Bruno Ugolini, Striscia rossa
02 Agosto 2018
’INTERVISTA – “Il congresso della
Cgil dovrebbe essere in grado non solo di eleggere semplicemente il segretario
o la segretaria. La prima scelta da fare sarà quella di far tornare iscritti e
lavoratori ad essere soggetti di cui il paese parla, la cui condizione di
lavoro, di vita, di sicurezza torna ad essere anche l’oggetto della discussione
politica del Paese”. Maurizio Landini risponde così alla domanda “Che cosa si
aspetta dal Congresso del principale sindacato?”. Un congresso già in corso,
attraverso centinaia di iniziative di base che preparano l’assise nazionale a
Bari, alla fine di gennaio del prossimo anno.
Incontro Landini a un dibattito
organizzato dalla Festa della Cgil di Massa Carrara. In questo luogo circondato
dalle splendide valli che raccolgono tonnellate di marmi pregiati, il dialogo
si intreccia con gli interventi di un esponente della Confindustria locale,
Giancarlo Tonini, e Paolo Gozzani, segretario generale della Cgil di Massa
Carrara. E ne approfitto per chiedere a Landini un’intervista a nome di
strisciarossa. Cosicché l’intervista pubblica si intreccia all’intervista
privata.
L’ex segretario della Fiom, che
ora riveste con convinzione un ruolo confederale, pensa che la Cgil potrà
parlare al Paese anche grazie alle proposte avanzate. “Ovvero l’idea di mettere
al centro in particolare i giovani, per dare diritti a quelli che non ne hanno.
Immagino un congresso aperto, capace di parlare trasversalmente a tutte le
forme di lavoro che oggi sono presenti. Per riconquistare un nuovo statuto dei
diritti dei lavoratori”.
E’ un percorso congressuale
diverso dal passato. Infatti il documento preparatorio, è frutto di un
allargamento della partecipazione democratica.
“Abbiano discusso in assemblee
generali in tutte le categorie, in tutte le camere del lavoro, per arrivare
alle proposte conclusive. Più di ventimila persone sono state coinvolte. Un
metodo importante che impone un cambiamento. Quella esperienza vissuta dai
delegati e dai gruppi dirigenti diffusi dovrebbe diventare una forma normale”.
Come
potrebbe avvenire un tale cambiamento?
“Ad esempio la discussione con le
Camere del lavoro, con le categorie, su come mettere in atto la contrattazione
inclusiva, capace cioè di non escludere i lavoratori precari, di ricostituire
l’unità del mondo del lavoro, non dovrebbe essere una scelta da affrontare ogni
quattro anni. Il congresso potrebbe stabilire che in tutti i territori
annualmente ci siano momenti di discussione che mettano assieme tutte le
categorie. Spesso in questo periodo ogni categoria discute dei problemi messi
in campo dalla crisi, senza approfondire il senso generale dei problemi
politico-sociali. Il congresso dovrebbe riaffermare un’idea dell’azione del
sindacato come soggetto di trasformazione anche della vita delle persone”.
Una
scommessa ambiziosa che potrebbe influire sugli equilibri politico-sociali. C’è
un altro dato interessante in questa stagione della Cgil. Mentre tutto si
divarica il sindacato rimane unito. Come si spiega?
“Credo che questa novità derivi
dalle scelte che abbiamo fatto negli ultimi tre, quattro anni. Alludo alla
scelta di combattere politicamente il Jobs Act, di varare la Carta dei diritti
(anche questa attraverso un percorso democratico). Di fronte alla complessità
dei problemi, di fronte a un governo di centrosinistra che attaccava i diritti,
la Cgil ha dimostrato una capacità di autonomia e ha sperimentato un allargamento
della partecipazione democratica. Ciò ha determinato le condizioni per l’unità
della Cgil. E ha fatto scaturire, nel documento congressuale, proposte
strategiche importanti come il reddito di garanzia, la riduzione degli orari,
la costituzione di un’agenzia per lo sviluppo. Nonché l’idea di un rilancio
dell’unità sindacale che ha come condizione, per essere realizzata, l’allargamento
degli spazi di democrazia”.
Landini
ha viaggiato a lungo, come gli altri dirigenti della Cgil, in queste settimane,
per dibattiti e incontri. Trovando esperienze interessanti di un sindacato che
si rinnova?
“Ho visto sicuramente esperienze
molto significative come quella del sindacato di strada. Vedo anche tentativi
importanti in luoghi di lavoro dove esistono contratti diversi e cominciano ad
esserci elezioni comuni di rappresentanze sindacali unitarie. Sono stato a
Catania e Ragusa con compagni della Flai, al mattino alle quattro, nella piazza
dove i lavoratori vengono chiamati, poi son stato sotto le serre dove fanno
l’uva Italia che troviamo nei supermercati, o dove fanno il pomodorino. Sarebbe
utile che quelli che discutono dei voucher facessero almeno un giorno la cosa
che ho fatto io per vedere quali condizioni ci sono. Se i voucher sono così
belli avrei una proposta: il ministro Salvini che propone i voucher, visto che
fa un lavoro occasionale, venisse pagato anche lui con i voucher”.
Che
dicono però gli imprenditori agricoli di quelle zone?
“Ho discusso con loro. C’è
l’imprenditore serio che dice: io alle volte so soltanto la sera quante casse
devo fare per il giorno dopo e devo trovare il modo per aggiungere qualche
altro operaio. Poi, se discuti con lui osserva che però il problema vero non è
il costo del lavoro, il problema vero è il costo del denaro in banca, quando
devi fare investimenti, il costo dell’energia, il costo dei fitofarmaci. Per
uscire da questa crisi ci vuole un rapporto diverso tra impresa e lavoratori.
Le mediazioni le trovi se riconosci anche i problemi dell’altro soggetto. Se tu
azienda a me lavoratore chiedi di tener conto delle esigenze di flessibilità,
del funzionamento del mercato, del bisogno della mia intelligenza, ovvero di
farmi carico dei problemi io sono pronto a farlo. Nello stesso tempo, però,
devi riconoscere che sono una persona e attraverso il lavoro che faccio devo
avere la possibilità di vivere dignitosamente, di non essere precario. Come
diceva Di Vittorio il compito principale di un sindacato consiste nell’evitare
che le persone che lavorano debbano competere tra di loro per lavorare”.
C’è
a proposito di dignità per i lavoratori un decreto che porta quel nome
altisonante. Con contenuti che cambiano di ora in ora. E’ presente qualcosa
d’interessante in quel testo?
“Alcuni contenuti sembrano, o
sembravano, muoversi nella direzione giusta come quando si diceva di sostenere,
per i contratti a termine, le causalità, le ragioni per cui si chiedono. La
Cgil era per inserire queste causalità anche nei primi 12 mesi del contratto.
Poi sento parlare nuovamente dei voucher da reintrodurre. Una legge sui voucher
c’è già e vale per lavori “occasionali”. Ma occasionale vuol dire occasionale.
Il lavoro stagionale è un’altra cosa. Estendere nell’agricoltura o nel turismo
i voucher vuol dire ridurre diritti e salari dei lavoratori. I contratti
nell’agricoltura e nel commercio prevedono già diverse forme di lavoro per
risolvere i problemi di flessibilità. Qualsiasi forma di lavoro deve, ad
esempio, poter far maturare le ferie, non deve essere usata per mettere i
lavoratori in concorrenza tra di loro”.
Oggi
però manca al sindacato una sponda politica…
“Trovo singolare e sbagliato che
la critica di chi fa l’opposizione a questo governo consista nel dire che
bisogna difendere il Jobs Act. Senza ammettere che il Jobs Act ha aumentato la
precarietà, ha facilitato i licenziamenti che oggi costano meno del ricorso
alla cassa integrazione, degli ammortizzatori sociali. Penso che se un
sindacato dimezzasse gli iscritti il problema non consisterebbe nel fatto che
gli iscritti non han capito niente. Credo però che l’interrogativo, per il
sindacato, non consista nel come ricostruire la sinistra, bensì nel come
ricostruire un’unità sociale del mondo del lavoro e di una cultura del lavoro”.
Anche
qui, nelle possenti valli del marmo, spesso si segnalano morti sul lavoro. Una
sequela che non si può interrompere?
“Si muore sul lavoro come 50 anni
fa, spesso in aziende in appalto o in subappalto o in false cooperative. Tutto
ciò nell’era della massima tecnologia che potrebbe permettere di non morire. E
sentiamo un senso di impotenza. Anche la sicurezza e la salute vengono
considerate un costo. Devono invece diventare un marchio di qualità. Questo
vuol dire investire. Nei territori che ho visitato in Sicilia, nelle sterminate
serre, sono presenti solo tre ispettori”.
Nel
frattempo c’è chi come Casaleggio di 5 stelle predica la fine del Parlamento,
la democrazia della rete.
“La considero un’affermazione
pericolosa e grave, un uso della tecnologia collegata a un’idea autoritaria.
Semmai il Parlamento deve contare più di prima e svolgere un ruolo. Oggi la
tecnologia viene utilizzata, vedi i rider, per ridurre i diritti e condizionare
senza discutere le tue condizioni di vita e di lavoro. Penso che bisognerebbe
fare una legge sulla rappresentanza anche nei luoghi di lavoro, una legge per
cui chi lavora ha il diritto di votare i propri delegati, scegliere i propri
sindacati, votare gli accordi”.
La Cgil vuol parlare ai giovani
che oggi però fanno fatica a riconoscersi nel sindacato.
“Quando ho cominciato a lavorare
tanti anni fa, sono andato a iscrivermi all’ufficio di collocamento del mio
piccolo comune e non ho dovuto dire di chi ero figlio, chi mi mandava, chi mi
raccomandava. Adesso, in alcuni casi per lavorare devi essere tu che paghi, non
loro che ti pagano. C’era, una volta, il collocamento pubblico che decideva
dove andavi, che cosa facevi. Oggi che cosa succede? Con quali criteri vieni
assunto? Perché c’è insicurezza, perché c’è paura tra le persone? Perché c’è
rabbia? Perché in molti casi tu ti trovi da solo ad affrontare i tuoi problemi.
Il sindacato può e deve aiutare a rompere queste solitudini”.
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