venerdì 14 settembre 2018

LOTTA ALLE MAFIE Le ingiustizie del Consiglio superiore della magistratura

Giorgio Bongiovanni – Antimafia 2000
15 settembre 2018

Domani, il Sinedrio della magistratura, ovvero il Consiglio superiore della magistratura, ha convocato il pm Antonino Di Matteo (oltre a lui anche i magistrati Anna Maria Palma e Carmelo Petralia), per audirlo e valutare eventuali responsabilità in merito al depistaggio sulle indagini della strage di via d'Amelio. A ventisei anni dall'attentato che uccise il giudice Borsellino e gli agenti della sua scorta accade anche questo, che un servitore dello Stato che si è impegnato nella ricerca della verità sui mandanti esterni di quel efferato delitto viene perseguitato e messo impunemente sotto accusa. Non è la prima volta che il Csm, l'organo che dovrebbe garantire l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, si presta a clamorosi errori.

Basti ricordare quel che avvenne nei confronti di giudici come Giovanni Falcone, con mancate nomine a consigliere istruttore, a procuratore del tribunale di Palermo e ad alto commissario antimafia e Paolo Borsellino. Anche loro furono messi sotto provvedimento disciplinare così come nel recente passato è capitato a magistrati come Roberto Scarpinato, Vittorio Teresi, Antonio Ingroia e, appunto, lo stesso Di Matteo. Il minimo comune denominatore è che si tratta di pm, o ex pm, che si sono impegnati a fondo proprio in quella ricerca della verità sul biennio delle stragi del 1992-1993 e contro quei poteri che le hanno non solo appoggiate, ma anche ordinate. Sono queste le indagini di cui si sono occupate le inchieste sui Sistemi criminali, sulla trattativa Stato-mafia, sui mandanti esterni, sulla presenza in via d'Amelio dei Servizi di sicurezza, su Bruno Contrada, su Marcello Dell'Utri e Silvio Berlusconi.

Così il Csm, anziché plaudire e manifestare il proprio appoggio a certe indagini diventa "braccio armato" per punire quei magistrati onesti che hanno sacrificato se stessi per la ricerca della verità. Aspetto non secondario è che ciò avviene in risposta alle sollecitazione della figlia del giudice Borsellino, Fiammetta, che aveva chiesto più volte che venissero convocati i magistrati che si occuparono della strage di via d'Amelio.

Ovvio che dopo anni di mancate risposte sui motivi che portarono alla morte il padre, o mancate verità sulla scomparsa di documenti come l'agenda rossa, sia legittima la richiesta di giustizia su quanto avvenuto; tuttavia il dito va puntato contro chi ha avuto a che fare con quello che le motivazioni della sentenza del Borsellino quater ha battezzato come "il più grave depistaggio della storia". È dimostrato come il pm Nino Di Matteo non ha nulla a che fare con "l'induzione a mentire" del falso pentito Vincenzo Scarantino ed oggi, documenti alla mano, un altro familiare vittima di mafia come Salvatore Borsellino mette in evidenza chiaramente, inviando una lettera al Vice Presidente del Csm Legnini, le responsabilità di altri magistrati che, clamorosamente, lo stesso Consiglio superiore della magistratura non ha convocato. Perché certi magistrati come la dottoressa Boccassini o il dottor Giordano non sono stati chiamati? Perché ci si allinea a sollecitazioni e pregiudizi, probabilmente frutto di determinati consigli di quegli avvocati che, oltre ad aver difeso alcuni degli ergastolani ingiustamente condannati in base alle dichiarazioni di Scarantino, hanno anche difeso soggetti che sono stati fautori delle stragi di Capaci e di via d'Amelio?

Appare evidente che il Csm, rispondendo alla richiesta di Fiammetta Borsellino, condivide quella sollecitazione degli avvocati dei boss mafiosi.

Di Matteo domani andrà davanti alla Commissione del Csm e ancora una volta, così come avvenuto durante la sua testimonianza al Borsellino quater e davanti alla Commissione parlamentare antimafia, spiegherà ciò che avvenne in quegli anni.

È sufficientemente provato che all'interno del depistaggio sicuramente ci sono state delle responsabilità degli investigatori e sullo sfondo si intravedono responsabilità anche all'interno della magistratura (a cominciare dall'anomala richiesta del Procuratore capo Tinebra fatta a Contrada affinché il Sisde indagasse sull'attentato di via d'Amelio) ma non si può generalizzare. Così facendo, ancora una volta, assisteremo al gioco perverso di delegittimazione ed isolamento di quei magistrati che ancora oggi hanno il "vizio" di voler far luce su fatti e misfatti che hanno segnato la nostra storia. E se il gioco riuscisse sarebbe una sconfitta per tutti. Gli elementi per comprendere la verità ci sono e, oggi, dopo sentenze come il Borsellino quater o quella sulla trattativa Stato-mafia, non si può più far finta di nulla.

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