sabato 1 settembre 2018

ECONOMIA Conti: la doppia trattativa di Tria Andrea Colombo

Andrea Colombo IL manifesto

Il ministro Tria prova a spegnere sul nascere l’incendio che potrebbe essere provocato dall’outlook negativo di Fitch, non ancora una bocciatura ma un segnale d’allarme certamente sì. Però il semaforo verde della maggioranza il titolare dell’economia ancora non può vantarlo, e la situazione resta in bilico.
Da Shangai il ministro sceglie di guardare il bicchiere mezzo pieno. Il downgrade di Fitch non c’è stato. Moody’s ha rinviato a ottobre il giudizio. «Vedo che le agenzie di rating stanno aspettando le azioni del governo. Hanno correttamente sospeso il giudizio in attesa dei fatti». Saranno i fatti, cioè la legge di bilancio, «a correggere in senso positivo questi giudizi, che si basano su attribuzioni di intenzioni al governo che evidentemente differiscono da quelle dichiarate». È la linea che aveva già adottato palazzo Chigi venerdì notte, subito dopo l’uscita di Fitch. Sarà la legge a tranquillizzare tutti: le agenzie, i mercati, la commissione europea.
Tranquillizzare, in questo caso, vuol dire una cosa sola: rispettare, pur se non alla lettera, gli impegni presi con la Ue e soprattutto non sforare il tetto del 3% nel rapporto deficit/Pil, anzi non avvicinarsi neppure a quel confine. Il ministro ci prova: «Abbiamo impegni europei e vanno rispettati, ma essenzialmente dipendono dal rapporto con i mercati finanziari. Il deficit significa chiedere prestiti, che è una cosa legittima ma bisogna trovare chi il prestito è disposto a farlo». Tra le righe è una promessa di non scostarsi troppo dalle cifre previste l’anno scorso, rese poi impraticabili dalla mutata situazione economica complessiva. Non quell’1,3% che il commissario europeo al Lavoro Moscovici aveva definito venerdì «il tetto» rispetto allo 0,9% fissato inizialmente ma non più dell’1,5-1,6%.
Resta da vedere se la maggioranza accetterà il limite e non si direbbe, stando non solo alle dichiarazioni dei giorni scorsi di Di Maio e poi Giorgetti, ma anche alla immediata replica a Tria del presidente della commissione bilancio della Camera Borghi, già responsabile dell’economia per la Lega: «Non mi risulta che ci siano nuovi impegni dell’Italia con la Ue: sul futuro cominceremo a discutere martedì con la riunione della Lega. Nessuno pensa di fare cose strane ma discuteremo come muoverci per il bene dell’economia italiana e non siamo i soli a volerlo». Come dire che i due partiti di maggioranza su questo fronte si muoveranno in sintonia.
Però cosa Lega e 5S vogliano ottenere non è chiaro. Certamente mirano a innalzare di qualche decimale i conti del ministro, arrivando all’1,8%. In questo modo, oltre alla sterilizzazione dell’Iva in deficit, avanzerebbe qualcosa per avviare la flat tax, partendo dall’aliquota del 15% per professionisti e imprese. E per il reddito di cittadinanza, mettendo in cantiere la riforma dei centri d’impiego. In questo modo però la riduzione del deficit strutturale, che doveva essere dell’1% secondo i conti dell’anno scorso ed è passata allo 0,4% con il Def di aprile, sarebbe di fatto bloccata. È per questo che Tria resiste.
Sempre che le ripetute ipotesi di sforamento del 3% siano davvero solo una minaccia messa sul tavolo per favorire la trattativa. È probabile, non certo. Ancora ieri fonti della Lega vicine al leader ripetevano che sì, certo, Tria fa il suo lavoro e la sua parte in commedia e questo va bene. Ma alla fine il tetto dovrà essere sfondato. Sia Lega che M5S vogliono infatti sommare al deficit per l’Iva e per l’avvio delle riforme anche quello per la «messa in sicurezza» del paese. È l’ipotesi a cui lavorano dall’inizio economisti come Savona e La Malfa. Per avanzare una simile richiesta a Bruxelles con qualche possibilità di successo, però, sarebbe necessario garantire il rigore sugli altri fronti, cioè rinunciare alle riforme promesse in campagna elettorale, e questo i partiti di maggioranza non vogliono farlo.
Nelle prossime settimane, quindi, proseguiranno due trattative diverse ma intrecciate: quella tra i partiti di maggioranza e il ministro tecnico dell’economia e quella tra lo stesso ministro e Bruxelles. Nulla di straordinario. Momenti simili accompagnano puntualmente il varo della manovra. Il punto critico è che stavolta è alla prova un governo sconosciuto e circondato dal sospetto, e la doppia trattativa si svolge in una fase particolarmente difficile sui mercati. Ecco perché Tria invita apertamente i media a non diffondere un allarmismo che verrebbe puntualmente amplificato dai mercati.

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