venerdì 14 settembre 2018

LAVORO La sicurezza in un Paese impaurito

Stefano Iucci e Carlo Ruggiero – Rassegna sindacale
15 settembre 2018


Giustizia e sicurezza: una questione complessa. Un tema cruciale, che incrocia quello della crisi e di una società sempre più impaurita. Se ne è parlato a Lecce, nel dibattito che ha chiuso la seconda giornata delle Giornate del lavoro. Secondo Giuseppe Massafra, segretario confederale della Cgil, l’impoverimento complessivo del paese “ha prodotto rabbia e rancore. Una dinamica pericolosa che crea il terreno più adatto per il rafforzamento delle mafie. E mentre il paese sprofonda nell’illegalità, c’è il silenzio assordante di una parte della politica che, invece di preoccuparsi di questo, sembra spostare l’attenzione verso altri problemi: il pericolo non viene dall’interno, ma da fuori dai migranti”.
Massafra cita due esempi di questa deriva: “Non è mai capitato in questo paese che un ministro dell’Interno che va in Sicilia per la prima volta, invece di parlare di come si contrasta la criminalità, si occupa di una nave. Altro dato gravissimo, è ancora non si è insediata la Commissione antimafia”.
Questa situazione, sottolinea il sindacalista, “sta cambiando la percezione della sicurezza nel paese: non più vista in una prospettiva di fiducia nel futuro, ma come chiusura e arroccamento. Le conseguenze sono evidenti: una sorta di militarizzazione del paese, affidata al singolo, come dimostra la recente semplificazione della possibilità di utilizzare le armi”.
 “Faccio questo lavoro da più di 30 anni – ha poi detto Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Catanzaro - e so che chiunque sia stato al potere, di destra, di sinistra o di centro, non ha mai ritenuto la lotta alla mafia come obiettivo principale. La legislazione antimafia italiana, in realtà,  è la più evoluta al mondo, ma in realtà le leggi sono arrivate ogni volta dopo una strage. Non c’è mai stato un parlamento che ha pensato a un approccio sistemico, in grado di cambiare i codici per fare in modo che non ci sia più convenienza a delinquere. E’ da qui che bisogna partire, cambiando le regole di ingaggio che non  funzionano”. Per il procuratore di Catanzaro, “il problema è che nel 2011 sono state bloccate le assunzioni nelle forze dell’ordine, e l’età media dei poliziotti è oggi di 47 anni. Non possiamo permetterci il lusso di stare tre anni ad aspettare i concorsi per arrivare a un livello minimo accettabile. Molte volte non faccio indagini perché non bastano gli uomini”. “C’è bisogno di ottimizzare i costi”, afferma Gratteri, che arriva anche ad ipotizzare la chiusura della Dia, “per ridistribuire gli uomini sui corpi ordinari.”
Il problema degli organici è stato confermato anche dal capo della polizia Franco Gabrielli. “La vera tragedia di questo Paese, -  ha continuato -  è che in viviamo un presente eterno. Non abbiamo  una visione, non riusciamo ad immaginare una prospettiva, una progettualità”. Anche il fenomeno migratorio per Gabrielli  è stato governato e viene governato con questo grande limite”. Il tema migratorio, per il capo della polizia, è un tavolo che poggia su tre gambe.   La prima sono i flussi, “che vanno regolati, ma in questo paese il sistema legale si è ‘animizzato’ , buttando tutto sull’umanitario, pensando che il flusso fosse temporaneoLo è stato fatto sin a partire dagli anni ’90, sempre affrontato con strumenti emergenziali”.
Poi c’è il tema dei rimpatri, “ma per rimpatriare una persona bisogna prima identificarla e identificare un paese che ne riconosce l’appartenenza, cosa che molto spesso non avviene”.  Il terzo problema riguarda l’integrazione:  “Perché una massa significativa di soggetti  va governata per evitare che produca forme di illegalità, criminalità e addirittura di terrorismo”. Ma per fare integrazione, “ci vogliono politiche adatte e il coraggio di assumere decisioni spesso non popolari. Da queste cose però non si può sfuggire se vogliamo costruire un domani migliore”. Alla fine, ha concluso Gabrielli, “ la polizia è sempre chiamata a fare la foglia di fico di responsabilità non assunte da altri”.
Il dibattito è stato chiuso dall’intervento di Pif, regista che alla mafia ha dedicato film divertenti e intelligenti. Tra battute e frecciate alla nostra classe politica, il regista ha sottolineato un tema molto serio: con ministri che fanno dichiarazioni a piè sospinta, “come bambini che postano con il cellulare sempre in mano”, come si fa a distinguere il serio dal faceto. E cosa fa più ridere, la satira o la realtà? La risposta, stasera, non l’ha saputa dare nessuno.

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