Alfredo De Girolamo, Esperto
ambientale, giornalista
2 Agosto 2018
L'Italia, si sa, è un Paese dal
territorio fragile sul piano idrogeologico, esposto a due rischi principali:
frane e alluvioni. Ma quanto è fragile e quali e quanti rischi corriamo
davvero? Ispra (l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale
del Ministero dell'Ambiente) ha pubblicato un rapporto aggiornato che analizza
questi due fenomeni con dati riferiti al 2017.
Si tratta di due eventi diversi
ma fortemente interconnessi, che spesso colpiscono in modo congiunto
popolazioni e territori. Per questo correttamente Ispra procede anche ad
un'analisi sinottica, evidenziandone l'esposizione complessiva. Al tempo
stesso, Ispra sottolinea il collegamento dei fenomeni di frane e alluvione con
i cambiamenti climatici: sia frane che alluvioni sono strettamente collegate
agli eventi estremi di pioggia.
Da qui la previsione che le crisi
idrogeologiche sono destinate ad aumentare nei prossimi anni, con un
conseguente adeguamento delle politiche di adattamento e un probabile
incremento di spesa pubblica.
Veniamo ai dati: in Italia sono
in corso 620.808 frane, che interessano il 7,9% del territorio ed il fenomeno è
leggermente in aumento rispetto agli anni scorsi. Ogni anno le frane che si
attivano sono qualche centinaio. Ma Ispra non si limita a registrarle, ma stima
anche le "aree a pericolosità di frana" ovvero le zone potenzialmente
soggette a questi fenomeni, che le Autorità di Distretto inseriscono nei Piani
di Assetto Idrogeologico.
In Italia circa il 20% del
territorio è complessivamente a rischio (19,9%), mentre le aree a "rischio
molto elevato" coprono circa l'8,4% del territorio. L'estensione di queste
aree tende ad aumentare (+2,9% nel 2017). Una media nazionale che segnala la
forte diffusione del rischio, che assume livelli ancora più intensi in alcune
regioni: Toscana, Emilia Romagna, Campania, Valle D'Aosta, Abruzzo, Lombardia,
Sardegna e Provincia di Trento. Ispra considera anche popolazione e manufatti
coinvolti nel rischio frane: 1,3 milioni di persone (538.000 famiglie) vivono
in aree che franano, il 3,8% degli edifici, l'1,7% delle industrie ed il 5,8%
dei beni culturali sono esposti a questo rischio.
Veniamo alle alluvioni: anche in
questo caso Ispra distingue fra eventi singoli e "aree a pericolosità
idraulica". Nel complesso circa il 24% del territorio è compreso in aree a
rischio idraulico anche se solo il 4,1% ad elevata pericolosità e l'8,4% a
medio rischio. Anche questo fenomeno è in aumento, con un incremento delle aree
dell'1,5% fra il 2017 e il 2015. Le regioni maggiormente interessate sono
sempre la Toscana, l'Emilia Romagna, la Lombardia, il Piemonte ed il Veneto.
Ispra considera anche popolazione e manufatti coinvolti nel rischio alluvioni:
6,2 milioni di persone (2.650.000 famiglie) vivono in aree a rischio idraulico,
il 9,3% degli edifici, l'12,4% delle industrie ed il 15,3% dei beni culturali
sono esposti a questo rischio e a subire alluvioni.
I due fenomeni sommati generano
un dato molto allarmante: il 91,1% dei comuni è interessato ai due rischi
congiunti, per un territorio esposto pari al 16,6% del totale. Una media che
vede però alcune regioni con valori elevatissimi (oltre il 60% Valle d'Aosta ed
Emilia e Romagna, oltre il 50% Toscana, Campania e Trento). Alcune regioni
(Valle d'Aosta, Liguria, Emilia e Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Molise,
Basilicata e Calabria) hanno tutti i propri Comuni in area di rischio.
Ispra certifica quello che
sappiamo da anni: l'Itala è un paese idrogeologicamente fragile, rischio frane
e rischio alluvioni si sovrappongono fino ad interessare un sesto della
popolazione (in alcune regioni anche la metà). Fenomeni in aumento anche perché
legati ai cambiamenti climatici e all'aumento dei fenomeni metereologici
estremi.
Insomma un messaggio chiaro ai
"policy maker" nazionali e regionali. Gli strumenti di pianificazione
ci sono (Piani di Assetto Idrogeologico, Piani di gestione del rischio
alluvioni), le Autorità di Distretto esistono, importante è mantenere e
aumentare la spesa pubblica per la manutenzione del territorio. Un investimento
fondamentale per ridurre i rischi e i danni, e che potrebbe generare
occupazione aggiuntiva e qualificata. Un investimento che punta sulla
prevenzione e non sulle misure di intervento ex post. Forse il più importante
intervento di infrastrutturazione pubblica che il nuovo governo ha davanti a
sé.
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