Lo
chiamavano dignità. Alla Camera il voto finale sul decreto Di Maio. Stretta sui
contratti a termine, ma voucher estesi in agricoltura, turismo e enti locali.
Un testo nato con l’ambizione di chiamarsi «Decreto dignità» e produce
precarietà, non ha nessun titolo per chiamarsi cosi. Se sarà convertito in
legge ricominceremo a contrastarlo come abbiamo fatto negli annui scorsi"
Roberto Ciccarelli, Il manifesto
3 Agosto 2018
Un decreto nato con l’ambizione
di ridare la «dignità ai lavoratori e alle imprese» ha finito per estendere la
precarietà in agricoltura, nel turismo, negli enti locali e riaffermare la
centralità dell’impresa. È la breve storia, non ancora conclusa, del decreto
dignità approvato ieri sera dalla Camera. Entro il 7 agosto è prevista quella
sprint al Senato.
DAL 2 LUGLIO SCORSO, quando il
consiglio dei ministri ha licenziato urgentemente il provvedimento, il testo è
cambiato di senso e prospettiva. Caricato dal legittimo intestatario, il
vicepremier e ministro del lavoro e sviluppo Luigi Di Maio, di grandi
aspettative salvifiche e morali (la «dignità» dei lavoratori); militari (la
«Waterloo del precariato»); politiche («licenzieremo il Jobs Act»), oggi il
primo provvedimento del governo Conte sul lavoro risalta per la modestia delle
ambizioni e l’incertezza legata agli esiti delle norme sui contratti a termine:
previsti il ritorno della causale dopo 12 mesi; il taglio di rinnovi (da 5 a 4)
e durata (da 36 a 24); l’obbligo all’assunzione in caso di mancata
comunicazione della causale.
QUESTA MANUTENZIONE delle norme
dei contratti resta nel quadro del Jobs Act che, in sede elettorale, il
Movimento 5 Stelle aveva promesso di abolire e che, invece, permane. A
cominciare dal mancato ripristino dell’articolo 18, richiesto dall’emendamento
Epifani (Liberi e Uguali) e bocciato dalla Lega e dagli stessi Cinque Stelle.
Al suo posto è previsto un aumento degli indennizzi. Come spesso in passato,
non ultima la stagione del renzismo, anche nel «decreto dignità» il nome di un
provvedimento non coincide con il contenuto. In compenso può essere descritto
come un caso di «bipensiero». Per George Orwell è la capacità di affermare
qualcosa e il suo opposto. Si dirà che combatte il precariato. Ma è vero anche
il contrario: lo estende. E non si occupa della precarietà che non passa, solo,
dal contratto a termine ma talvolta li attraversa e permane in una zona grigia
senza tutele, né reddito.
LA MOBILITAZIONE DEI SINDACATI
del lavoro agricolo, del turismo, della funzione pubblica della Cgil, Cisl e
Uil ha permesso di riconoscere la contraddizione diffusa nel ragionamento
cosiddetto «populista» che aspira a mantenere un equilibrio neocorporativo tra
imprese e aziende. Il punto di rottura sono stati i voucher, già al centro
della stagione referendaria lanciata dalla Cgil che costrinse il governo
Gentiloni a ritirarli e fare una nuova legge. Il primo provvedimento del
governo pentaleghista li ha estesi e rompe l’equilibrio auspicato dal titolo
del decreto.
NELL’ULTIMO MESE una «manina»
esperta, sensibile alle ragioni della Lega, ha cucito un vestito che calza a
pennello per un uso esterno ai contratti dei settori che già prevedono misure
per i lavori ultra-brevi, e quindi tutele e garanzia per la disoccupazione o la
malattia. Resta il limite di utilizzo alle categorie specifiche stabilite dalla
normativa attuale (pensionati, studenti, disoccupati e cassaintegrati). Fissato
il limite di utilizzo alle aziende con massimo 8 dipendenti. Cresce la durata
da 3 a 10 giorni dal momento dell’«attivazione» per l’agricoltura che per
turismo ed enti locali. I voucher potranno essere usati in agricoltura, enti
locali e turismo, limitatamente, in questo caso, alle sole strutture alberghiere.
Si è stabilito che il lavoratore potrà percepire il compenso, dopo 15 giorni
dalla prestazione, negli uffici postali.
IL MINISTRO dell’agricoltura Gian
Marco Centinaio (Lega), ieri in un question time alla Camera, ha rappresentato
questa estensione come una risposta alle esigenze avanzate dagli imprenditori,
«ma anche dei lavoratori». E ha sostenuto che è anche una misura «per
contrastare le forme di illegalità» e ha assciurato che non intende intaccare
la legge sul caporalato.
I SINDACATI ritengono, invece,
che i voucher così concepiti avranno un esito molto diverso. L’ultimo appello
al parlamento è stato rivolto ieri dalla Cgil nel corso di un flash-mob al
Pantheon a Roma. «Abbia un sussulto di orgoglio, non voti forme di precarietà –
ha detto la segretaria della Cgil Susanna Camusso – Quella sui voucher è una
scelta di ulteriore precarizzazione del mercato del lavoro, tradisce le
numerose promesse fatte dalla politica. Un decreto che nasce con l’ambizione di
chiamarsi “Decreto dignità”, ma che ha come effetto la precarizzazione, non ha
nessun titolo per chiamarsi cosi».
CAMUSSO HA RIBADITO che, in caso
di traduzione in legge del decreto, «ricominceremo a contrastarla esattamente
come abbiamo fatto negli anni scorsi». Negli ultimi giorni la Cgil non ha
escluso anche il referendum. Per il momento le categorie della Flai Cgil, Fai
Cisl e Uila-Uil hanno annunciato una mobilitazione già da settembre.
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