Maurizio Minnucci – Rassegna
sindacale
15 settembre 2018
“L’Italia è il Paese con il più
alto debito pubblico del mondo, con 4 mila miliardi di ricchezza concentrati
nelle mani di poche persone e 200 miliardi di evasione. È l’ora di affrontare
questo trittico e iniziare la redistribuzione, rafforzando il ruolo del
pubblico, altrimenti non si riesce nemmeno a ricostruire un ponte quando c’è
bisogno”. Così il segretario confederale della Cgil Vincenzo Colla durante un
dibattito sulle infrastrutture alle Giornate del lavoro in corso a Lecce, a un
mese esatto dal disastro di Genova. Al centro della discussione, il recente
decreto del governo che sta suscitando molte polemiche per la sua
inconsistenza. “Lo scontro istituzionale sulle responsabilità per la
ricostruzione – ha aggiunto Colla – è quanto di più lontano si possa immaginare
rispetto a ciò che servirebbe in un momento come questo, cioè unità e coesione
della politica, coinvolgendo tutti i soggetti interessati”.
È dello stesso avviso la
senatrice del Pd Teresa Bellanova: "Non si capisce neanche se siamo di
fronte a un vero decreto. Non c’è nulla per la ricostruzione immediata, non è
chiaro chi deve intervenire. Di fronte a situazioni drammatiche come queste, il
Paese avrebbe bisogno di unità per risolvere i problemi. Lo straccio
d’ipocrisia con cui il governo si presenta a Genova è invece il risultato di un
mese di parole vuote. Dove sta la revoca della concessione? Chi deve demolire e
ricostruire, e con quali risorse?”, incalza la senatrice dem rivolgendosi
all'esecutivo: “Qui si perde tempo per comporre diatribe politiche che non
interessano ai cittadini e intanto si scaricano le responsabilità sugli
amministratori locali".
Per il segretario generale
aggiunto della Cisl, Luigi Sbarra, quella di Genova “è una ferita profonda per
la comunità nazionale e i ritardi del governo sono incomprensibili e
inaccettabili. Manca un clima di unità e di coesione, il decreto è un
contenitore vuoto: non ci sono le scelte su chi affidare i poteri, né sulle
risorse”. L’altra urgenza, ha osservato, è “dare risposte alle centinaia di
famiglie nel dramma che reclamano un tetto. C’è un tessuto economico e
produttivo ormai lacerato, il rischio è perdere migliaia di posti di lavoro”.
Il caso del ponte Morandi, hanno
osservano i partecipanti al dibattito, è soltanto la punta di un iceberg,
perché le infrastrutture e le reti nel nostro Paese avrebbero bisogno di ben
altra attenzione, a cominciare dai porti. Lo ha ricordato Tito Vespasiani,
segretario generale dell’ Autorità portuale del mare adriatico meridionale:
“Guardiamo l’Egitto: hanno raddoppiato il canale di Suez e così sono riusciti a
far passare da lì la gran parte dei traffici tra Europa ed Estremo Oriente, il
25 per cento dei container, il 30 per cento del petrolio. E l’Italia –
sottolinea Vespasiani – sarebbe il ponte naturale per attrarre questi traffici.
Serve un piano strategico, non opere faraoniche”, conclude, riferendosi in
particolare alle connessioni tra porti e ferrovie.
Gli investimenti sono necessari
per tutti settori, compreso ovviamente il trasporto aereo, ha aggiungo Vincenzo
Colla: “Il turismo rappresenta il 13 per cento del nostro Pil e 3 milioni di lavoratori.
Se muore Alitalia – ha osservato il dirigente sindacale – si colpisce un
settore strategico”. Più in generale, ha concluso, “solo una vera politica
industriale può dare le risposte necessarie al Paese. Altro che pace fiscale,
quello è solo un grande condono e non farà altro che aumentare la rabbia di chi
è più debole”.
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