venerdì 14 settembre 2018

LAVORO «Mai indifferenti», quei disvalori che tornano a far paura


Guido Iocca – Rassegna sindacale
15 settembre 2018


Trieste, 18 settembre 1938: Benito Mussolini arringa la folla assiepata attorno al palco allestito in piazza Unità d’Italia. La questione razziale, scandisce il Duce con la sua voce stentorea, "è in relazione con la conquista dell’Impero; poiché la storia c'insegna che gli imperi si conquistano con le armi, ma si tengono col prestigio. E per il prestigio – argomenta ancora il capo del fascismo – occorre una chiara, severa coscienza razziale che stabilisca non soltanto delle differenze, ma delle superiorità nettissime".

Si tratta di uno dei passaggi centrali del discorso con cui Mussolini lanciò, proprio da Trieste, la città che aveva già visto la persecuzione fascista della minoranza slovena, la campagna che di lì a pochi giorni si sarebbe concretizzata nell’approvazione delle cosiddette “leggi razziali”, volte a colpire la piccola minoranza ebraica esistente in Italia. Minoranza costituita all’epoca, all’incirca, da un ebreo ogni mille italiani.

Questa frase di Mussolini è stata ora riprodotta, insieme a molti altri documenti, a foto anche inedite, a storie di personaggi noti – quali Claudio Treves e Vittorio Foa – e di vittime quasi sconosciute, in uno dei 40 pannelli su cui si articola la mostra intitolata “Mai indifferenti” e che la sezione dell’Anpi costituita presso la Cgil nazionale e dedicata al ricordo di Adele Bei ha voluto realizzare in occasione dell’80° anniversario di quella tragica pagina della nostra storia nazionale.

La mostra è stata inaugurata a Lecce, in occasione dell’apertura della quinta edizione delle Giornate del lavoro organizzate dalla Cgil. Parlando all’interno del chiostro dell’ex convento dei Teatini, che ospita l’iniziativa, Nino Baseotto, segretario confederale della Cgil, si è riallacciato a quella frase di Mussolini. Una frase che mostra, con assoluta e argomentata chiarezza, come la scelta razzista del regime non fosse stata, come molti credono (o vogliono far credere), un passaggio dovuto alla contingente necessità di compiacere l’alleato nazista, ma una scelta ben radicata nell’essenza stessa del fascismo. Un movimento politico i cui “valori” erano il nazionalismo, la violenza, la disuguaglianza, l’odio per tutti quelli che “non sono come noi”. “Valori” o, per dir meglio, disvalori che culminarono nella politica coloniale africana e nella costruzione di quello che fu pomposamente definito come “l’Impero”.

A questi disvalori, che nell’Europa dei nostri giorni sono tornati a circolare con forza, la Cgil è naturalmente avversa. E ciò non solo perché la democrazia, il valore dei valori cui è dedicata questa quinta edizione delle Giornate del lavoro, costituisce la premessa logica e sostanziale dell’esistenza stessa del sindacato. Ma anche per motivi, se così si può dire, genetici. Non è davvero un caso se fu proprio Giuseppe Di Vittorio, che proprio ieri (13 settembre) Susanna Camusso ha definito qui a Lecce, in occasione dell’inaugurazione di un’altra importante mostra (“Giuseppe Di Vittorio eroe del lavoro”), come “il padre” dell’attuale confederazione, tra i primi a denunciare, senza nessun tentennamento, la scelta razzista di Mussolini.

Dalla mostra sull’80° delle leggi razziali si evince, in particolare, la sistematicità e la capillarità delle persecuzioni cui, fra il 1938 e il 1943, gli ebrei furono sottoposti nell’Italia fascista. Si andò dall’espulsione di studenti e insegnanti dalle scuole “di ogni ordine e grado” al licenziamento degli impiegati pubblici, fino a divieti particolarmente assurdi, come quello di possedere una radio, o crudeli, come il divieto di pubblicare necrologi riguardanti la morte di un cittadino “di razza ebraica”. Tra il 1943 e il 1945, poi, la Repubblica sociale mussoliniana si pose, con i suoi uomini e le sue strutture, al servizio della politica di sterminio perseguita dal nazismo hitleriano.

La mostra – il merito della cui realizzazione, ha ricordato Lorenzo Mazzoli, presidente della sezione Anpi “Adele Bei”, è dovuto in gran parte al lavoro di coordinamento svolto da Patrizia Lazoi – si articola, come detto, su 40 pannelli che possono essere anche riprodotti. Dato il suo taglio didascalico, e considerata anche la sua attualità, sarebbe bene, ha detto ancora Baseotto, che nelle settimane e nei mesi in cui le Cgil territoriali e le categorie saranno impegnate nel percorso congressuale, venisse colta l’opportunità rappresentata dalla possibilità di ospitarla. Sarebbe insomma bene che la mostra potesse circolare quanto più sarà possibile. Un auspicio che ci sentiamo di condividere in pieno.

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