anzi non avvicinarsi neppure a quel confine. Il ministro ci prova: «Abbiamo
impegni europei e vanno rispettati, ma essenzialmente dipendono dal rapporto
con i mercati finanziari. Il deficit significa chiedere prestiti, che è una
cosa legittima ma bisogna trovare chi il prestito è disposto a farlo». Tra le
righe è una promessa di non scostarsi troppo dalle cifre previste l’anno
scorso, rese poi impraticabili dalla mutata situazione economica complessiva.
Non quell’1,3% che il commissario europeo al Lavoro Moscovici aveva definito
venerdì «il tetto» rispetto allo 0,9% fissato inizialmente ma non più
dell’1,5-1,6%.
Resta da vedere se la maggioranza
accetterà il limite e non si direbbe, stando non solo alle dichiarazioni dei
giorni scorsi di Di Maio e poi Giorgetti, ma anche alla immediata replica a
Tria del presidente della commissione bilancio della Camera Borghi, già
responsabile dell’economia per la Lega: «Non mi risulta che ci siano nuovi
impegni dell’Italia con la Ue: sul futuro cominceremo a discutere martedì con
la riunione della Lega. Nessuno pensa di fare cose strane ma discuteremo come
muoverci per il bene dell’economia italiana e non siamo i soli a volerlo». Come
dire che i due partiti di maggioranza su questo fronte si muoveranno in
sintonia.
Però cosa Lega e 5S vogliano
ottenere non è chiaro. Certamente mirano a innalzare di qualche decimale i
conti del ministro, arrivando all’1,8%. In questo modo, oltre alla
sterilizzazione dell’Iva in deficit, avanzerebbe qualcosa per avviare la flat
tax, partendo dall’aliquota del 15% per professionisti e imprese. E per il
reddito di cittadinanza, mettendo in cantiere la riforma dei centri d’impiego.
In questo modo però la riduzione del deficit strutturale, che doveva essere
dell’1% secondo i conti dell’anno scorso ed è passata allo 0,4% con il Def di
aprile, sarebbe di fatto bloccata. È per questo che Tria resiste.
Sempre che le ripetute ipotesi di
sforamento del 3% siano davvero solo una minaccia messa sul tavolo per favorire
la trattativa. È probabile, non certo. Ancora ieri fonti della Lega vicine al
leader ripetevano che sì, certo, Tria fa il suo lavoro e la sua parte in
commedia e questo va bene. Ma alla fine il tetto dovrà essere sfondato. Sia
Lega che M5S vogliono infatti sommare al deficit per l’Iva e per l’avvio delle
riforme anche quello per la «messa in sicurezza» del paese. È l’ipotesi a cui
lavorano dall’inizio economisti come Savona e La Malfa. Per avanzare una simile
richiesta a Bruxelles con qualche possibilità di successo, però, sarebbe
necessario garantire il rigore sugli altri fronti, cioè rinunciare alle riforme
promesse in campagna elettorale, e questo i partiti di maggioranza non vogliono
farlo.
Nelle prossime settimane, quindi,
proseguiranno due trattative diverse ma intrecciate: quella tra i partiti di
maggioranza e il ministro tecnico dell’economia e quella tra lo stesso ministro
e Bruxelles. Nulla di straordinario. Momenti simili accompagnano puntualmente
il varo della manovra. Il punto critico è che stavolta è alla prova un governo
sconosciuto e circondato dal sospetto, e la doppia trattativa si svolge in una
fase particolarmente difficile sui mercati. Ecco perché Tria invita apertamente
i media a non diffondere un allarmismo che verrebbe puntualmente amplificato
dai mercati.
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