Stefano Caserini,
Climalteranti.it
altreconomia.it
15 settembre 2018
Paleoclimatologia:
che cosa può raccontarci l clima del passato. Dalla misura degli anelli nel
tronco alle analisi delle calotte glaciali. Gli appunti preziosi sul nostro
sistema climatico Stefano Caserini è docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici
al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “Il clima è (già) cambiato”
(Edizioni Ambiente, 2016) di Stefano Caserini, Climalteranti.it
L’idea
è semplice: studiare il clima del passato per capire come potrebbe cambiare il
clima del futuro. La paleoclimatologia è la scienza che si occupa di questo. Le
tecniche utilizzate sono tante: dalla misura degli anelli nel tronco degli alberi
multi-secolari si risale alla temperatura del passato (lo spessore è maggiore
quando l’anno è più caldo); dalle bollicine d’aria intrappolata nei ghiacci delle
calotte glaciali si ricavano le concentrazioni di tanti gas fra cui la CO2 (si
arriva a 80.000 anni fa) e indirettamente si risale alle temperature e al
livello dei mari. Ci sono inoltre le analisi dei pollini, dei coralli, dei
sedimenti, etc; spiegare i dettagli richiederebbe troppo spazio. Insomma, una
scorpacciata di dati affascinanti, raccolti con fatica, in alcuni casi con vere
e proprie imprese scientifiche; dati condivisi nella comunità dei climatologi, utilizzati
in migliaia di pubblicazioni scientifiche.
Uno
dei primi lavori di paleoclimatologia a fare scalpore fu quello che vedeva come
primo autore Michael Mann, che di recente ha fatto un tour di conferenze in
diverse università italiane ed ha partecipato alla festa del decennale di Climalteranti.it.
Mann vent’anni fa pubblicò un lavoro in cui ricostruiva le temperature di sei
secoli precedenti e mostrava come quelle del XX secolo erano insolitamente
alte. Il grafico che mostrava il deciso incremento delle temperature diventò famoso
con il termine “hockey stick” (“mazza da hockey”): la lunga prima parte in cui
i valori erano sostanzialmente stabili era il manico, la parte finale più breve
di brusca crescita era la lama. Per quel lavoro, Mann fu pesantemente attaccato
dai repubblicani di Bush e Cheney, fu sottoposto ad una sorta di inquisizione.
Ne uscì vincente, aveva ragione.
Oggi in paleoclimatologia
si è andati oltre, si cerca di capire cosa il passato può dirci sul futuro. Un
grande lavoro appena pubblicato, firmato da 59 scienziati di 47 istituti di
ricerca, ha raccolto una quantità colossale di dati, e ha confrontato il
periodo in cui viviamo con altri periodi caldi del nostro Pianeta: ad esempio
il periodo più caldo dell’Olocene 5mila-11mila anni fa; oppure l’ultimo periodo
“interglaciale” 116mila-129mila anni fa. I confronti non sono facili perché le cause
erano diverse (oggi, i gas serra; in passato la variazione dei parametri
orbitali) e le velocità del riscaldamento oggi era
più alto il livello del mare 120.000 anni fa, quando le temperature del Pianeta
non erano molto diverse da quelle attuali sono molto maggiori.
Ma
si può cercare di capire quanto il nostro Pianeta sia “sensibile” alle
variazioni delle temperature, ossia quanto siano stabili le sue calotte
glaciali, il suo livello del mare, la sua copertura vegetale. I risultati di
questo lavoro ci dicono che il sistema climatico è molto sensibile e ha una
grande inerzia.
In
quei periodi del passato in cui le temperature medie globali raggiunsero
livelli simili agli attuali, ci furono significative variazioni nei ghiacci
montani e polari, nelle precipitazioni, nell’estensione delle foreste e delle
aree più aride.
120mila
anni fa, quando il livello del mare divenne circa 6 metri più alto di oggi, le
decine di migliaia di Sapiens viventi non faticarono ad adattarcisi. Da 11mila
a 5mila anni fa l’altezza dei mari aumentò di circa 50 metri raggiungendo i livelli
attuali. I 4-5 milioni di abitanti umani del Pianeta non avevano città sulle
coste di cui preoccuparsi o grandi distese di territorio coltivato in cui produrre
il cibo. Misero in atto la loro millenaria strategia, quella di spostarsi.
C’era un mondo a disposizione, non c’erano muri, non c’erano frontiere, non c’erano
ministri dell’Interno.
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