Lello Saracino– Rassegna
sindacale
15 settembre 2018
Si può essere dipendenti da
Internet? Per Gian Luigi Gessa, esperto di neuropsicofarmacologia sì, ma con
un'avvertenza: “Dire dipendenza dalla rete è una semplificazione. Non si è
dipendenti da un tabaccaio, ma dalla nicotina. Allo stesso modo non è Internet,
ma alcuni suoi contenuti”. Il secondo appuntamento con le lectio magistralis
delle Giornate del lavoro che la Cgil tiene a Lecce ha visto protagonista il
professore emerito dell’Università degli Studi di Cagliari. “La rete ha quasi
trent’anni e oggi abbiamo studi per affermare che così come si diventa
dipendenti dal cibo, dalle droghe, allo stesso modo alcuni contenuti e
programmi che la rete offre possono creare addiction, come la definiscono gli
anglosassoni. Ed è un termine più corretto, perché definisce meglio la forma di
schiavitù”.
Per riconoscere questa nuova
dipendenza si osservano i sintomi, “si utilizzano i criteri diagnostici – ha
spiegato Gessa – della dipendenza dalle droghe”. Quindi l’assillo, il pensiero
fisso, “come accedere subito alla rete al risveglio o farlo frequentemente.
Ancora, il tentativo senza successo di smettere, la crisi di astinenza
caratterizzata da un malessere soggettivo, la persistenza, la perdita di
precedenti interessi, fino al negare la stessa dipendenza e ingannare se stessi
dicendo smetto quando voglio”.
Addiction che riguarda quindi non
tanto la rete, l’infrastruttura, ma i suoi contenuti, che possono essere
diversi. “I giochi, soprattutto per ragazzi, ma sempre più anche per adulti, il
gioco d’azzardo, i social, la pornografia”. Il principale programma che spinge
alla dipendenza per Gessa sono proprio i giochi, “perché chi li sviluppa e
produce sa come farli, stimola un istinto innato, quello dell’affermarsi. Che
può significare uccidere, che è gratificante nella scimmia, nel topo così come
nell’uomo. Si uccide virtualmente un alieno, un estraneo, un diverso. E non è
proprio un bell'insegnamento”.
I meccanismi che portano alla
dipendenza sono uguali a quelli delle droghe e chiamano in causa i neuroni.
“Tutte le droghe sono duplicati di chiavi che già abbiamo nel nostro cervello e
agiscono sui neurotrasmettitori. Attivano droghe endogene, emozioni, stimoli
che abbiamo e che sono indotti. Inducono a comportamenti istintuali. Gli stessi
che in laboratorio abbiamo osservato negli animali. Ognuna delle droghe
classiche ha una sua sorella che serve a produrre gli stessi effetti che
produciamo artificialmente”. Anzi, le droghe “producono effetti anche più
intensi e ti invitano a ricordarti di rifarlo”. Allo stesso modo sono seducenti
e stimolano alcune zone del cervello, rispondendo a meccanismi naturali. Quindi
la dipendenza c’è, esiste, e bisogna vigilare, soprattutto sui più giovani”.
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