Giorgio Bongiovanni – Antimafia
2000
15 settembre 2018
Domani, il Sinedrio della
magistratura, ovvero il Consiglio superiore della magistratura, ha convocato il
pm Antonino Di Matteo (oltre a lui anche i magistrati Anna Maria Palma e
Carmelo Petralia), per audirlo e valutare eventuali responsabilità in merito al
depistaggio sulle indagini della strage di via d'Amelio. A ventisei anni
dall'attentato che uccise il giudice Borsellino e gli agenti della sua scorta
accade anche questo, che un servitore dello Stato che si è impegnato nella
ricerca della verità sui mandanti esterni di quel efferato delitto viene perseguitato
e messo impunemente sotto accusa. Non è la prima volta che il Csm, l'organo che
dovrebbe garantire l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, si presta a
clamorosi errori.
Basti ricordare quel che avvenne
nei confronti di giudici come Giovanni Falcone, con mancate nomine a
consigliere istruttore, a procuratore del tribunale di Palermo e ad alto
commissario antimafia e Paolo Borsellino. Anche loro furono messi sotto
provvedimento disciplinare così come nel recente passato è capitato a magistrati
come Roberto Scarpinato, Vittorio Teresi, Antonio Ingroia e, appunto, lo stesso
Di Matteo. Il minimo comune denominatore è che si tratta di pm, o ex pm, che si
sono impegnati a fondo proprio in quella ricerca della verità sul biennio delle
stragi del 1992-1993 e contro quei poteri che le hanno non solo appoggiate, ma
anche ordinate. Sono queste le indagini di cui si sono occupate le inchieste
sui Sistemi criminali, sulla trattativa Stato-mafia, sui mandanti esterni,
sulla presenza in via d'Amelio dei Servizi di sicurezza, su Bruno Contrada, su
Marcello Dell'Utri e Silvio Berlusconi.
Così il Csm, anziché plaudire e
manifestare il proprio appoggio a certe indagini diventa "braccio
armato" per punire quei magistrati onesti che hanno sacrificato se stessi per
la ricerca della verità. Aspetto non secondario è che ciò avviene in risposta
alle sollecitazione della figlia del giudice Borsellino, Fiammetta, che aveva
chiesto più volte che venissero convocati i magistrati che si occuparono della
strage di via d'Amelio.
Ovvio che dopo anni di mancate
risposte sui motivi che portarono alla morte il padre, o mancate verità sulla
scomparsa di documenti come l'agenda rossa, sia legittima la richiesta di
giustizia su quanto avvenuto; tuttavia il dito va puntato contro chi ha avuto a
che fare con quello che le motivazioni della sentenza del Borsellino quater ha
battezzato come "il più grave depistaggio della storia". È dimostrato
come il pm Nino Di Matteo non ha nulla a che fare con "l'induzione a
mentire" del falso pentito Vincenzo Scarantino ed oggi, documenti alla
mano, un altro familiare vittima di mafia come Salvatore Borsellino mette in
evidenza chiaramente, inviando una lettera al Vice Presidente del Csm Legnini,
le responsabilità di altri magistrati che, clamorosamente, lo stesso Consiglio
superiore della magistratura non ha convocato. Perché certi magistrati come la
dottoressa Boccassini o il dottor Giordano non sono stati chiamati? Perché ci
si allinea a sollecitazioni e pregiudizi, probabilmente frutto di determinati
consigli di quegli avvocati che, oltre ad aver difeso alcuni degli ergastolani
ingiustamente condannati in base alle dichiarazioni di Scarantino, hanno anche
difeso soggetti che sono stati fautori delle stragi di Capaci e di via
d'Amelio?
Appare evidente che il Csm,
rispondendo alla richiesta di Fiammetta Borsellino, condivide quella
sollecitazione degli avvocati dei boss mafiosi.
Di Matteo domani andrà davanti
alla Commissione del Csm e ancora una volta, così come avvenuto durante la sua
testimonianza al Borsellino quater e davanti alla Commissione parlamentare
antimafia, spiegherà ciò che avvenne in quegli anni.
È sufficientemente provato che
all'interno del depistaggio sicuramente ci sono state delle responsabilità
degli investigatori e sullo sfondo si intravedono responsabilità anche
all'interno della magistratura (a cominciare dall'anomala richiesta del
Procuratore capo Tinebra fatta a Contrada affinché il Sisde indagasse
sull'attentato di via d'Amelio) ma non si può generalizzare. Così facendo, ancora
una volta, assisteremo al gioco perverso di delegittimazione ed isolamento di
quei magistrati che ancora oggi hanno il "vizio" di voler far luce su
fatti e misfatti che hanno segnato la nostra storia. E se il gioco riuscisse
sarebbe una sconfitta per tutti. Gli elementi per comprendere la verità ci sono
e, oggi, dopo sentenze come il Borsellino quater o quella sulla trattativa
Stato-mafia, non si può più far finta di nulla.
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