Stefano Iucci e Carlo Ruggiero – Rassegna
sindacale
15 settembre 2018
Giustizia e sicurezza: una
questione complessa. Un tema cruciale, che incrocia quello della crisi e di una
società sempre più impaurita. Se ne è parlato a Lecce, nel dibattito che ha
chiuso la seconda giornata delle Giornate del lavoro. Secondo Giuseppe
Massafra, segretario confederale della Cgil, l’impoverimento complessivo del
paese “ha prodotto rabbia e rancore. Una dinamica pericolosa che crea il
terreno più adatto per il rafforzamento delle mafie. E mentre il paese
sprofonda nell’illegalità, c’è il silenzio assordante di una parte della
politica che, invece di preoccuparsi di questo, sembra spostare l’attenzione
verso altri problemi: il pericolo non viene dall’interno, ma da fuori dai
migranti”.
Massafra cita due esempi di
questa deriva: “Non è mai capitato in questo paese che un ministro dell’Interno
che va in Sicilia per la prima volta, invece di parlare di come si contrasta la
criminalità, si occupa di una nave. Altro dato gravissimo, è ancora non si è
insediata la Commissione antimafia”.
Questa situazione, sottolinea il
sindacalista, “sta cambiando la percezione della sicurezza nel paese: non più
vista in una prospettiva di fiducia nel futuro, ma come chiusura e
arroccamento. Le conseguenze sono evidenti: una sorta di militarizzazione del
paese, affidata al singolo, come dimostra la recente semplificazione della
possibilità di utilizzare le armi”.
“Faccio questo lavoro da più di 30 anni – ha
poi detto Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Catanzaro - e so che
chiunque sia stato al potere, di destra, di sinistra o di centro, non ha mai
ritenuto la lotta alla mafia come obiettivo principale. La legislazione
antimafia italiana, in realtà, è la più
evoluta al mondo, ma in realtà le leggi sono arrivate ogni volta dopo una
strage. Non c’è mai stato un parlamento che ha pensato a un approccio sistemico,
in grado di cambiare i codici per fare in modo che non ci sia più convenienza a
delinquere. E’ da qui che bisogna partire, cambiando le regole di ingaggio che
non funzionano”. Per il procuratore di
Catanzaro, “il problema è che nel 2011 sono state bloccate le assunzioni nelle
forze dell’ordine, e l’età media dei poliziotti è oggi di 47 anni. Non possiamo
permetterci il lusso di stare tre anni ad aspettare i concorsi per arrivare a
un livello minimo accettabile. Molte volte non faccio indagini perché non
bastano gli uomini”. “C’è bisogno di ottimizzare i costi”, afferma Gratteri,
che arriva anche ad ipotizzare la chiusura della Dia, “per ridistribuire gli
uomini sui corpi ordinari.”
Il problema degli organici è
stato confermato anche dal capo della polizia Franco Gabrielli. “La vera
tragedia di questo Paese, - ha
continuato - è che in viviamo un
presente eterno. Non abbiamo una
visione, non riusciamo ad immaginare una prospettiva, una progettualità”. Anche
il fenomeno migratorio per Gabrielli è
stato governato e viene governato con questo grande limite”. Il tema
migratorio, per il capo della polizia, è un tavolo che poggia su tre
gambe. La prima sono i flussi, “che
vanno regolati, ma in questo paese il sistema legale si è ‘animizzato’ ,
buttando tutto sull’umanitario, pensando che il flusso fosse temporaneoLo è
stato fatto sin a partire dagli anni ’90, sempre affrontato con strumenti
emergenziali”.
Poi c’è il tema dei rimpatri, “ma
per rimpatriare una persona bisogna prima identificarla e identificare un paese
che ne riconosce l’appartenenza, cosa che molto spesso non avviene”. Il terzo problema riguarda
l’integrazione: “Perché una massa
significativa di soggetti va governata
per evitare che produca forme di illegalità, criminalità e addirittura di
terrorismo”. Ma per fare integrazione, “ci vogliono politiche adatte e il
coraggio di assumere decisioni spesso non popolari. Da queste cose però non si
può sfuggire se vogliamo costruire un domani migliore”. Alla fine, ha concluso
Gabrielli, “ la polizia è sempre chiamata a fare la foglia di fico di
responsabilità non assunte da altri”.
Il dibattito è stato chiuso
dall’intervento di Pif, regista che alla mafia ha dedicato film divertenti e
intelligenti. Tra battute e frecciate alla nostra classe politica, il regista
ha sottolineato un tema molto serio: con ministri che fanno dichiarazioni a piè
sospinta, “come bambini che postano con il cellulare sempre in mano”, come si
fa a distinguere il serio dal faceto. E cosa fa più ridere, la satira o la
realtà? La risposta, stasera, non l’ha saputa dare nessuno.
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