Andrea Colombo – Il manifesto
16 Settembre 2018
Di ritocco in ritocco la Flat Tax
appare sempre meno piatta. Al momento, stando a quando dichiara il
sottosegretario leghista all’Economia Massimo Bitonci, la aliquote dovrebbero
essere tre: una al 15% per i redditi fino a 65mila euro, una al 20% per quelli
fino a 100mila. Potrebbe però esserci anche una tassa irrisoria, limitata al
5%, per le start-up di giovani under 35 con ricavi fino a 65mila euro. Non sarà
per l’anno prossimo ma per quelle successivo, il 2020 e Di Maio promette che
«non sarà rigida: chi pagava meno rispetto al nuovo sistema continuerà a
farlo».
Ci dovrebbe essere invece subito
la «pace fiscale«, necessaria per fare cassa, con tetto fino a un milione per
contribuente. Ma i tecnici del Carroccio stanno cercando di aggirare la principale
critica sul condono: l’essere cioè una misura inevitabilmente «una tantum».
Mica è detto. Si potrebbe inventare «una sorta di transazione fiscale
permanente», che diventerebbe una misura a regime. Cosa significhi nel concreto
per il momento, però, è sibillino. Sul tavolo leghista c’è anche la riduzione
dell’Ires dall’attuale 24% al 15%, ma solo per le imprese che reinvestono in
macchinari o in assunzioni. Dovrebbero infine essere stanziati 500 milioni per
risarcire i risparmiatori truffati dalle banche.
MENTRE IL CARROCCIO SI DÀ da fare
sul suo fronte, quello fiscale, M5S fa la stessa cosa su quello del reddito di
cittadinanza. «Ci sarà certamente: dopo un decennio di miope austerità è
arrivato il momento di politiche espansive», giura Di Maio. Promette che il
tutto avverrà in perfetta armonia con la Ue e con il ministro Tria, che secondo
il presidente leghista della commissione Finanze del Senato Bagnai si occupa
essenzialmente di cercare una «mediazione tecnica» tra le esigenze della Lega e
quelle di M5S. Come si concili questa armonia perfetta con le cifre è però un
mistero. Al netto di nuove sorprese da parte dello spread, la manovra
oltrepasserebbe i 30 miliardi: 8 a ciascuno ai soci di governo, più i 12 e
mezzo per l’Iva e almeno 4, a tenersi bassi, per le spese correnti. Per
coniugare la cifretta con il rigorismo invocato dall’Europa, che vuole comunque
una diminuzione del deficit strutturale, ci vorrà un prestigiatore.
È VERO CHE IN QUESTI CASI i
conigli dal cilindro saltano fuori sempre, stavolta però c’è uno scoglio che
non potrà essere aggirato con giochi di parole e di conti: la riforma Fornero.
Bitonci, e prima di lui lo stesso Salvini, hanno confermato di mirare a
rivederla per arrivare a “quota 100” con 62 anni di età come minimo. È un passo
che Bruxelles, ma ancora più Francoforte, non vogliono accettare.
Significherebbe rimettere in discussione tutto l’impianto riformista che Mario
Draghi vuole invece che sia confermato e anzi più celermente implementato. È su
quel fronte, peraltro ad altissimo tasso di popolarità tra gli elettori
italiani, che il governo e l’Europa si giocheranno la partita nei prossimi
mesi.
L’AFFONDO DI DRAGHI ne è stato un
chiaro segnale. Ma lo sono anche gli attacchi concentrici rivolti ora dal
Carroccio al presidente della Bce. «Mosovici e Draghi – sostiene Giorgetti –
dicono le cose che pensano in difesa delle loro istituzioni. Noi, che siamo il
governo italiano, diciamo le cose che pensiamo in difesa del popolo italiano».
Più affilato Bagnai: «Quelle della Bce sono dichiarazioni particolarmente
incresciose. Chi si occupa di mercati finanziari dovrebbe essere più riservato
ed evitare di dare l’impressione che siano le banche a dare la fiducia ai
governi». Sono toni ancora molto misurati, ma sino a ieri criticare Mario Draghi
era praticamente per l’intero quadro politico italiano un tabù. Che sta
evidentemente per essere infranto.
LA MANOVRA, INTANTO, OFFRE a Fi
un’occasione d’oro per provare di nuovo a incunearsi tra Lega e M5S. Il coro
azzurro insiste perché Salvini torni al modello originale di tassa «davvero»
piatta, con una sola aliquota. Le grandi manovre di riavvicinamento tra Lega e
Arcore si svilupperanno solo oggi, nell’incontro tra i due leader. La mossa
d’apertura sarà il via libera di Fi alla presidenza Rai per Foa: ma di lì
Berlusconi cercherà ben più ampie e ambiziose convergenze.
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